Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

Lenti come bradipi per poter gustare al meglio, in sicurezza, quanto la montagna può offrire a chi sa osservare e gustare.
Riflessioni, foto, rimandi a fotoalbum, link a siti utili...
Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

domenica 28 febbraio 2010

LA SEMPLICITA' DEI GRANDI: BEAT KAMMERLANDER

(nella foto da sin. Sergio Longoni, Fabio Palma, Beat Kammerlander ed il vecchio Arterio Lupin)


Come unire professione e passione:
incontro con Beat Kammerlander Sirtori, 18 febbraio 2010


Una delle massime aspirazioni di - credo - chiunque sarebbe poter coniugare, almeno in parte, passioni e professione. Spesso questa è solo un'utopia, distante dalla realtà e, necessariamente, ci si accontenta di dare il nostro meglio al lavoro per poter poi gustare il tempo libero da dedicare alla propria passione con la coscienza pulita. Questo, ovviamente, di 'sti tempi, sarebbe già molto, considerati i chiari di luna che male influiscono sul mondo del lavoro... Ma è un'altra storia..

Uno dei vantaggi di chi fa il traduttore e interprete è senza dubbio quello di poter avere a che fare con mondi spesso diversi tra loro, ampliando il proprio raggio di conoscenze, soprattutto dal punto di vista di quella che chiamo "la varia umanità".

Ogni tanto - non troppo spesso, ma, tutto sommato, nemmeno troppo di rado -mi capita di poter lavorare in ambiti più o meno legati all'ambito della mia passione...

Uno di questi fortunati casi - fortunati da ogni punto di vista - ha avuto luogo giovedì 18 febbraio 2010. Una serata semplicemente deliziosa, a Bevera di Sirtori, presso il negozio principale della catena di Sport Specialist, ovvero del Longoni. Serata stupendamente organizzata da Fabio Palma, scrittore-alpinista, per l'occasione maestro di cerimonia, oltre che amico di Kammerlander, e conclusa dal padron di casa, Sergio Longoni. Presenti molti alpinisti ed amanti della montagna non solo del Lecchese, ma, in generale, di buona parte della Lombardia, alla faccia del tempo non proprio clemente. Tra gli altri, ho avuto l'occasione di conoscere una figura che negli anni '8o conoscevo solo per leggere di lui sulle pagine della neonata "Alp", il Ballera, al secolo Marco Ballerini, il primo italiano, se non erro, a superare un 8a, all'epoca del boom dell'arrampicata sportiva in Italia...

Ho avuto l'onore - ci tengo a sottolinearlo - di fare da interprete per una figura mitica dell'alpinismo e dell'arrampicata, Beat Kammerlander. Non mi pare il caso di stare a ricordare chi sia il mitico Beat... Cinquant'anni, eppure la stessa vitalità di un ragazzino. E di un ragazzino, di quelli di una volta, l'umiltà e la semplicità con cui, tranquillamente, ha presentato, di fronte al pubblico delle grandi occasioni, foto ed immagini della sua vita alpinistica.

Con semplicità estrema ha saputo raccontare di come sia arrivato, quasi per caso, all'arrampicata, salvo poi continuare a praticarla, facendone ragione di vita ed addirittura mestiere, fino a diventare la leggenda vivente che ora è. Cinquant'anni, eppure ancora tranquillo nel riuscire a percorrere in "clean climbing" la via Prinzip Hoffnung, da lui stesso aperta, ben poco ripetuta (X+ in scala UIAA). Tanto per essere chiari, si è preso il lusso di pensare ed effettuare la ripetizone di una via ben poco ripetuta già con l'uso degli spit, facendo ricorso solo alle protezioni mobili (dei nuts che, probabilmente, non avrebbero tenuto il volo di un gatto, figuriamoci di una persona... Quando si dice "protezione psicologica"...)...

Come non fosse bastato, sempre placido e sorridente, ha mostrato immagini di una salita di misto valutata M10... Per non parlare di salite negli Stati Uniti e quant'altro... La sala dello Sport Specialist era stracolma, eppure, davanti alle immagini (Beat è anche un ottimo fotografo) ed alle parole di Kammerlander, mai troppe, mai troppo poche, non si sentiva volare una mosca, se non qualche sospiro a metà tra la meraviglia e l'incredulità.

Eppure, sempre con estrema umiltà, per quanto sia consapevole del significato che la sua figura riveste per alpinismo ed arrampicata, il Beat ha tenuto a citare e sottolineare valore ed imprese degli amici e dei conoscenti con i quali arrampica e dei quali ha estremo rispetto, a cominciare da Pierino Dal Pra'.

In modo professionale, ma con una cortesia assolutamente priva di ipocrisia e senza mai avere modi falsamente affettati, Beat non si è sottratto nemmeno per un attimo alle domande, alle richieste di foto ed autografi od a semplici chiacchierate. Tranquillamente, anche dopo la parte ufficiale, tra un bicchiere di vino e qualche assaggio dall'ottimo buffet, Beat ha continuato a rispondere alle domande postegli, brindando e ridendo con chiunque, fosse questi un membro dei Ragni di Lecco od un semplice escursionista appassionato. Addirittura era lui a scusarsi con me quando, per rispondere a qualcuno, doveva chiedermi di appoggiare per un attimo il bicchiere e tradurre le risposte...

