Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

Lenti come bradipi per poter gustare al meglio, in sicurezza, quanto la montagna può offrire a chi sa osservare e gustare.
Riflessioni, foto, rimandi a fotoalbum, link a siti utili...
Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

lunedì 11 maggio 2009

AL COLTIGNONE PER IL SENTIERO "GER"



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Corna di Medale e Monte Coltignone per sentiero GER
7 maggio 2009



E' giovedì e la giornata è davvero bella... Oggi ho solo due appuntamenti, uno prestissimo al mattino ed uno verso sera... Come al solito, il diavoletto che si annida nell'animo dell'amante della Montagna prende il sopravvento...

Perché non sfruttare la giornata con una sana fuga dalla metropoli, dedicata ai panorami del Lecchese?

Ovviamente, come direbbe Oscar Wilde, io so resistere a tutto fuorché alle tentazioni: alle 8.30 precise ho già consegnato quello che dovevo consegnare, la roba è in macchina e parto letteralmente a razzo dal centro di Milano, destinazione Lecchese. Non ho ancora presente dove andrò, ma questo non è un problema: come spesso capita, mi lascerò guidare dall'ispirazione dell'ultimo momento.

Riesco a passare indenne dal traffico la tangenziale ed il "tappo" di Monza, prendo la superstrada non proprio seguendo tutti i limiti ed in un'ora mi ritrovo a Lecco, a prendere il caffè al solito bar, dove al caffè aggiungo pure una sana brioche e faccio tappa "fisiologica" (una sorta di rituale per le mie scorribande nel Lecchese).

Tra le opzioni della giornata c'erano il Monte Due Mani, per vedere il famigerato quarto torrione recentemente riattrezzato, oppure qualche altra passeggiata interessante, come la Nord del Moregallo (due sentieri favolosi per un altrettanto favoloso percorso ad anello).

Come al solito, tra i due litiganti il terzo gode: mentre esco dal bar osservo il blu del cielo e la sagoma del Medale e del Coltignone. La decisione viene presa presto: è un sacco di tempo che mi dico che dovrei finalmente andare a vedere questo benedetto sentiero GER al Coltignone, un facile itinerario attrezzato con un sano dislivello di circa 1100 metri ed un ambiente da vera wilderness appena sopra i tetti di Lecco.

In pochi minuti arrivo al rione di Laorca e, complice la giornata infrasettimanale, trovo tranquillamente posto allo slargo di via Paolo VI, senza problemi. Lascio in auto tutto l'armamentario da ferrata, controllo di avere la macchina fotografica, da bere, la banana da far premasticare allo zaino, infilo il berrettino e via.

Il primo tratto segue la noiosa strada di servizio che costeggia la rete paramassi. Fortunatamente, i panorami che si aprono sulla Corna di Medale e sul Coltignone distolgono l'attenzione dal fondo cementato della stradina e, in breve, mi ritrovo all'ex rifugio Medale. Qui una scritta su cemento indica per la ferrata del Medale. Fatti pochi metri, un secondo bivio (ben segnalato) indica di proseguire per la vetta del Medale, per il sentiero attrezzato, lasciando a sinistra il sentierino che, costeggiando la base del Medale e gli attacchi delle vie alpinistiche (che voglia mi fa quella roccia), porta al Pilastro Irene ed all'attacco della ferrata degli Alpini.

Il sentiero, fortunatamente all'interno di una sorta di boschetto che ripara dal sole, è ripido fin dall'inizio e, fatti pochi metri, presenta un fondo sassoso che lo rende iancor più faticoso. Il fatto che sia ripido, però, permette di guadagnare rapidamente quota e di arrivare al tratto "attrezzato" con velocità. Il tratto attrezzato altro non è che una serie di cengiotte erbose e terrose, in salita prima da destra e sinistra e poi da sinistra a destra, in cui la catena, dato che il tratto è lievemente esposto, serve forse a garantire tranquillità di passo in discesa o col fondo bagnato (non mi auguro di dover fare quel sentiero con fondo bagnato o con neve...).

Passo il tratto "incatenato" rapidamente e, mentre ogni tanto squarci tra i rami degli alberi permettono di rubare qualche sprazzo di panorama, il sentiero, dal fondo ora terroso e franoso, sale di nuovo ripidamente, fino a sbucare sulla sella retrostante la cima del Corno di Medale. Non è passata nemmeno un'ora...

