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Corna di Medale e Monte Coltignone per sentiero GER
7 maggio 2009
Corna di Medale e Monte Coltignone per sentiero GER
7 maggio 2009
E' giovedì e la giornata è davvero bella... Oggi ho solo due appuntamenti, uno prestissimo al mattino ed uno verso sera... Come al solito, il diavoletto che si annida nell'animo dell'amante della Montagna prende il sopravvento...
Perché non sfruttare la giornata con una sana fuga dalla metropoli, dedicata ai panorami del Lecchese?
Ovviamente, come direbbe Oscar Wilde, io so resistere a tutto fuorché alle tentazioni: alle 8.30 precise ho già consegnato quello che dovevo consegnare, la roba è in macchina e parto letteralmente a razzo dal centro di Milano, destinazione Lecchese. Non ho ancora presente dove andrò, ma questo non è un problema: come spesso capita, mi lascerò guidare dall'ispirazione dell'ultimo momento.
Riesco a passare indenne dal traffico la tangenziale ed il "tappo" di Monza, prendo la superstrada non proprio seguendo tutti i limiti ed in un'ora mi ritrovo a Lecco, a prendere il caffè al solito bar, dove al caffè aggiungo pure una sana brioche e faccio tappa "fisiologica" (una sorta di rituale per le mie scorribande nel Lecchese).
Tra le opzioni della giornata c'erano il Monte Due Mani, per vedere il famigerato quarto torrione recentemente riattrezzato, oppure qualche altra passeggiata interessante, come la Nord del Moregallo (due sentieri favolosi per un altrettanto favoloso percorso ad anello).
Come al solito, tra i due litiganti il terzo gode: mentre esco dal bar osservo il blu del cielo e la sagoma del Medale e del Coltignone. La decisione viene presa presto: è un sacco di tempo che mi dico che dovrei finalmente andare a vedere questo benedetto sentiero GER al Coltignone, un facile itinerario attrezzato con un sano dislivello di circa 1100 metri ed un ambiente da vera wilderness appena sopra i tetti di Lecco.
In pochi minuti arrivo al rione di Laorca e, complice la giornata infrasettimanale, trovo tranquillamente posto allo slargo di via Paolo VI, senza problemi. Lascio in auto tutto l'armamentario da ferrata, controllo di avere la macchina fotografica, da bere, la banana da far premasticare allo zaino, infilo il berrettino e via.
Il primo tratto segue la noiosa strada di servizio che costeggia la rete paramassi. Fortunatamente, i panorami che si aprono sulla Corna di Medale e sul Coltignone distolgono l'attenzione dal fondo cementato della stradina e, in breve, mi ritrovo all'ex rifugio Medale. Qui una scritta su cemento indica per la ferrata del Medale. Fatti pochi metri, un secondo bivio (ben segnalato) indica di proseguire per la vetta del Medale, per il sentiero attrezzato, lasciando a sinistra il sentierino che, costeggiando la base del Medale e gli attacchi delle vie alpinistiche (che voglia mi fa quella roccia), porta al Pilastro Irene ed all'attacco della ferrata degli Alpini.
Il sentiero, fortunatamente all'interno di una sorta di boschetto che ripara dal sole, è ripido fin dall'inizio e, fatti pochi metri, presenta un fondo sassoso che lo rende iancor più faticoso. Il fatto che sia ripido, però, permette di guadagnare rapidamente quota e di arrivare al tratto "attrezzato" con velocità. Il tratto attrezzato altro non è che una serie di cengiotte erbose e terrose, in salita prima da destra e sinistra e poi da sinistra a destra, in cui la catena, dato che il tratto è lievemente esposto, serve forse a garantire tranquillità di passo in discesa o col fondo bagnato (non mi auguro di dover fare quel sentiero con fondo bagnato o con neve...).
Passo il tratto "incatenato" rapidamente e, mentre ogni tanto squarci tra i rami degli alberi permettono di rubare qualche sprazzo di panorama, il sentiero, dal fondo ora terroso e franoso, sale di nuovo ripidamente, fino a sbucare sulla sella retrostante la cima del Corno di Medale. Non è passata nemmeno un'ora...