Durante la proiezione delle diapositive, non ha mai mancato di sottolineare con battute quanto andava mostrando. Sempre pronto a ridere e scherzare, è una persona che incute certamente tanto rispetto e stima, ma nessuna soggezione: al contrario, è una persona che ispira immediatamente simpatia, entra abbastanza velocemente in confidenza e chiacchiera con piacere. Se, chiaramente, non posso riportare i vari discorsi sorti a livello personale, che restano nostri, mi va, comunque, di sottolineare un aneddotino... Durante la proiezione delle diapositive sulla salita di Prinzip Hoffnung, ad un certo punto si vedeva come salisse usando appigli buoni al massimo per la parte finale dell'ultima falange di due dita... Un qualcosa di mostruoso solo a pensarlo... Beat li chiamava "appigli" e poi "tacchette per le dita"... Chiuso il microfono, mentre la proiezione andava, si volta e mi chiede: "Ma perché ti è venuto da ridere mentre traducevi?". Ed io "Vedi, tu li chiami appigli, ma a me veniva voglia di tradurli con "cacche di mosca", tanto erano esigui". Il Kammerlander, sornione, prima si mette a ridere e poi, tranquillo "beh, sì, in effetti diciamo così anche noi... Solo che una cacca di mosca sarebbe stata forse più sicura..." E giù a ridere, tranquillo, conscio di ciò che aveva fatto ma talmente grande nella sua semplicità da non prendersi troppo sul serio e sempre capace di farsi quattro risate.

Da ultimo, mi va di aggiungere una cosa che ho enormemente apprezzato: Beat Kammerlander è uno che non disdegna assolutamente il vino buono, il cibo buono ed una sana sigaretta ogni tanto...

Almeno in questo posso dire di poter competere col Kammerlander!!

La serata, poi, ha avuto un degno epilogo "privato" con una cenetta a tarda ora a Barzanò, ospiti di Sergio Longoni, cui oltre al Beat ed al suo fido accompagnatore Michl, hanno partecipato Fabio Palma, Marco Anghileri ed un paio di altri simpatici collaboratori del Longoni. Un fine serata all'insegna della chiacchiera e delle risate, oltre che della montagna, durante la quale la lotta tra chi ingurgitava più liquidi alcoolici tra italiani ed austriaci è terminata in sostanziale parità...

Una serata memorabile e divertente...

Fosse sempre possibile pensare al lavoro solo in questi termini...

PANORAMI, NATURA ED ANTICIPI DI PRIMAVERA SUL MONTE BARRO


Monte Barro
da Galbiate (Fornaci)
Sabato 27 febbraio 2010

Giornata estremamente pigra...
Inizia tardi, molto tardi, alle 10 di mattina.
Generalmente, dopo simili ammissioni, verrebbe spontaneo stare a cercare scuse. Non le cercherò...
Semplicemente, dopo aver avuto una settimana piena di lavoro, con la mia dolce metà, decidiamo di prendercela davvero comoda.

L'idea originaria era quella di alzarsi per andare a fare quattro passi... Ma senza fretta.

E fretta non ci fu.

Sveglia, colazione, abluzioni mattutine...
Che si fa? Dove andiamo?

C'è ancora molta neve in giro e l'Amministratore Delegato di casa Arterio, detentore del 51% delle quote decisionali, ovvero la mia succitata dolce metà, proprio non ama andare a pestar neve... Però, a furia di andare con l'Arterio, si è ormai arterizzata pure lei...

"Luca, sono almeno due anni che diciamo di andare a vedere il Monte Barro... Siamo stati dappertutto, mi hai portato in mille posti ma lì mai..."

In effetti, il Monte Barro era da tempo una delle mete inserite nel carnet delle gite future... Un insieme di ragioni, o forse solo casualità, semplici coincidenze, ha fatto sì che proprio la "montagna" più vicina a dove viviamo era rimasta quella che ancora mai avevamo calcato.

Negli ultimi giorni, inoltre, avevo letto più di un racconto entusiastico sulla bellezza di questa montagnola alta poco più di novecento metri. In particolar,e mi aveva svegliato la curiosità il report dell'amico Stefano su MontagnaForum...

Bene, era arrivato il giorno giusto.

Passiamo quasi indenni (a parte un paio di madonne da parte mia) Monza ed i lavori stradali. Riusciamo a prendere la superstrada che taglia la Brianza e abbastanza rapidamente siamo all'uscita per Galbiate... La mia compagna non se la sente di fare troppo dislivello, sono quattro mesi che non cammina in montagna... Saliamo allora fino a Fornaci, dove, poco dopo un ristorantino "interessante", troviamo un ottimo parcheggio.

Sulla destra, un bel sentiero in salita con adeguati segnavia... Saliamo verso l'Eremo, già visibile sopra di noi. Poco dopo la partenza, ci accolgono alcune primule ed alcuni crocus... Un primo assaggio della primavera incombente e che spero tanto arrivi presto...
Lo so, lo so... Gli amanti degli sport invernali mi mandranno a quel paese. Ma ognuno è libero di augurarsi ciò che vuole. Lo so che ho ricevuto le ciaspole nuove e che avrei dovuto "battezzarle", anzi, "vararle"... Ma ormai ho voglia id primavera, di abiti leggeri e di un sano calduccio.