Mi prendo il lusso di fare alcuni metri, con qualche facile roccetta e scendere brevemente alla croce di vetta del Medale ad osservare il panorama. Poi risalgo, sempre per facili roccette, alla piazzola di atterraggio per gli elicotteri, dove faccio una sana pausa sigaretta e mi prendo un po' di sole.

Dietro a me il percorso diventa estremamente evidente: si deve seguire per un po' la crestina di collegamento tra il Medale ed il San Martino fino ad un bivio, dove si prende a destra e si traversa fino ad imboccare il canalone che scodella sui prati sommitali del Coltignone.

Mi prendo, tuttavia, tutto il tempo necessario a gustarmi il panorama e poi, con calma, ridiscendo alla selletta e prendo la crestina. Un primo cimotto dev'essere letteralmente scavalcato con qualche roccetta, per poi scendere ad incontrare il bivio. All'altezza di questo, osservo la cima del San Martino ed il Crocione, dove svariate persone si sono ormai radunate. Io, finora, non ho incontrato nessuno...

Proseguo per il sentierino che, alternando brevi strappi in salita a lunghi tratti quasi in piano, traversa sotto il Dente del Coltignone. Incontro l'attraversamento di una vallecola, con un traverso un po "esposto", ovviamente attrezzato con cavo prima e catena poi. Al termine del primo cavo, sento rumore di passi... Osservo e cerco di vedere se, per caso, incontro qualche altro amante della solitudine.

Il rumore si ripete e mi rendo conto che non si tratta di un escursionista, ma di un magnifico esemplare di camoscio maschio che, altero, fiero e superbo, mi osserva come potrebbe essere osservata una cacca sul tappeto buono del salotto di casa. Si lascia fotografare, poi mi manda il suo classico "soffio fischiato" e, osservatomi di nuovo, se ne va allegro ed agile...

Estasiato da questo incontro, proseguo nel traverso e ben presto arrivo ad un punto in cui la pendenza aumenta e comincio a risalire il canalone. Qui riesco a vedere almeno tre o quattro serpi che, ovviamente, non amano fraternizzare con gli esseri umani e decidono di filare via prima che io possa osservarle ed identificarle... Peccato.

Il sentiero si fa sempre più ripido ed assume ben presto tutte le caratteristiche di Sentiero GAM (che non vuol dire Gruppo d'Alta Montagna, bensì Ginocchia al Mento). Osservo il fondo del sentiero che lascia capire come un tempo fosse stato tracciato ad arte, con tanto di "gradini" creati con fittoni e tronchi d'albero. Il tempo e le intemperie, evidentemente, hanno fatto il proprio sporco lavoro, tant'è che i tronchi si incontrano sparsi qua e là e - purtroppo - i fittoni sporgono di svariati centimetri, orfani di tutto, ma pronti a far inciampare o ad infilzare l'escursionista disattento... Mi viene in mente la famosa scena di Fantozzi che sale in sella alla bici proprio mentre il sellino era saltato via, adatto la scena ad un escursionista disattento che scivola sul sentiero e ci si siede sopra... Mi prende la classica "strizza di culo" e passo oltre, con circospezione, moltiplicando la mia attenzione.

La direzione è chiara: risalire il canalone verso una evidente caverna, visibile da molto più in basso. Poco prima della caverna, ho il tempo di osservare un magnifico rapace, presumibilmente un falco (ma non prendetemi in parola), che, dopo aver volteggiato sopra di me, si è fiondato per risalire con una serpe tra gli artigli... Spietato spettacolo della natura... Ma che meraviglia vedere come i rapaci si fiondano sulle prede...

Arrivo alla caverna, davvero carina. Sulla destra è evidente la catena che dà inizio al tratto attrezzato del Sentiero GER (ovvero Gruppo Escursionisti Rancesi), mentre davanti a me fa bella mostra di sè una madonnina (da queste parti è difficile trovare una caverna, un antro, una cavità senza una qualche immagine sacra). Il tratto attrezzato è in soldoni questo: si risale un piccola paretina da sinistra a destra e prendere una piccola cengia che poi diventa erbosa e che sale a prendere una rampetta, sempre attrezzata. Per una successiva rampa terrosa e rocciosa, si risale a prendere una sorta di rampa-canale roccioso ed erboso che deposita su una crestina, al cui termine le catene terminano e ci si trova sui pratoni sommitali del Coltignone.

