Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

Lenti come bradipi per poter gustare al meglio, in sicurezza, quanto la montagna può offrire a chi sa osservare e gustare.
Riflessioni, foto, rimandi a fotoalbum, link a siti utili...
Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

mercoledì 8 aprile 2009

DA MOLVENO AL PEDROTTI OVVERO UNA "SIMPATICA" AVVENTURA ESTIVA


Martedì 29 luglio 2008 Giuseppe ed io ci siamo svegliati di buon mattino, abbiamo fatto colazione in albergo verso le otto e ci siamo messi in movimento verso la cabinovia che da Molveno porta a Pradel.
Alle otto e mezza, circa, siamo sulla cabinovia che, in breve, ci porta ai 1346 metri dell’altopiano del Pradel, superando così i primi 478 metri di dislivello.
Dopo aver regolato gli altimetri ci mettiamo in cammino lungo il sentiero 340, che ad un certo punto si unisce al sentiero 340b “delle grotte”, attraversiamo il Pian del Bracon e il Tovo dell’Orso, con bei panorami sulla Val dell’Orc, passiamo attraverso la Busa del Marocaz e le Seghe del Marillon, camminiamo sotto l’imponente parete del Croz dell’Altissimo fino ad arrivare all’omonimo rifugio (1.480).
Una breve pausa al rifugio e poi si riparte con destinazione il rifugio Tommaso Pedrotti. Oltrepassiamo il greto del torrente mediante un ponticello sospeso ed incrociamo il sentiero della Val Perse, saliamo e proseguiamo verso sinistra lungo il sentiero 340. Passiamo sotto i fianchi delle laste di Castello e al Castello dei Massodi Alto, fino ad arrivare ai 1.630 metri del rifugio Selvata.
Altra brevissima pausa e poi torniamo a salire per raggiungere quello che abbiamo identificato come meta della nostra ascensione, il rifugio Pedrotti.
Imbocchiamo il sentiero 319 che sale, ripidamente, sotto la cima delle Fontane fredde, lungo diversi tornanti attraversiamo il pendio mugoso fino a raggiungere il Baito dei Massodi (circa 1.990 metri d’altezza). La salita continua, tra dossi erbosi e vallette, fino ad arrivare nei pressi del rifugio Tosa, che lasciamo alla nostra destra per andare a superare l’ultimo gradino roccioso che ci porta al rifugio Pedrotti.
A questo punto ci siamo presi una bella pausa per recuperare le energie, bevuto una buona birra fresca e messo qualcosa sotto i denti.
Terminata la pausa ci dirigiamo verso Bocca di Brenta (circa 10 minuti dal rifugio) per ammirare il suggestivo panorama, scendiamo qualche decina di metri (complice un’errata interpretazione delle tabelle segnavia) lungo il pendio innevato ed arriviamo all’attacco della via delle Bocchette Centrali. A questo punto, resici conto dell’errore, ritorniamo sui nostri passi. Troviamo, non senza difficoltà, le indicazioni riguardanti il nostro sentiero di rientro, il sentiero Palmieri (parte). L’idea per il rientro era di seguire il sentiero Palmieri fino alla Forcolotta della Noghera e poi imboccare il sentiero della Ceda e rientrare a Molveno.
Trovato l’imbocco del sentiero c’incamminiamo sotto la parete rocciosa di Cima Brenta Bassa lungo il sentiero Brentari, affrontiamo un simpatico risalto roccioso fino ad incrociare (ed imboccare) il sentiero Palmieri (n° 320) che costeggia il margine superiore dell’enorme conca dolinica della Pozza Tramontana.
Scendiamo fino ai piedi della cima Ceda per poi risalire, attraverso numerosi tornanti, fino ad una forcella (c.a. 2.400 metri) dove noi proseguiamo sul sentiero 326 della Ceda.
Di qui scendiamo fino al passo di Ceda (2.223 metri) che ci fa uscire dalla pozza Tramontana e ci fa entrare in un immenso prato fiorito.
Scendiamo costeggiando alcune pareti rocciose fino ad entrare nel bosco, dove il sentiero prosegue ripido e gradinato fino ad una comoda mulattiera.
Seguiamo per un buon tratto la mulattiera fino ad imboccare il sentiero che, in pochi minuti passando per il Croz dei Pegoloti, ci riporta a Molveno.

Piccola nota avventurosa: All’altezza del bivio tra il sentiero 320 e 326 si è scatenato un bel temporale, con pioggia e grandine, che ci ha accompagnato per buona parte del rientro. Ci siamo riparati, appena possibile, sotto una roccia sporgente nell’attesa che smettesse di piovere.
In conclusione, il trek è stato molto bello ed emozionante, con un rientro in ambiente selvaggio.

martedì 7 aprile 2009

LA LONGA


Visto che il tempo (sia meteorologico sia fisico) non permette molto altro di più, vi racconto l'ultimo pomeriggio passato in compagnia di colleghi (ma forse è meglio dire amici visto che non si lavorava) a Stallavena.