I panorami diventano sempre più vasti man mano che si sale, offrendo scorci favolosi sui laghi della Brianza, si miei amori del Triangolo Lariano e sul corso dell'Adda...

Ben presto arriviamo all'Eremo, già pieno di gente. Piccola pausa... Molto piccola... Troppa gente! Anche un gruppo di ragazzi (forse scout, forse un oratorio in movimento), con chitarre al seguito. Torno con la mente alla mia adolescenza, ma non riesco a goderne più di tanto... Sarà l'età, ma non riesco ad apprezzare una ragazzotta in carne che violenta contemporaneamente la chitarra ed una canzone di Battisti...

Proseguiamo presto, prendendo il "Sentiero Botanico", assolutamente delizioso. Tenuto benissimo, dopo una breve ma ripida salita, ci deposita alla Sella dei Trovanti, dove riesco a perdere il mega sentierone e "per tagliare" salire una ventina di metri di cimotto per poi doverne discendere altrettanti lungo roccette... La mia compagna esprime alcuni dubbi sulla mia integrità mentale e mi fornisce un'idea abbastanza verosimile di quello che mi sarebbe capitato se solo fosse riuscita a mettermi le mani addosso...

Appianata la situazione (se parli ancora di "tagliare" ti taglio ciò che ti destinò al servizio militare, anni fa), ripartimao in salita, lungo un sentiero eufemisticamente deifnito "per escursionisti esperti". In realtà, trattasi di un semplice e bel sentierino, in alcuni punti un po' scivoloso e sul quale fare attenzione a dove si mettono i piedi...

In breve arriviamo alla croce di vetta e... Tripudio di panorami, a 360°, dalla pianura alle Alpi. In lontananza riconosciamo il Monviso e le altre montagne del Piemonte fino al Gran Paradiso... Poi il Cornizzolo, il Rai, i Corni di Canzo, in una prospettiva davvero seducente, il Moregalo, e poi ancora il Lario, i monti imbiancati della Valtellina, le Grigne, il Pizzo Tre Signori, il Due Mani, il Resegone, la cresta dell'Ocone fino a Monte Marenzo e ancora il corso dell'Adda, Montevecchia, la pianura e, in fondo, gli Appennini... Temperatura davvero mite, cielo appena velato e lattiginoso..

In compagnia, un paio di escursionisti che passano salutando ed un uccello, forse un perniciotto o qualcosa del genere, che senza paura viene a prendersi la razione di briciole dello spuntino....

Facciamo il pieno di panorami e poi scendiamo, osservando crocus ed altre primule...

Arriviamo ben presto all'Eremo, dove sistemiamo alcune necessità urgenti (un paio di panini) e poi giù, con clama, a vedere il Centro Visitatori ed il Museo...

Da qui, una ventina di minuti di chaicchierate ci fanno ritrovare velocemente all'auto, allegri.

Sentiamo che la primavera forse sta davvero per arrivare, almeno a bassa quota...

Sentiamo che abbiamo fatto la scelta giusta, l'itinerario adeguato.

Semplicemente, ci sentiamo bene... E ci torneremo presto. Magari per fare il giro "delle creste"...

Davvero un bel modo per sfruttare un pomeriggio libero...

Il resto, è la solita cronaca di un ritorno a Milano...Ma stavolta più volentieri del solito: sono invitato a cena dalla suocera e la mia pancia "si fa capanna"...

Degna conclusione di una giornata davvero bella, ancorché un pochettino pigra!

Alla prossima, Monte Barro, torniamo presto.



lunedì 22 febbraio 2010

CORNA DI MEDALE, VIA CASSIN: LA REALIZZAZIONE DI UN SOGNO


Corna di Medale (1029)
Via Cassin-Dell'Oro
360 m., V, V+/VI-/A0
Domenica 21 febbraio 2010


Esistono vie alpinistiche o, se preferite, "classiche", che, per ogni zona, rappresentano la "classica" par excellence...
Vie che rivestono un'importanza la cui portata va ben al di là di semplici relazioni, di gradi di difficoltà e simili.
Vie che sono semplicemente "storiche".

Per le Alpi Lombarde, la pietra miliare che segnò, con un notevole anticipo rispetto a molte altre zone ove erano attivi alpinisti ed arrampicatori (all'epoca, rocciatori), tale posto spetta certamente alla via aperta negli anni '30 da Riccardo Cassin e Mario Dall'Oro "Boga".
Una via di 360 metri di sviluppo che risolve il problema della parete Sud-Est della Corna di Medale. seguendo una linea logica di diedri, fessure, piccole placche. Arditissima per l'epoca, vinta dopo una "durissima lotta in parete", con tanto di bivacco, venne festeggiata dagli abitanti di Lecco così come forse oggi si festeggerebbe solo la vittoria della Nazionale ai Mondiali di Calcio.

360 metri di via fisica, con molti tratti faticosi, resi ancor più fastidiosi dalla roccia unta da innumerevoli ripetizioni... Eppure ancora lì, "gettonatissima" e percorsa all'inverosimile. Forse la via di roccia più percorsa delle Alpi Lombarde.