Lo sguardo si volge ad osservare il panorama sotto ed attorno... Una meraviglia...

Non ero mai stato sul Coltignone, lo ammetto. Nemmeno dai Resinelli. Avevo visto che parlavano di Coltignone e Forcellino come di un belvedere privilegiato, ma avevo sempre rimandato la mia visita a questa cima fino al giorno in cui avrei avuto il tempo di salire per il sentiero GER. Ora ci sono salito e mi posso gustare il panorama su Lecco, sul Resegone, sul Due Mani, sul Lario... Sulla vetta nessuna croce, solo una panchina un po' malconcia. Ma tanto basta per una sana pausa panoramica da dedicare, citando il Fortissimo Gervasutti, a Madame Nicotina.

Bene, ridendo e scherzando è l'una. Sono partito che erano quasi le dieci, mi sono concesso lussi come fare foto e prendere il sole sul Medale... Ma ora, al di là del piacere dell'acqua e della banana premasticata, il mio corpo mi manda messaggi chiarissimi: "sei a solo venti minuti dai Resinelli... C'è birra fresca...". Impossibile e sbagliato resistere a simili richiami...

Dalla cima del Coltignone seguo il sentiero turistico, arrivando ben presto al bivio: a sinistra andrei per il Forcellino, mentre io prendo a destra, salendo verso cima Calolden (Paradiso), da dove, con una rapida discesa, arrivo al Museo delle Grigne ed all'ingresso del Parco Valentino. Da qui, purtroppo, mi trovo di fronte all'obbrobrio del grattacielo dei Resinelli, che lascio ben presto alle mie spalle. Raggiungo il piazzale e mi fiondo al bar. Una birrazza non me la toglie nessuno. Quattro chiacchiere col gestore, altra sigarettina.. Tiro le due. E' ora di scendere.

Torno sui miei passi fino al rifugio SEL e prendo il sentiero della Val Calolden. Questo ha per me un significato anche storico: ho letto che, fino alla creazione della strada che da Ballabio sale ai Resinelli, questo sentiero era l'avvicinamento alla Grigna e alla domenica molti erano coloro che, arrivati col treno a Lecco, salivano a piedi ai Resinelli per poi andare a salire sulla Cresta Segantini o sulle guglie della Grignetta... Altri tempi, quando farsi i duemila metri di dislivello era quasi la normalità e nessuno si lamentava perché non riusciva a trovare il parcheggio a due passi dall'attacco delle vie...
La Val Calolden, oltretutto, è di rara bellezza: segue per la sua interezza il letto del torrente, molto bello, fresco, con numerose pozze e polle da visitare e nelle quali, volendo, farsi un sano pediluvio. Un sentiero fresco e che, in meno di due ore, riporta a Laorca, dopo aver offerto, oltre alle succitate pozze, non pochi motivi di interesse dal punto di vista geologico (segnalati in modo adeguato dai cartelloni presenti).

Bene, manca poco alle 4, faccio a tempo a farmi ancora una birretta e poi via, in auto. Riesco ad accelerare e la superstrada è tranquilla: alle 5 precise sono pronto ad andare ad affrontare la seconda parte della giornata lavorativa... Anche se, a dire il vero, mi sono gustato, come sempre, la faccia del mio barista preferito che, a Milano, mi ha squadrato da capo a piedi chiedendomi se, per caso, fossi stato in montagna... "Ma no, così vaod sempre a lavorare" è stata l'ovvia risposta...

Anche oggi sono riuscito a "far manca" da Milano e non senza motivo... Sono riuscito, tuttavia, a mantenere gli impegni lavorativi ed a pasare una giornata che mi resterà sempre fissa nella memoria... Anche s,e una volta di più, mi rippongo la stessa domanda: ma perché i Lombardi pubblicizzano così poco le meraviglie che hanno a disposizione? Percorsi così, anche se a bassa quota, non hanno nulla da invidiare a molte zone ben più blasonate e pompate dalla macchina del turismo di massa...