Mi prendo il lusso di fare alcuni metri, con qualche facile roccetta e scendere brevemente alla croce di vetta del Medale ad osservare il panorama. Poi risalgo, sempre per facili roccette, alla piazzola di atterraggio per gli elicotteri, dove faccio una sana pausa sigaretta e mi prendo un po' di sole.
Dietro a me il percorso diventa estremamente evidente: si deve seguire per un po' la crestina di collegamento tra il Medale ed il San Martino fino ad un bivio, dove si prende a destra e si traversa fino ad imboccare il canalone che scodella sui prati sommitali del Coltignone.
Mi prendo, tuttavia, tutto il tempo necessario a gustarmi il panorama e poi, con calma, ridiscendo alla selletta e prendo la crestina. Un primo cimotto dev'essere letteralmente scavalcato con qualche roccetta, per poi scendere ad incontrare il bivio. All'altezza di questo, osservo la cima del San Martino ed il Crocione, dove svariate persone si sono ormai radunate. Io, finora, non ho incontrato nessuno...
Proseguo per il sentierino che, alternando brevi strappi in salita a lunghi tratti quasi in piano, traversa sotto il Dente del Coltignone. Incontro l'attraversamento di una vallecola, con un traverso un po "esposto", ovviamente attrezzato con cavo prima e catena poi. Al termine del primo cavo, sento rumore di passi... Osservo e cerco di vedere se, per caso, incontro qualche altro amante della solitudine.
Il rumore si ripete e mi rendo conto che non si tratta di un escursionista, ma di un magnifico esemplare di camoscio maschio che, altero, fiero e superbo, mi osserva come potrebbe essere osservata una cacca sul tappeto buono del salotto di casa. Si lascia fotografare, poi mi manda il suo classico "soffio fischiato" e, osservatomi di nuovo, se ne va allegro ed agile...
Estasiato da questo incontro, proseguo nel traverso e ben presto arrivo ad un punto in cui la pendenza aumenta e comincio a risalire il canalone. Qui riesco a vedere almeno tre o quattro serpi che, ovviamente, non amano fraternizzare con gli esseri umani e decidono di filare via prima che io possa osservarle ed identificarle... Peccato.
Il sentiero si fa sempre più ripido ed assume ben presto tutte le caratteristiche di Sentiero GAM (che non vuol dire Gruppo d'Alta Montagna, bensì Ginocchia al Mento). Osservo il fondo del sentiero che lascia capire come un tempo fosse stato tracciato ad arte, con tanto di "gradini" creati con fittoni e tronchi d'albero. Il tempo e le intemperie, evidentemente, hanno fatto il proprio sporco lavoro, tant'è che i tronchi si incontrano sparsi qua e là e - purtroppo - i fittoni sporgono di svariati centimetri, orfani di tutto, ma pronti a far inciampare o ad infilzare l'escursionista disattento... Mi viene in mente la famosa scena di Fantozzi che sale in sella alla bici proprio mentre il sellino era saltato via, adatto la scena ad un escursionista disattento che scivola sul sentiero e ci si siede sopra... Mi prende la classica "strizza di culo" e passo oltre, con circospezione, moltiplicando la mia attenzione.
La direzione è chiara: risalire il canalone verso una evidente caverna, visibile da molto più in basso. Poco prima della caverna, ho il tempo di osservare un magnifico rapace, presumibilmente un falco (ma non prendetemi in parola), che, dopo aver volteggiato sopra di me, si è fiondato per risalire con una serpe tra gli artigli... Spietato spettacolo della natura... Ma che meraviglia vedere come i rapaci si fiondano sulle prede...
Arrivo alla caverna, davvero carina. Sulla destra è evidente la catena che dà inizio al tratto attrezzato del Sentiero GER (ovvero Gruppo Escursionisti Rancesi), mentre davanti a me fa bella mostra di sè una madonnina (da queste parti è difficile trovare una caverna, un antro, una cavità senza una qualche immagine sacra). Il tratto attrezzato è in soldoni questo: si risale un piccola paretina da sinistra a destra e prendere una piccola cengia che poi diventa erbosa e che sale a prendere una rampetta, sempre attrezzata. Per una successiva rampa terrosa e rocciosa, si risale a prendere una sorta di rampa-canale roccioso ed erboso che deposita su una crestina, al cui termine le catene terminano e ci si trova sui pratoni sommitali del Coltignone.