Una via che non può mancare nel carnet di chi vuol conoscere le grandi classiche, a dispetto della bassa quota del Medale, appena sopra i 1000 metri... Una di quelle montagne (perché comunque di montagna si tratta) definite "paracarri" dagli "occidentalisti", ma capace di attrarre e sedurre gli amanti della montagna e dell'arrampicata.

Domenica 21 febbraio dell'Anno Domini 2010, finalmente, dopo tanto tempo che la tenevo nel mirino, anche se spesso incredulo rispetto alle mie capacità, grazie all'amico Daniele, il Crodaiolo di PlanetMountain, con una fatica mostruosa, spremendo le energie e ricorrendo in vari punti alla "mungitura spregiudicata", sono riuscito a salire questa classica (applausi scroscianti, standing ovation e pubblico in delirio.... Ok, ok, mi calmo e torniamo a noi... )

Per me, questa salita ha rappresentato il coronamento di un sogno iniziato tre anni fa o poco più, quando, tornato alla montagna dopo alcuni anni di assenza, ancora non credevo (ma avrei tanto voluto) di poter tornare a mettere le mani sulla roccia ad un livello discreto... Arrivato in Lombardia, da maniaco bibliofilo quale sono, uno dei primi passi fu il procedere all'acquisto del materiale reperibile su queste montagne... Leggendo e rileggendo delle Grigne e dei loro satelliti, non potei non soffermarmi sul Medale, montagna che negli anni '80 era per me solo una delle vette di bassa quota note per l'attività degli arrampicatori lecchesi, palestra di eccellenza e contemporaneamente montagna in grado di offrire la tranquillità della falesia e la cosiddetta avventura delle montagne... Una parete dove Riccardo Cassin con il Boga avevano scritto una pagina memorabile nella storia dell'arrampicata, portando l'attenzione verso le pareti "a bassa quota", superandole con un atteggiamento da grande parete alpina, con tanto di bivacco...
Libro in mano, mi leggevo la relazione, impietosa sul grado... "V+/A0" e, in cuor mio, continuavo a dirmi "Potessi tornare indietro di quindici anni... Potessi tornare ad arrampicare sul quinto, magari riuscirei a mettermi in saccoccia questa via dei due Grandi...".
Ma non ci credevo, mi sembrava troppo distante questa possibilità.

Un anno fa, all'incirca, mentre scendevo da una passeggiata di fine inverno al San Martino, sopra Lecco, mentre mi stavo avvicinando all'auto, sento una voce perentoria: "Tu sei Arterio!". Era Daniele, alias il Crodaiolo, che, da grande fisionomista qual è, dalle foto viste sul mio fotoalbum mi aveva riconosciuto... Risate di prammatica, poi giù diretti a Lecco per una birra... Quattro chiacchiere sulle passioni comuni e poi, ricordo perfettamente la famosa frase, che presto diventerà un tormento: "Ma ancora non sei stato sulla Cassin? Non è possibile..."
Eppure, all'inizio, mi sembrava un accelerare troppo...

Mentre l'amicizia col Crodaiolo andava consolidandosi, anche il fido Davide, a modo suo, mi faceva notare che, insomma, non essere ancora stati sulla Cassin era proprio strano...

Qualche mese dopo, inoltre, stringo amicizia anche con Luigi Slowrun ed anche in quel caso la frase non cambia... "Non hai fatto la Cassin? Bisogna provvedere!!!"

Eppure a me sembrava così lontana la possibilità...

Arriva la primavera... Grazie ai già citati amici ricomincio a salire con fiducia sempre maggiore, ma la Cassin mi sembrava ancora lontana...

Passa l'estate, arriva l'autunno e "il grado" aumenta... Arriva il giorno di un bel "Raduno al Medale" e mi preparo a salire, finalmente, la Cassin... Un virus, violento e fastidioso, mi assale invece al mattino... Cerco di tener duro, arrivo a vedere da vicino l'attacco... Ma il virus è più forte. Devo scendere, rinunciare alla Cassin e, peggio ancora, alla cena di gruppo...

Daniele, Davide e Luigi cercano di rincuorarmi... Con Davide ci prendiamo qualche soddisfazione, con Daniele e Luigi pure. Tra novembre e dicembre riesco a salier sullo spigolo Mir e poi sulla Chiappa in Antimedale... Comincio a sentire che il momento si avvicina...

Ma a mettere il bastone tra le ruote arrivano il freddo ed il maltempo. E' inverno, nevica molto, piove pure... Passano tre mesi di inattività e, poi, finalmente, dopo altri attacchi influenzali e recrudescenze lavorative, arriva il momento buono.

In montagna, come nella vita, è così. Le occasioni vanno afferrate al volo e non mollate...

Vedo che per domenica 21 febbraio il tempo dev'essere buono. Sento subito Daniele e Luigi (Davide la domenica è comandato di servizio a vita). Luigi nicchia, anche lui è "in rosso" con i permessini domenicali... Ottengo un permesso totale dalla mia dolce metà e così fa anche il Crodaiolo...