Bah, misteri dei Lumbard... Mi limito a pensare "alla prossima" ed a rituffarmi nella quotidianità!





martedì 5 maggio 2009

BRADIPATA ALLA CRESTA GIUMENTA



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Cresta Giumenta, dal Magnodeno al Passo del Foo Domenica 3 Maggio 2009

Il fascino dei sentieri di cresta


Per un fotoalbum "commentato" dall'ottimo Bradiparazzo (Paparazzo Bradipo Ric54), cliccate qui

Domenica 3 maggio 2009, finalmente il meteo ha deciso di fare la personcina seria e, dopo un lungo periodo segnato da costante presenza di nubi fantozziane e precipitazioni copiose, ci ha regalato una giornata a dir poco favolosa nel Lecchese, luogo a molti caro ed eletto per l'occasione a sito deputato ad accogliere una sana Bradipata con la B maiuscola.

A Milano, piazza Udine, alle ore 7 quasi precise si ritrovano, con facce più o meno addormentate e con chiari tatuaggi da cuscino, Mario-Pallinogiallo, Stefano ed augusto genitore Andrea ed il sottoscritto. Partenza a "razzo" (nei limiti del sonno mattutino, ma la prospettiva di un sano caffè a Versasio ci ha dato la forza necessaria).

Arrivati a Versasio, troviamo subito Claudio - Antico 43, il nostro 4X4, arzillo e perfettamente sveglio... Arrivato con i due Zebri Miriam e Sandro, non abbiamo avuto il coraggio di chiedergli a che ora si fosse svegliato per essere a Lecco prima delle 8...

Al Bar Partenza della funivia, dopo aver salutato Antonio, l'impareggiabile gestore, troviamo subito i bresciani Armando ed Antonio, mentre di lì a breve fa capolino Riccardo-Ric54 che, dall'alto della sua statura, ci stava tenendo tutti sotto controllo (anche a lui non è stato il caso di chiedere a che ora si sia mosso... Voci incontrollate dicono che si fosse piantato in zona già durante la notte).

Squilla il mio telefonino... Un numero sconosciuto... Vedo una persona che mi viene incontro: è Andrea, bergamasco, che, non conoscendomi e non volendo fare brutte figure, per sicurezza ha chiamato per vedere chi fosse l'idiota che si sentiva telefonare...

Presentazioni, saluti, prima risate.

Sparati, ma con facce assonnate, sempre da Milano arrivano Cinzi con marito ed amico (che ribattezzeremo Cinzio e Cinzio-bis). Mentre anche loro vanno a fare caffè e tappa servizi igienici, la sorpresona... Arriva una moto con due persone ipervestite ed intabarrate... Sono EvaK e Danbear che, dopo aver disertato a parole la Bradipata in favore di sane arrampicate a livello del mare in Liguria, hanno ben pensato di evitare il traffico di rientro anticipando lo stesso di un giorno e facendo a tutti il regalo della propria presenza.

Per farla in breve, alle 08.15 circa sono pronti a partire per la Bradipata ben 16 Bradipi. Mancano, purtroppo, alcuni dei Bradipi fondatori, come Ale74 e Fede 94, Marco, il Fedipos... Ma sappiamo che ci saranno presto, per altre uscite.

La Bradipata odierna è (guarda caso) un meraviglioso percorso di cresta, con un semplice sentiero attrezzato che aggiunge una piccola ciliegina alla bellezza dell'itinerario. In più, è il "battesimo" ad un certo tipo di percorsi per Mario-Pallinogiallo, che, pur avendo scoperto da poco il mondo della montagna (è la sua settima uscita in assoluto), ha tutta la caparbietà e la passione per riuscire a godersi il tutto nonostante la grande fatica di chi sta cominciando.

Il primo tratto del percorso segue il sentiero 1 per il rifugio Stoppani ed il Resegone, per lasciarlo ben presto, ad un bivio, prendendo un sentierino delizioso che, quasi in piano, si tiene in costa in un boschetto di rara bellezza, per poi - dopo aver attraversato un torrente su un ponticello di legno - risalire con un piccolo strappo un po' più ripido e portarci all'amena località di Campo de' Boi, dove facciamo una prima "semitappa", buona per mettere indumenti più leggeri e preparare i bastoncini per la risalita fino al Magnodeno.