Lo sguardo si volge ad osservare il panorama sotto ed attorno... Una meraviglia...
Non ero mai stato sul Coltignone, lo ammetto. Nemmeno dai Resinelli. Avevo visto che parlavano di Coltignone e Forcellino come di un belvedere privilegiato, ma avevo sempre rimandato la mia visita a questa cima fino al giorno in cui avrei avuto il tempo di salire per il sentiero GER. Ora ci sono salito e mi posso gustare il panorama su Lecco, sul Resegone, sul Due Mani, sul Lario... Sulla vetta nessuna croce, solo una panchina un po' malconcia. Ma tanto basta per una sana pausa panoramica da dedicare, citando il Fortissimo Gervasutti, a Madame Nicotina.
Bene, ridendo e scherzando è l'una. Sono partito che erano quasi le dieci, mi sono concesso lussi come fare foto e prendere il sole sul Medale... Ma ora, al di là del piacere dell'acqua e della banana premasticata, il mio corpo mi manda messaggi chiarissimi: "sei a solo venti minuti dai Resinelli... C'è birra fresca...". Impossibile e sbagliato resistere a simili richiami...
Dalla cima del Coltignone seguo il sentiero turistico, arrivando ben presto al bivio: a sinistra andrei per il Forcellino, mentre io prendo a destra, salendo verso cima Calolden (Paradiso), da dove, con una rapida discesa, arrivo al Museo delle Grigne ed all'ingresso del Parco Valentino. Da qui, purtroppo, mi trovo di fronte all'obbrobrio del grattacielo dei Resinelli, che lascio ben presto alle mie spalle. Raggiungo il piazzale e mi fiondo al bar. Una birrazza non me la toglie nessuno. Quattro chiacchiere col gestore, altra sigarettina.. Tiro le due. E' ora di scendere.
Torno sui miei passi fino al rifugio SEL e prendo il sentiero della Val Calolden. Questo ha per me un significato anche storico: ho letto che, fino alla creazione della strada che da Ballabio sale ai Resinelli, questo sentiero era l'avvicinamento alla Grigna e alla domenica molti erano coloro che, arrivati col treno a Lecco, salivano a piedi ai Resinelli per poi andare a salire sulla Cresta Segantini o sulle guglie della Grignetta... Altri tempi, quando farsi i duemila metri di dislivello era quasi la normalità e nessuno si lamentava perché non riusciva a trovare il parcheggio a due passi dall'attacco delle vie...
La Val Calolden, oltretutto, è di rara bellezza: segue per la sua interezza il letto del torrente, molto bello, fresco, con numerose pozze e polle da visitare e nelle quali, volendo, farsi un sano pediluvio. Un sentiero fresco e che, in meno di due ore, riporta a Laorca, dopo aver offerto, oltre alle succitate pozze, non pochi motivi di interesse dal punto di vista geologico (segnalati in modo adeguato dai cartelloni presenti).
Bene, manca poco alle 4, faccio a tempo a farmi ancora una birretta e poi via, in auto. Riesco ad accelerare e la superstrada è tranquilla: alle 5 precise sono pronto ad andare ad affrontare la seconda parte della giornata lavorativa... Anche se, a dire il vero, mi sono gustato, come sempre, la faccia del mio barista preferito che, a Milano, mi ha squadrato da capo a piedi chiedendomi se, per caso, fossi stato in montagna... "Ma no, così vaod sempre a lavorare" è stata l'ovvia risposta...
Anche oggi sono riuscito a "far manca" da Milano e non senza motivo... Sono riuscito, tuttavia, a mantenere gli impegni lavorativi ed a pasare una giornata che mi resterà sempre fissa nella memoria... Anche s,e una volta di più, mi rippongo la stessa domanda: ma perché i Lombardi pubblicizzano così poco le meraviglie che hanno a disposizione? Percorsi così, anche se a bassa quota, non hanno nulla da invidiare a molte zone ben più blasonate e pompate dalla macchina del turismo di massa...