Arriva finalmente la domenica giusta, che inizia nel migliore dei modi: ritrovo al Galeotto alle 08.00 per caffè, brioche, pipì e popò. All'appuntamento, inatteso, arriva a portarci un saluto anche Marco Anghileri, il Bacc', che, non potendo andare ad arrampicare causa problemi al gomito, se n'è andato in piena notte a farsi un giro in Moregallo...

Il resto è una "cronaca di una gioia annunciata", per la quale non occorre raccontare nulla di tecnico su di una salita straconosciuta e arcinota... Sicuramente non spetta a me dare un giudizio che non sia altro che il semplice e personalissimo parere sul gusto o meno a salire un simile itinerario. A me, a dirla tutta, è piaciuta moltissimo... Classica, logicissima, molto atletica. Per quanto riguarda i gradi, mi sembra corretto definirla di V con un paio di passaggetti più pepati (più per l'unto che per le reali difficoltà), peraltro ampiamente azzerabili e "ad alta percentuale di mungitura".

Per qual motivo definisco questa via in termini così positivi ed entusiastici? E' tutta una questione di "approccio" alla via. Se uno cerca una grande classica su roccia favolosa, senza sassi mobili, con gradi alti e "di eleganza", mi sa che non ci siamo.
E' una via "alla Cassin"; molto fisica,atletica... Dal IV in su (e ce n'è molto) è atletica, dal IV in giù è erbosa e si trovano anche non rari sassi mobili.
Per me, che salgo le vie su base mentale più che sportiva, è e resta un bel vione, pieno di storia...
Non è particolarmente esposto, anzi... Se a qualcuno interessano le vie pregne di storia e aneddoti, fisiche, atletiche, che rimandano ai tempi dei "pionieri"... Beh, la Cassin è un must. Come mi hanno fatto notare i miei amici... Un obbligo morale.

Tornando all'Arterio ed alla "tecnica classica" (leggi mungitura ed azzeramento selvaggi), i numeri migliori sono avvenuti sul primo diedro., raggiunto dopo due tirelli "facili", con un paio di passaggetti che facevano presagire l'unto dei passi che ci attendevano. Azzeramenti fatti rispettando i sacri rinvii del Crodaiolo, ovviamente... Ci sono un paio di catenelle d'epoca (una sorta di soste o qualcosa del genere) poste proprio giuste giuste a misura d'Arterio...
Prova di salita "come si deve" numero uno... Scivolo... Prova numero due.. Scivolo ancora.. A questo punto, afferro catena e via... Il primo passaggio di AU (Arrampicata sull'Unto) è risolto.

Seguono un paio di tiri dei quali si parla piuttosto poco, per una serie di diedri, saltini, placchette, molto continui ed atletici, continuamente tra IV+, V-, con svariati passi di V e, in particolare, un diedro (il secondo diedro) davvero ostico ed unto, un sano V+, che, incredibilmente, mi "bevo" godendomelo... Da lì sii vede il famoso "passaggio chiave"...

Passaggio della Radice: il Crodaiolo mi aveva spiegato il movimento... Lo osservo, memorizzo, ma evidentemente non troppo. Tocca a me... Ovviamente mi intestardisco e non lo passo... Resto appeso. Riprovo, sono rimasto troppo basso e mi ghiso le braccia. Resto appeso per un po'. Provo ad incazzarmi e decido di mettere un prusik per piazzare una fettuccia a mo' di staffa... Ma mi incarto e mi incazzo con me stesso... Nel frattempo, il Crodaiolo mi tira due urla da non ripetere... Colpito nel vivo dell'orgoglio, decido di riprovare e trovo sulla destra un appoggio, riesco ad alzarmi, a spostarmi e finalmente faccio come dice lui... Allungo la destra, prendo un buon appiglio, salgo e poi mi ristabilisco... Mi dico mona diciotto volte da solo e poi torno a prendermi del pirla dal Crodaiolo...

Seguono altri due tiri, sempre abbastanza sostenuti, che devono portare dal "Bivacco Cassin" al traverso. Anche in questo caso ci troviamo su difficoltà continue id IV+ e qualche punto tranquillamente valutabile di di V-. L'esposizione si fa maggiore e la fatica si fa sentire, soprattutto per chi è fuori allenamento.

Il Traverso, invece, da ridere: il Crodaiolo, per venirmi incontro, non rinvia praticamente nulla. Unisce i due tiri fino alla sosta sopra il traverso. Ottimo, perché, in caso di caduta, non avrei "pendolato"... Ma pessimo per capire lo sviluppo del traverso... Mi sono ritrovato a fare un due-tre metri usando le maniglie (non malvage, peccato che sotto scivolasse tutto) e poi a fermarmi, vedendo la corda che saliva verso l'alto... Cercavo di salire e il Crodaiolo, dopo avermi lasciato salire, mi diceva che dovevo scendere e traversare ancora... Una situazione che si è ripetuta varie volte, non senza ghigni da parte del Crodaiolo...Tutto sommato divertente e sicuro... Piccola calata e poi ancora traverso... Traverso, salita, calata e di nuovo traverso... Insomma, movimenti degni di una palestra di roccia sulla Cassin...

Però i rinvii del Crodaiolo erano sacri e non si tiravano... Per il resto, invece, tutto quello che trovavo era buono per trazione...