La risalita avviene, giustamente, a passo di Bradipo, tale, cioè da consentire la risalita senza infarto anche al vecchio Arterio... Il sentiero, a lungo nel bosco, sale con regolarità, senza essere mai troppo ripido. Ci concediamo, comunque, un paio di soste panoramiche (la solita scusa dei panorami per tirare il fiato) durante le quali fanno la propria comparsa le prime cibarie ed addirittura una boccetta con ottimo whisky... Non sono nemmeno le dieci e siamo già al whisky... Non male...
Decido di velocizzare l'arrivo alla croce ed al bivacco del Magnodeno, quindi inserisco le ridotte e parto. In breve, dopo un'ultima rampa un po' più ripida ed un meraviglioso costone con vista incomparabile sul Lecchese, raggiungo la croce di vetta, dove a breve mi segue tutto il gruppo dei Bradipi.
Inizia il primo sbragamento totale...
Ometterò di consegnare la contabilità delle cibarie scomparse durante questa breve sosta... Posso solo dire che, a parte qualche parola e qualche foto, per il resto l'unico rumore percepibile da parte dei Bradipi era quello delle mandibole... A parte la nota scofanatrice seriale Miriam-Zebra, si sono segnalati per voracità il giovane Stefano ed i Cinzi's....
Oltre alla mangiatoia, complice la presenza del bivacco aperto, si sono materilizzate (ed immediatamente vuotate) anche alcune lattine di birra... Il tutto sotto il sole cocente della brulla sommità del Magnodeno.

Ormai le dieci e mezza sono ampiamente passate... Decido di far "rispettare" in qualche modo gli orari indicati (sì, figurati...) e velocizzo la partenza verso la Cresta Giumenta. Il sentiero continua ad essere bellissimo: si abbassa di poco ad una selletta e poi, tenendosi sul versante di Erve, traversa in costa fino ad un bivio in cui si incontrano una panca ed una fonte. Andando a destra si andrebbe velocemente al rifugio Alpinisti Monzesi, mentre noi proseguiamo verso il sentiero attrezzato della Cresta Giumenta, al cui inizio troviamo il solito doveroso cartello che avvisa delle caratteristiche dell'itinerario e ricorda l'uso delle attrezzature.

Rapido briefing: essendo per molti la prima uscita con i Bradipi, invito chi non si sente sufficientemente sicuro ad imbragarsi, nonostante il sentiero attrezzato sia da considerarsi facile. C'è chi si imbraga e chi no, come spesso avviene. Dopodiché, inizia lo stupendo percorso di cresta che dal Magnodeno, passando per la cresta della Cima del Foo, chiamata Cresta Giumenta, porta alla Capanna Ghislandi al Passo del Foo.

Il percorso non è per nulla difficile tecnicamente, ma presenta numerosi passaggi esposti, dove un semplice scivolone avrebbe termine solo svariate decine di metri sotto, e richiede un minimo d'attenzione. Per Mario-Pallinogiallo, inoltre, trattasi della prima vera esperienza in "ferrata", che affronta con lo spirito giusto, con la caparbietà di chi si vuol divertire nonostante la fatica.
Il sentiero, all'inizio, è una teoria lunga di saliscendi, spesso non attrezzati, in cresta, con panorami a 360° tutt'intorno, dal prospiciente Resegone alla Valle di Erve, alle viste su Lecco, sulle Grigne, la Brianza e poi oltre, fino a vedere le Orobie Occidentali e gli ancora innevatissimi Legnone e Pizzo dei Tre Signori...

Poco prima della cima del Foo, massima elevazione del percorso a 1348 metri, la cresta ha una piccola impennata: si tratta di risalire un paio di canalini ed un paio di crestine, dove la maggior difficoltà non sta nei pochi passaggi su roccette, quanto nella friabilità della roccia, che costringe ad un esame preventivo di ogni appoggio ed appiglio. In breve, comunque, dopo un altro paio di saliscendi in cresta ed alcune roccette, ci si ritrova ai piedi della croce di vetta.

Inizia così il "momento litania". No, non sto parlando di un momento di raccoglimento spirituale...
Parlo delle litanie provenienti soprattutto da Stefano e dal padre Andrea che, dotati di fisico longilineo tipico di chi tanto brucia, sono persone dotate di appetito formidabile e frequente... Inizia la litania che, più del Bradipo, sa del Piranha... Si associano anche i Cinzi's... Armando ed Antonio, ma anche l'ottimo e saggio Riccardo, sembrano essere d'accordo sulla necessità di ritemprare lo stomaco più che lo spirito...

Decido di passare oltre, dopo essermi accertato che Mario, Sandro e la Miriam, ottimamente seguiti da Daniele ed Eva, stiano arrivando. Il tratto successivo, peraltro, presenta, dopo una discesina appena ostica, la risalita di un canalino con l'unico passaggio classificabile come "mediamente difficile" di tutto l'itinerario. Il passaggio, peraltro, è tranquillamente evitabile seguendo il sentiero alla sua destra, che si ricongiunge dopo una trentina di metri, lì dove inizia la brevissima discesa alla capanna Ghislandi.