Bah, misteri dei Lumbard... Mi limito a pensare "alla prossima" ed a rituffarmi nella quotidianità!
Perché non sfruttare la giornata con una sana fuga dalla metropoli, dedicata ai panorami del Lecchese?
Ovviamente, come direbbe Oscar Wilde, io so resistere a tutto fuorché alle tentazioni: alle 8.30 precise ho già consegnato quello che dovevo consegnare, la roba è in macchina e parto letteralmente a razzo dal centro di Milano, destinazione Lecchese. Non ho ancora presente dove andrò, ma questo non è un problema: come spesso capita, mi lascerò guidare dall'ispirazione dell'ultimo momento.
Riesco a passare indenne dal traffico la tangenziale ed il "tappo" di Monza, prendo la superstrada non proprio seguendo tutti i limiti ed in un'ora mi ritrovo a Lecco, a prendere il caffè al solito bar, dove al caffè aggiungo pure una sana brioche e faccio tappa "fisiologica" (una sorta di rituale per le mie scorribande nel Lecchese).
Tra le opzioni della giornata c'erano il Monte Due Mani, per vedere il famigerato quarto torrione recentemente riattrezzato, oppure qualche altra passeggiata interessante, come la Nord del Moregallo (due sentieri favolosi per un altrettanto favoloso percorso ad anello).
Come al solito, tra i due litiganti il terzo gode: mentre esco dal bar osservo il blu del cielo e la sagoma del Medale e del Coltignone. La decisione viene presa presto: è un sacco di tempo che mi dico che dovrei finalmente andare a vedere questo benedetto sentiero GER al Coltignone, un facile itinerario attrezzato con un sano dislivello di circa 1100 metri ed un ambiente da vera wilderness appena sopra i tetti di Lecco.
In pochi minuti arrivo al rione di Laorca e, complice la giornata infrasettimanale, trovo tranquillamente posto allo slargo di via Paolo VI, senza problemi. Lascio in auto tutto l'armamentario da ferrata, controllo di avere la macchina fotografica, da bere, la banana da far premasticare allo zaino, infilo il berrettino e via.
Il primo tratto segue la noiosa strada di servizio che costeggia la rete paramassi. Fortunatamente, i panorami che si aprono sulla Corna di Medale e sul Coltignone distolgono l'attenzione dal fondo cementato della stradina e, in breve, mi ritrovo all'ex rifugio Medale. Qui una scritta su cemento indica per la ferrata del Medale. Fatti pochi metri, un secondo bivio (ben segnalato) indica di proseguire per la vetta del Medale, per il sentiero attrezzato, lasciando a sinistra il sentierino che, costeggiando la base del Medale e gli attacchi delle vie alpinistiche (che voglia mi fa quella roccia), porta al Pilastro Irene ed all'attacco della ferrata degli Alpini.
Il sentiero, fortunatamente all'interno di una sorta di boschetto che ripara dal sole, è ripido fin dall'inizio e, fatti pochi metri, presenta un fondo sassoso che lo rende iancor più faticoso. Il fatto che sia ripido, però, permette di guadagnare rapidamente quota e di arrivare al tratto "attrezzato" con velocità. Il tratto attrezzato altro non è che una serie di cengiotte erbose e terrose, in salita prima da destra e sinistra e poi da sinistra a destra, in cui la catena, dato che il tratto è lievemente esposto, serve forse a garantire tranquillità di passo in discesa o col fondo bagnato (non mi auguro di dover fare quel sentiero con fondo bagnato o con neve...).
Passo il tratto "incatenato" rapidamente e, mentre ogni tanto squarci tra i rami degli alberi permettono di rubare qualche sprazzo di panorama, il sentiero, dal fondo ora terroso e franoso, sale di nuovo ripidamente, fino a sbucare sulla sella retrostante la cima del Corno di Medale. Non è passata nemmeno un'ora...
Mi prendo il lusso di fare alcuni metri, con qualche facile roccetta e scendere brevemente alla croce di vetta del Medale ad osservare il panorama. Poi risalgo, sempre per facili roccette, alla piazzola di atterraggio per gli elicotteri, dove faccio una sana pausa sigaretta e mi prendo un po' di sole.