Un sacco di punti, invece, per i quali mi ero preparato mentalmente ad azzerare, non so grazie a quale congiunzone astrale, sono riuscito a passarli attaccandomi solo alla roccia... Forse perché ero troppo pigro per azzerare...

Divertito un sacco e me ne frega un accidente della rotpunkt...

Per salvarmi la faccia posso sempre dire di averla salita da secondo a tecnica classica... Suona bene, è espresso in bell'italiano. anche se significa pur sempre che sono salito da pippa (che si diverte e se ne frega).

Tragico, in conclusione, l'ultimo tiro... Anche in questo caso il Crodaiolo "unifica" i tiri, creando un ultimo tiro da sessanta metri secchi. Io, ormai, ero alla frutta con le forze, sognavo la birra che, peraltro, il Crodaiolo andava reclamando a squarciagola... Sessanta metri di terzo e quarto, che mi sono sembrati un'eternità... Ma, alla fine, l'uscita si è avvicinata e ci ha accolti...

Sane risate, stretta di mano, sigaretta di vetta per me e, subito, telefonata a Luigi per ritrovarci da Antonio a festeggiare la Cassin come si deve...

Stanco, ma felice come un neonato.
Spossato, ma gioioso per essere riuscito a "venirne fuori"... Ho spremuto le energie... E sono uscito soddisfatto, allegro, contento come un bambino, felice come una pasqua... Sono riuscito a prendermi una bella soddisfazione fisica, ma una ancora più grande dal punto di vista della conoscenza... Di quella eterna, inestinguibile sete di conoscenza, di vedere, di tastare e toccare che affligge gli amanti della montagna...

Un sogno nel cassetto si è realizzato.
Grazie a Dio, molti altri sono lì, pronti a restar tali od a realizzarsi...

Sogni dei quali, tra frizzi e lazzi, abbimao discusso alla grande, al Bar da Antonio, alla Partenza della funivia per Erna, dove abbiamo raggiunto, dopo la discesa, Luigino lo Slowrun, subito pronto a festeggiare l'avvenuto battesimo alla Cassin per il vecchio Arterio... Già, perché, purtroppo, tra Daniele, Luigi e anche Davide... Cazzarola, il più vecchio sono io...

Una giornata da incorniciare, una gioia infinita per me... Gioia che, poi, si è prolungata nei racconti del Forum di PlanetMountain, dove non sono mancati frizzi e lazzi e dove, con la complicità di Luigi e Daniele, è nata questa piccola parodia di alcuni passi dei Promessi Sposi...

Parodia alpinistica che, secondo noi, farebbe felice il buon Manzoni, se solo potesse leggerla e che allego, in chisura di post, come ulteriore ringraziamento a Daniele, Luigi e Davide, miei "mentori" e compagni di cordata, ai quali mi lega, oltre alla chiara stima, un'amicizia che si salda sempre più, come ben sa chi è uso salire in montagna. Legarsi alla stessa corda è ben più che un gesto di assicurazione... Prevede la fiducia nel compagno, il mettere nelle sue mani la propria sicurezza ed il fidarsi di lui. Ai miei "Bravi" manzoniani, di nuovo, un grazie di cuore.

"I PROMESSI CASSINI"

(liberamente ispirato a tale Manzoni Alessandro)

"E non era passato molto tempo da quando, timido ed incerto, Don Arterio, scendendo la scalinata che dalla Cappella del Sacro Cuore riporta a Rancio, andava ripetendosi "Grigne e Medale... Carneade, chi era costui?"...
E mentre cercava di passare inosservato tra i tanti turisti intenti ad una passeggiata salutare, venne fermato da due Bravi, uno Crodaiolo ed uno Franco, i quali, incuranti del suo ripetere quasi come un disco rotto la frase "non sum dignus", lo portarono in una birreria... Qui gli venne ricordata l'esistenza del Medale... Gli venne detto forte e chiaro che "questa salita s'ha da fare".
Passò il tempo, mutarono le condizioni, mutò molto. Alle parole dei due Bravi si aggiunsero quelle di un Don Rodrigo che, pur avendo perduto la folta chioma degli anni giovanili, era tornato ai vecchi fasti e splendori montani...
Eppure, al calar dell'autunno, la Peste colpì don Arterio in occasione di un incontro tra bravi, Innominati ed altri personaggi... Don Arterio dovette rinunciare alla base della salita che da fare s'avea...
Un bravo Renzo Davidùn Tramaglino di Merate, da tempo amico di don Arterio, lo aveva riportato sulla giusta strada della consapevolezza, mentre i Bravi Griso Crodaiolo e Luigi Corsalenta continuavano la loro opera di preparazione del vecchio don...

E finalmente, ad un anno di distanza, il matrimonio tra il desiderio di poterla salire e la realizzazione del sogno poté aver luogo.