In breve, ci troviamo fuori dal sentiero attrezzato in un gruppetto comprendente, oltre al lentissimo Arterio, Antonio, Armando ed i velocissimi e voraci Stefano ed Andrea. Osservo i miei quattro cpmpagni di accelerata e li invito a scendere ad attendere il gruppo al rifugio... Consiglio che, dato il brontolio di stomaco, accettano al volo... In particolare, stupenda è stata l'ammissione di Andrea che, da buon padre, fino a quel momento aveva tentato di tenere "tranquillo" l'ottimo Stefano: mi guarda e, a metà tra la scusa e la complicità, mi dice "Madonna, Luca.. C'ho 'na fame...".

Li seguo ridendo mentre scendono. Di lì a poco - giuro! - mi pareva di sentire distintamente il rumore delle loro mandibole.

A breve mi raggiungono anche Cinzi, Claudio-Antico ed Andrea il bergamasco... Anche Cinzi ed Andrea si avviano, proprio mentre sopraggiungono anche i due Cinzi's Boys. Anche loro scendono con lo sguardo tipico del leone che si avvia a sbranare l'antilope, mentre io e Claudio, tranquilli, ci mettiamo a prendere il sole e ad attendere Riccardo che, con Eva e Daniele, segue l'arrivo di Miriam, Sandro e Mario.
Vengo a sapere, non senza qualche dovuta risata, che il buon Cinzio, vuoi per il sole, vuoi per la scarica di birre e whisky, sulla Cima del Foo si è fatto un sano pisolino da un quarto d'ora... Lo invidio...

A breve, compaiono allegri e festanti Riccardo, la Miriam e Sandro, mentre subito dopo, caparbio e soddisfatto, accompagnato dagli angeli custodi Daniele ed Eva, Mario può finalmente togliersi l'imbrago e ricevere le pacche sulla spalla da tutti noi: alla sua prima ferrata, nonostante - dice lui - avesse davanti a sé in certi momenti immagini della Madonna e di tutti i Santi in colonna... Beh, è arrivato e si è divertito come un bambino!!!

In pochi minuti ci ritroviamo tutti al Passo del Foo, dove lo sbragamento è completo e totale: dagli zaini compaiono leccornie varie e le chiacchiere sono poche... Si sentono denti ferini, degni più di stare nella bocca di un Piranha che di un Bradipo, ma è bello così. Complice l'apertura della Capanna Ghislandi, compaiono anche altre birre...

Originariamente, qualora fossimo stati più rapidi (ma non ne sarebbe valsa la pena, troppo bello così), saremmo potuti salire per la Ferrata dle Centenario, ma ormai sono quasi le due e conviene scendere.
Approfitto della presenza di un paio di innocue nuvolette per lanciare il solito allarme meteo, cui nessuno crede ma che è sempre utile. Partiamo dal Passo del Foo, direzione capanna Stoppani...
La discesa è molto carina, in mezzo al bosco, talora un po' fangosa, ma sufficientemente rapida. Arriviamo alla confluenza col sentiero 1, dove ci aspettiamo (dato che c'era il sonoro rischio di sbagliare sentiero, visto che non tutti i bivi sono segnalati...).
Nelle vicinanze del rifugio Stoppani, veniamo quasi travolti da un gruppo di ragazzini con accompagnatori, intenti a vociare e cantare come i bambini sanno fare... Decidiamo di tirare rapidamente dritto, così alcuni volonterosi mettono la quarta e si lanciano a capofitto nella discesa...
Rapidamente (ma non troppo), il gruppo si ricompatta al bar Partenza Funivia, dove, finalmente i Bradipi danno il peggio di sè con la famosa e doverosa birra finale...

Purtroppo, è domenica ed è giorno di ritorno dal ponte del Primo Maggio....