Dietro a me il percorso diventa estremamente evidente: si deve seguire per un po' la crestina di collegamento tra il Medale ed il San Martino fino ad un bivio, dove si prende a destra e si traversa fino ad imboccare il canalone che scodella sui prati sommitali del Coltignone.
Mi prendo, tuttavia, tutto il tempo necessario a gustarmi il panorama e poi, con calma, ridiscendo alla selletta e prendo la crestina. Un primo cimotto dev'essere letteralmente scavalcato con qualche roccetta, per poi scendere ad incontrare il bivio. All'altezza di questo, osservo la cima del San Martino ed il Crocione, dove svariate persone si sono ormai radunate. Io, finora, non ho incontrato nessuno...
Proseguo per il sentierino che, alternando brevi strappi in salita a lunghi tratti quasi in piano, traversa sotto il Dente del Coltignone. Incontro l'attraversamento di una vallecola, con un traverso un po "esposto", ovviamente attrezzato con cavo prima e catena poi. Al termine del primo cavo, sento rumore di passi... Osservo e cerco di vedere se, per caso, incontro qualche altro amante della solitudine.
Il rumore si ripete e mi rendo conto che non si tratta di un escursionista, ma di un magnifico esemplare di camoscio maschio che, altero, fiero e superbo, mi osserva come potrebbe essere osservata una cacca sul tappeto buono del salotto di casa. Si lascia fotografare, poi mi manda il suo classico "soffio fischiato" e, osservatomi di nuovo, se ne va allegro ed agile...
Estasiato da questo incontro, proseguo nel traverso e ben presto arrivo ad un punto in cui la pendenza aumenta e comincio a risalire il canalone. Qui riesco a vedere almeno tre o quattro serpi che, ovviamente, non amano fraternizzare con gli esseri umani e decidono di filare via prima che io possa osservarle ed identificarle... Peccato.
Il sentiero si fa sempre più ripido ed assume ben presto tutte le caratteristiche di Sentiero GAM (che non vuol dire Gruppo d'Alta Montagna, bensì Ginocchia al Mento). Osservo il fondo del sentiero che lascia capire come un tempo fosse stato tracciato ad arte, con tanto di "gradini" creati con fittoni e tronchi d'albero. Il tempo e le intemperie, evidentemente, hanno fatto il proprio sporco lavoro, tant'è che i tronchi si incontrano sparsi qua e là e - purtroppo - i fittoni sporgono di svariati centimetri, orfani di tutto, ma pronti a far inciampare o ad infilzare l'escursionista disattento... Mi viene in mente la famosa scena di Fantozzi che sale in sella alla bici proprio mentre il sellino era saltato via, adatto la scena ad un escursionista disattento che scivola sul sentiero e ci si siede sopra... Mi prende la classica "strizza di culo" e passo oltre, con circospezione, moltiplicando la mia attenzione.
La direzione è chiara: risalire il canalone verso una evidente caverna, visibile da molto più in basso. Poco prima della caverna, ho il tempo di osservare un magnifico rapace, presumibilmente un falco (ma non prendetemi in parola), che, dopo aver volteggiato sopra di me, si è fiondato per risalire con una serpe tra gli artigli... Spietato spettacolo della natura... Ma che meraviglia vedere come i rapaci si fiondano sulle prede...
Arrivo alla caverna, davvero carina. Sulla destra è evidente la catena che dà inizio al tratto attrezzato del Sentiero GER (ovvero Gruppo Escursionisti Rancesi), mentre davanti a me fa bella mostra di sè una madonnina (da queste parti è difficile trovare una caverna, un antro, una cavità senza una qualche immagine sacra). Il tratto attrezzato è in soldoni questo: si risale un piccola paretina da sinistra a destra e prendere una piccola cengia che poi diventa erbosa e che sale a prendere una rampetta, sempre attrezzata. Per una successiva rampa terrosa e rocciosa, si risale a prendere una sorta di rampa-canale roccioso ed erboso che deposita su una crestina, al cui termine le catene terminano e ci si trova sui pratoni sommitali del Coltignone.