Il Bravo Riccioluto, con somma gioia di un don Arterio rinnovato e determinato, nonostante i tre mesi di "fermo" a causa salute e lavoro, riuscì nell'impresa di portare alla gioia il succitato Don... Il quale, una volta giunto alla sommità del suo peregrinare sulle orme di San Riccardo e san Mario, scrisse la seguente poesia, della quale viene riportato solo un frammento:

"A presto monti sorgenti dalle acque ed elevati al cielo, cime ineguali note a chi vi ha salito ed amato e impresse nella sua mente… …a presto. Quanto è leggero il passo di chi rinato tra voi per poco se ne allontana"

Alla prossima e grazie a Daniele Griso Riccioluto per la via, a Luigi il Bravo Corsalenta, per il supporto morale, così come al Bravo Bacc', custode dell'anima della Grignetta, che prima della partenza si è materializzato per un caffè in compagnia e per rincuorare un Don Arterio determinato sì ma comunque timoroso...


sabato 20 febbraio 2010

PRIMA DEL 2010: IL CROCIONE DEL SAN MARTINO


Crocione del San Martino
7 febbraio 2010
Prima uscita dell'anno


Il 2010, ad essere sinceri, non è che sia iniziato proprio con i migliori auspici...
Subito dopo la fine delle vacanze natalizie è partita l'offensiva di tutte le forme influenzali note ed ignote... Se a questo aggiungiamo che il lavoro ha avuto - fortunatamente in questo caso - una recrudescenza peraltro benedetta... Va da sé che il mese di gennaio è passato senza lasciarmi spazio per la montagna, eccezion fatta per un giretto in automobile, intabarrati come due anziani semimoribondi, fatto con la mia compagna a godere dei piaceri di Zambla Alta.

Ma, come recita un vecchio adagio, non può piovere per sempre. Sempre per restare sulle frasi fatte, dopo la pioggia ritorna il sereno... Ok, ok, non arrivo a "non ci son più le mezze stagioni"; mi fermo subito con i luoghi comuni, promesso....

Ai primi di febbraio, comunque, mi ritrovo ad essere ingrassato come un maiale da insaccare, flaccido e fuori allenamento come poche volte in questi ultimi anni. Fortuna vuole che, per il fine settimana, pare ci sia uno spiraglio di tempo, se non buono, almeno decente. Come spesso avviene, grazie al solito sistema dei "forum" e, soprattutto, degli sms, riesco a contattare l'ottimo Riccardo, Ric54, valdostano trapiantato tra Bresciana e Bergamasca, che, sentendo anche lui il richiamo della montagna, accetta senza opporre resistenza alcuna la mia proposta, per nulla indecente.

Originariamente, la proposta era rivolta al mio amato Moregallo. Riccardo esprime il desiderio di andare a fare la ferrata del Corno Rat. Non la amo particolarmente (anzi, per nulla), ma sono ben felice di fare un giro con Riccardo e, se desidera conoscere qualcosa che ancora non ha visto, lo faccio di ottimo grado. La sua è una compagnia favolosa...

Ci dovete immaginare: io alto un metro ed un ca**o (ma non ridete: come dice Sconsolata, voi vedete soltanto il metro...); lui, almeno uno e novanta, se non di più, proporzionato a livello muscolare... Praticamente sembriamo chiesa e campanile.

Il dado è tratto: al mattino, parto per Valmadrera... Nebbia mica da ridere e ancora tanta neve al terreno ai lati della strada... Cominciamo bene...

Arrivo a Valmadrera, dove avevo dato appuntamento al buon Ric "al parcheggio del cimitero". Ora, senza offesa, non è che Valmadrera sia precisamente una metropoli. Resta il fatto che questa operosa cittadina del Lecchese, dalle antiche origini, dispone id un cimitero "nuovo" e di uno "storico".

Ovviamente io mi trovo a quello "nuovo" e Riccardo a quello "vecchio".

Rapido scambio di telefonate e di insulti, prese per i fondelli e via in centro. A metterci d'accordo, la colazione del mattino. Poi, mentre la luce ci permette di guardarci attorno, notiamo che dai 300 metri in su la neve è ancora tanta... E dura...

Rinunciamo (con mia celata - ma non troppo - soddisfazione) alla ferrata del Corno Rat e, su mia proposta, ci dirigiamo verso Lecco. Per qual motivo non abbiamo fatto un bel giro su neve al Moregallo? Perché qualcuno aveva dimenticato a casa i ramponi... E quel qualcuno, questa volta, non ero io!!!

A Lecco, seconda colazioncina con brioches "a buon livello" e subito dopo, visto che l'arrivo del sole aveva diradato le nebbie e lasciato spazio ad una giornata che prometteva bene, vista l'assenza dei ramponi, optiamo per un sano giretto verso il Medale. Riccardo lo conosce solo di fama e accetta di buon grado di andarlo a conoscere.

Per andare a parcheggiare, ci portiamo a Laorca, visto che il parcheggio di Rancio è zeppo come un uovo. Già per arrivare al parcheggio, prima avventura... La strada è ancora bella ghiacciata e le ruote scivolano in modo sibillino...

In un modo o nell'altro, tuttavia, riusciamo a parcheggiare e ci prepariamo per la passeggiata.

Seguiamo il sentiero che, passando vicino al cimitero di Laorca (delizioso per la posizione, sembra fatto su misura per accogliere spoglie di amanti della montagna), ci deposita presto all'ex Rifugio Medale, da dove l'omonimo monte ci accoglie con ottimi panorami.