Miriam, Sandro e Claudio devono tornare nel Veneto, così come Daniele ed Eva devono essere per tempo nel Bresciano, quindi cominciano con i saluti. A breve anche Andrea decide di partire per la Bergamasca, prima di trovarsi imbottigliato nel traffico che attanaglia regolarmente i pochi chilometri che separano Lecco da Bergamo.
A breve, necessariamente, decide di andare ad affrontare il traffico anche Riccardo, che deve tornare nella Bresciana, così come il Cinzi's Group, che è particolarmente preoccupato dal ritorno a Milano...
Rimaniamo in sei: io, Mario, Andrea padre e Stefano figlio... Giusto il tempo per mettersi d'accordo con Armando e Antonio, altri due "potabili" (cioè bresciani) per una possibile Bradiposcammellata per il giorno 13 di maggio sul Canalone Belasa e traversata dei Corni (con adeguata tappa gastronomica al SEV Pianezzo).

E'l'ora del rientro... Felici, allegri come Pasque, saliamo nelle rispettive automobili e partiamo verso il vero passaggio-chiave della giornata, ovvero il traffico... A parte un imbottigliamento all'altezza dell'uscita per Briosco, causato da un gran brutto incidente, riusciamo tuttavia a far ritorno a Milano per le sei, onde evitare troppe parolacce da parte di chi ci stava attendendo a casa.

In attesa di organizzare la prossima Bradipata, cui si spera potranno partecipare Marco, Alessio, Filippo e gli altri Bradipi e/o simpatizzanti, non mi resta che ringraziare tutti: Andrea e Stefano, simpaticissimo duo padre-figlio; Andrea il bergamasco; Armando e Antonio da Brescia; Miriam e Sandro, arrivati dal Veneziano e Claudio dal Vicentino; Daniele ed Eva che ci hanno fatto la sorpresa, graditissima; Il Cinzi's Group, alla prima uscita con i Bradipi (e si spera sia solo la prima di tante); il grande (in tutti i sensi) Riccardo, simpaticissimo e innamorato delle montagne; soprattutto, un benvenuto ed una pacca sulla spalla a Mario, alla sua settima uscita in montagna in totale, prima "ferrata" della sua storia, durante la quale ha mostrato caparbietà e vera passione.

A tutti voi, per aver sopportato la lentezza e la pesantezza (soprattutto per la vostra pazienza) del Bradipo Arterio, un grazie per la giornata ed un arrivederci alla prossima!!!





sabato 2 maggio 2009

CIMA CAPI E CIMA ROCCA: SUI SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA




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Cima Capi e Gallerie di Cima Rocca Venerdì 24 Aprile 2009
(di Ric54/Riccardo)


Venerdi 24 aprile , vuoi per l’insonnia vuoi per la voglia di fare un giro in montagna, alle 3.30 sono sul balcone di casa a scrutare il cielo

Non è per niente bello, però non piove! Alle 4.30 sono seduto in macchina e con grande ottimismo prendo la direzione di Riva del Garda, destinazione Cima Capi. Poco dopo Brescia comincia a piovere ma non mi lascio impressionare e continuo ;arrivato a Salò piove decisamente bene ma decido di continuare lo stesso, al massimo resterò chiuso in macchina un paio d’ore e poi tornerò a casa, ma per principio non prima di mezzogiorno.

Invece, man mano che mi avvicino a Riva, il cielo si schiarisce, ormai è l’alba,l e nuvole scompaiono e arrivato a Riva prendo per Biacesa. Alle 6.30 parcheggio vicino al piccolo parco giochi, nel centro del paese, mi cambio, faccio colazione e alle sette sono in cammino verso Cima Capi.

La temperatura è fresca (6 gradi) ma poi fa capolino il sole e la giornata - partita malissimo - diventa semplicemente meravigliosa. Comincio col prendere il sentiero 470 (detto Senter del Bech) che mi porterà dolcemente e con parecchi saliscendi all’attacco della ferrata F. Susatti; questo primo pezzo è un buon riscaldamento per un “diesel” come me.

Numerosi sono i balconcini che danno sia sul lago che su Biacesa e già si vedono le prime trincee e postazioni scavate nella roccia, obbligandomi a fare un sacco di fotografie. Il sole che si riflette sul lago mi offre un panorama mozzafiato, ho camminato per un’ora e mezza fino all’attacco della ferrata e non me ne sono reso conto.

Armato di tutto punto, incomincio la ferrata che non è mai troppo impegnativa, tutti i vari passaggi scorrono via bene, forse in due punti bisogna stare più attenti ma nulla di difficilissimo. Ci metto un’ora a fare la ferrata, con tanto di soste per ammirare quello che mi circonda e, arrivato in cima, firmo il libro di vetta con un certo orgoglio e molta soddisfazione.