Lo sguardo si volge ad osservare il panorama sotto ed attorno... Una meraviglia...
Non ero mai stato sul Coltignone, lo ammetto. Nemmeno dai Resinelli. Avevo visto che parlavano di Coltignone e Forcellino come di un belvedere privilegiato, ma avevo sempre rimandato la mia visita a questa cima fino al giorno in cui avrei avuto il tempo di salire per il sentiero GER. Ora ci sono salito e mi posso gustare il panorama su Lecco, sul Resegone, sul Due Mani, sul Lario... Sulla vetta nessuna croce, solo una panchina un po' malconcia. Ma tanto basta per una sana pausa panoramica da dedicare, citando il Fortissimo Gervasutti, a Madame Nicotina.
Bene, ridendo e scherzando è l'una. Sono partito che erano quasi le dieci, mi sono concesso lussi come fare foto e prendere il sole sul Medale... Ma ora, al di là del piacere dell'acqua e della banana premasticata, il mio corpo mi manda messaggi chiarissimi: "sei a solo venti minuti dai Resinelli... C'è birra fresca...". Impossibile e sbagliato resistere a simili richiami...
Dalla cima del Coltignone seguo il sentiero turistico, arrivando ben presto al bivio: a sinistra andrei per il Forcellino, mentre io prendo a destra, salendo verso cima Calolden (Paradiso), da dove, con una rapida discesa, arrivo al Museo delle Grigne ed all'ingresso del Parco Valentino. Da qui, purtroppo, mi trovo di fronte all'obbrobrio del grattacielo dei Resinelli, che lascio ben presto alle mie spalle. Raggiungo il piazzale e mi fiondo al bar. Una birrazza non me la toglie nessuno. Quattro chiacchiere col gestore, altra sigarettina.. Tiro le due. E' ora di scendere.
Torno sui miei passi fino al rifugio SEL e prendo il sentiero della Val Calolden. Questo ha per me un significato anche storico: ho letto che, fino alla creazione della strada che da Ballabio sale ai Resinelli, questo sentiero era l'avvicinamento alla Grigna e alla domenica molti erano coloro che, arrivati col treno a Lecco, salivano a piedi ai Resinelli per poi andare a salire sulla Cresta Segantini o sulle guglie della Grignetta... Altri tempi, quando farsi i duemila metri di dislivello era quasi la normalità e nessuno si lamentava perché non riusciva a trovare il parcheggio a due passi dall'attacco delle vie...
La Val Calolden, oltretutto, è di rara bellezza: segue per la sua interezza il letto del torrente, molto bello, fresco, con numerose pozze e polle da visitare e nelle quali, volendo, farsi un sano pediluvio. Un sentiero fresco e che, in meno di due ore, riporta a Laorca, dopo aver offerto, oltre alle succitate pozze, non pochi motivi di interesse dal punto di vista geologico (segnalati in modo adeguato dai cartelloni presenti).
Bene, manca poco alle 4, faccio a tempo a farmi ancora una birretta e poi via, in auto. Riesco ad accelerare e la superstrada è tranquilla: alle 5 precise sono pronto ad andare ad affrontare la seconda parte della giornata lavorativa... Anche se, a dire il vero, mi sono gustato, come sempre, la faccia del mio barista preferito che, a Milano, mi ha squadrato da capo a piedi chiedendomi se, per caso, fossi stato in montagna... "Ma no, così vaod sempre a lavorare" è stata l'ovvia risposta...
Anche oggi sono riuscito a "far manca" da Milano e non senza motivo... Sono riuscito, tuttavia, a mantenere gli impegni lavorativi ed a pasare una giornata che mi resterà sempre fissa nella memoria... Anche s,e una volta di più, mi rippongo la stessa domanda: ma perché i Lombardi pubblicizzano così poco le meraviglie che hanno a disposizione? Percorsi così, anche se a bassa quota, non hanno nulla da invidiare a molte zone ben più blasonate e pompate dalla macchina del turismo di massa...
Bah, misteri dei Lumbard... Mi limito a pensare "alla prossima" ed a rituffarmi nella quotidianità!