Decido di mostrargli la base delle pareti e la partenza della ferrata degli Alpini al Medale, che ancora non ha percorso. Prendiamo quindi il sentierino, ben segnato e molto frequentato, che passa alla base della Bastionata, degli attacchi delle vie alpinistiche al Medale e, finalmente, arriviamo al Pilastro Irene, dove parte la ferrata.

Riccardo è quasi senza parole per la bellezza del posto... Non me ne stupisco! Questo "paracarro" alto una trentina di metri più dei canonici "mille", si presenta come una vera montagna. E, scusate se mi sento di parte, ma il Medale montagna lo è! Punto.

Riprendiamo il sentiero che sale verso la Cappelletta, mentre sulla sinistra le nebbie che ancora attanagliano Lecco creano un gioco sensazionale: l'orrenda costruzione del centro commerciale di Lecco, ripudiato dallo stesso Piano, immersa nella nebbia si trasfigura in un castello fatato, che sembra sorgere, come nelle migliori narrazioni di antichi manieri scozzesi in epoche medievali, dalle nebbie e dalle brume delle Highlands...

IL sentiero ci deposita presto alla Cappelletta... Beh, quasi presto... Complici un paio di "soste idrauliche" lungo il sentiero, riusciamo a "perderci", nel senso che, salendo, Riccardo segue il sentiero che da poco prima della Cappella taglia verso il Medale... Poco male, un paio di urla e quattro prese in giro ricompongono il duo chiesa-campanile.

Alla Cappella, quattro ciàcole con un alpinista della zona, in vena di ciarle, due foto al buon Ric che a malapena riesce ad entrare nella Cappelletta e poi su, lungo il Sentiero Silvia, per andare a guistare i panorami dal Crocione...

La sosta forzata di quasi tre mesi si fa sentire e, nonostante il poco dislivello, sbuffo per alcuni metri come un mantice. Riccardo mi osserva quasi incredulo, abituato a ben altri Arteri... Ma, sbuffando o no, arriviamo, con molta attenzione, agli ultimi metri prima del Crocione. Qui comincia ad affiorare anche un po' di ghiaccio vivo. Inutile pensare al fatto che i ramponi sarebbero forse stati utili... Non ci sono, punto. Arriviamo, non senza attenzione, al Crocione, da dove col cavolo che ci godiamo il panorama... Una bella folata di nebbia ci fa sentire nel mezzo della Pianura Padana, ma, per fortuna, dura poco.

Ci sediamo sulla vetta, beviamo qualcosina e poi, con calma, aspettiamo che le nebbie ci regalino un po' di panorama, cosa che puntualmente avviene. L'orario, però, è quello giusto... Ci avviciniamo all'ora di pranzo... Ed a questo tipo di richiami io e Riccardo siamo particolarmente sensibili.

Dal Crocione ci portiamo al colletto in cresta e prendiamo la traccia che scende verso il Rifugio Piazza. Come prima, dobbiamo fare molta attenzione alla neve ed a piccole lastre quasi ghiacciate... Iniziamo le prese in giro reciproche.... Non avevo ancora finito di magnificare il vantaggio di essere brevilineo, il fatto che ad essere piccoli si ha il baricentro più basso e si controllano meglio eventuali scivolate, che... Tac!!! Prendo una lastra di ghiaccio, le gambe si alzano a livello del volto e... Bam! Il posteriore si adagia in modo goffo e un po' violento al terreno, in perfetto stile fantozziano.

Quello che segue non posso riportarlo sul blog senza arrossire. Tralasciando il fatto che, probabilmente, mi beccherei anche una denuncia per frasi oscene e blasfeme (la veneticità si fa sentire molto in simili casi).

Tralasciando su una seconda caduta (e conseguente serie di rosari alla veneta), arriviamo al Rifugio Piazza, che ci accoglie con un bel fuoco acceso ed un invitante odorino...

I nostri propositi di morigeratezza vanno seduta stante a farsi benedire. Ordiniamo una caraffa di rosso e due piatti di polenta ed arrosto... Che, ottimi, svaniscono come neve al sole.

Belli, allegri, con la panza piena ed il cuore pieno di soddisfazione per i panorami, prendiamo con molta calma il sentiero per il ritorno.

Lungo il sentiero, ricevo una telefonata da Luigi: "Ma dove c... sei? Sei in giro?". Al che gli dico "Ma, guarda, pensa che sono passato sotto Medale ed Antimedale ed ho anche notato gente che saliva..". "Ma eravamo noi!!!"... Tralascio alcune espressioni, tipiche dell'ambiente alpinistico...

In conclusione, la telefonata può essere riassunta così: "Luca, tu e Riccardo fatevi trovare al bar a Lecco in un'ora".

Fu così che la giornata ebbe degna celebrazione e consacrazione...

Io e Riccardo, allegri e pasciuti, a bere birra con Daniele e Luigi, scesi dall'Antimedale, dove avevano arrampicato col Valseschini. Giusta conclusione per una giornata divertente e piacevole, con bella gente!

Riccardo, in particolare, prima di salutare tutti ha fissato un appuntamento con la ferrata del Medale. Io, invece, in cuor mio spero tanto di poter riprendere presto un discorso rimasto aperto con una via di un Altro, Grande, Enorme ed Immortale Riccardo...

Ciao Medale, torno presto!!!