Qui mi concedo mezz’ora di pausa per mangiare qualcosa e per fare due telefonate, una a casa per dire che tutto va bene e l’altra a Fedipos che tra una serie di delicati convenevoli, quali : “che cazzo fai di venerdi a Cima Capi?” e “sei un bastardo che non mi chiede la consulenza!” mi dà qualche prezioso consiglio per il ritorno.

Da buon boy-scout ho sempre il coltellino, l’accendino e la pila e quest’ultima è indispensabile per fare le gallerie e i vari camminamenti della prima guerra mondiale. La Grande Guerra. L’idea mi affascina e cosi, lasciandomi Cima Capi alle spalle, comincio a scendere lungo il crinale e, poco dopo aver oltrepassato il piccolo spiazzo che serve da punto di atterraggio per gli elicotteri, il sentiero comincia di nuovo a salire e si arriva a un bivio; seguendo le dritte di Filippo prendo a destra per il sentiero 405 lasciando a sinistra una trincea di cemento che è l’inizio del sentiero attrezzato M. Foletti, sentiero 460, che porta al rifugio, alla chiesetta ed a Biacesa.

Il sentiero 405 non è altro che l’inizio dell’anello intorno a Cima Rocca: il sentiero è attrezzato ed è molto panoramico, ci sono bei strapiombi, però sempre fatti in tutta sicurezza, il cavo d’acciaio non manca mai e nei punti più brutti ci sono scalini in ferro; si continua anche qui con saliscendi fino ad arrivare dopo una salita a Bocca Pasumer. Altro bivio: a destra si scende e si va in direzione di Riva del Garda; a sinistra, invece, si prende il sentiero 471 che porta alle gallerie e ai vari camminamenti della guerra.

Qui si cammina spesso in cresta e molte volte all’interno delle trincee fino ad arrivare quasi a dieci minuti dalla vetta, tramite un sentierino che si stacca dal 471, continuando si arriva invece all’inizio delle gallerie. Un cartello indica le precauzioni da prendere e da un’ ora per il tempo di percorrenza; cambio le batterie e parto per questa nuova esperienza.

La solitudine che mi accompagna per questi tunnel bui e umidi in un primo tempo mi angoscia un’pò, ma poi lascia il posto alla curiosità e alla immaginazione e quasi sono contento di essere solo e di lasciarmi invadere da queste emozioni e dalle sensazioni che questi resti storici riescono a darmi. Cantando in un coro alpino, canto spesso le storie e le battaglie della Grande Guerra e oggi mi trovo praticamente a casa del “nemico”, quello con cui i nostri nonni e bisnonni hanno combattuto; è una sensazione molto strana quella che mi prende, vengono a galla nella mia mente un mucchio di sentimenti e di emozioni ma su tutto prevale una cosa: il rispetto! Rispetto per quei poveri soldati che quasi cento anni fa popolavano queste gallerie come tante formichine, rispetto per i vinti come per i vincitori in quanto secondo me perdenti tutti e due. Ho imparato di più oggi, in un’ora di gallerie che leggendo i libri di storia a scuola pieni di nomi e di date.

Dentro e fuori dai tunnel e dalle botole e di nuovo alla luce del sole con Cima Capi di nuovo ben visibile, ho quasi completato l’anello intorno a Cima Rocca e comincio a scendere sempre con sentiero attrezzato verso la chiesetta di S. Giovanni (nel frattempo trovo un altro libro di vetta o di discesa, dipende da che parte si arriva).

Dalla chiesetta si è a due passi dal rifugio, ma non ho voglia di vedere nessuno, ho ancora la testa nelle gallerie e quindi prendo il sentiero attrezzato delle Laste che mi riporta a Biacesa in un’ora l’alternativa era il sentiero classico in 50 minuti. Praticamente, oltre alla ferrata , ho sempre camminato su sentieri attrezzati e devo dire tutti ben tenuti: quello delle Laste sembrava seminuovo talmente era perfetto.

Alle ore 12.30 sono alla macchina, il sole non mi ha mai abbandonato l’escursione è stata fantastica, le gambe hanno fatto il loro dovere e lo spirito è alle stelle! Consiglio questa escursione ai principianti (accompagnati) e a tutti per la bellezza dei luoghi e dei panorami nonché per l’interesse storico. Una pagina di storia che è bene non dimenticare mai.