Come ormai di consueto il venerdì pomeriggio (visto l'alto numero di ferie e permessi accumulato) è stato consacrato all'arrampicata sportiva (prima indoor e poi outdoor) ed infatti anche venerdì scorso (3 aprile 2009) appena scoccate le 13:00 siamo schizzati in macchina con destinazione la falesia "Castel" di Alcenago, conosciuta anche come palestra di roccia di Stallavena.
Verso le 14:00 siamo alla base della lunga parete, una breve consulta per decidere da quale settore cominciare e poi via verso il settore Longa, passando sotto la Palestrina (brutti ricordi) e alla Peruviana.
L'obiettivo primario della giornata è la via "La Longa", 70 metri di via suddivisa in tre lunghezze di corda (anche se in realtà il secondo tiro è un brevissimo tratto di collegamento tra la prima sosta ed il camino finale) con difficoltà tra il 4b e il 4c.
Una accurata controllata al materiale necessario, lista di quello che serve appendere all'imbrago, "servono 2 moschettoni e 1 piastrina" - "Facciamo che porto 3 moschettoni e 2 piastrine" - "Va bene ma porti peso in più" - "Ok dai allora metto su anche il 4 moschettone e uno di scorta che non si sa mai, metti che poi uno mi cade.....nel dubbio....".
Siamo pronti, piccolo briefing sulle manovre di assicurazione in sosta e si parte per il primo tiro.
Occhio vigile sul compagno che sta salendo, agile e leggero, ad aprire la via e poi via, tocca a me salire il primo tiro. Roccia molto bella (un pochino umida però....ha piovuto fino alla sera prima), prese fantastiche, salgo abbastanza in scioltezza e molto lentamente, controllando ogni appoggio da caricare ed ogni appiglio da tirare, un passettino ostico giusto un paio di metri prima di iniziare il bel traverso che porta alla prima sosta. In ogni caso, mi sistemo in posizione di riposo, studio il passo e poi via deciso fino alla sosta.......
Arrivato in sosta, passo il materiale recuperato a Sergio (il mio compagno di salita o meglio il primo di cordata), due parole sull’attrezzaggio fisico della sosta (così, tanto per dare un esempio pratico alla teoria) e poi via per il secondo tiro (che diventerà poi l’ultimo visto che la sosta del secondo tiro è poco distante da quella del primo e non molto lontana dalla chiusura della via).
Qui riscontro il primo vero problema della salita, fatti i primi metri e girato lo spigolo non riusciamo più a sentirci e quindi la comunicazione diventa un momento difficile, cosa fare? Semplice, ho mantenuto la corda con una tensione costante e continuando a dare corda in modo da mantenere l’arco che avevo stabilito avere un buon margine di sicurezza in caso di caduta.
Il problema della comunicazione difficile ha rivelato la sua vera natura quando sono partito io e ho dovuto “mollare” tutto per essere poi libero di salire, devo affermare che sfilare un moschettone da due corde in tensione non è proprio la cosa più semplice della terra, ho dovuto fare ponte con le dita……Comunque, superato questo inghippo parto per il tiro, affronto il secondo traverso abbastanza tranquillamente fino al camino finale.
Devo dire che, prima di iniziare a salire il camino, mi sono fermato ad “ammirare il panorama”…più che altro a pensare al vuoto che c’era sotto…..un bel saltino devo ammettere……In ogni caso si deve salire quindi via, spaccatona verso destra piede sinistro sulla parete dietro e poi su in opposizione, un passo via l’altro, faccia prima verso la parete destra e poi verso la parete sinistra, qualche valutazione per capire come massimizzare il rendimento e minimizzare lo sforzo e poi su in catena, due parole con Sergio per capire come meglio posizionarci in sosta.
Mi assicuro alla sosta, un breve ripasso sul come attrezzare la “doppia” per la discesa e poi iniziamo la calata, prima Sergio e poi io, obiettivo la sosta intermedia, qual’ora non si riuscisse ad arrivare fino alla base. Una volta arrivato all’altezza della sosta intermedia, Sergio verifica che la calata può essere fatta con una unica lunghezza e scende.
Ora tocca a me.
Preparo le corde per la discesa ed inizio la mia prima vera discesa in corda doppia, teorizzata tante volte ma applicata mai.
Devo dire molto emozionante.
Terminata la discesa raccogliamo i materiali e ci spostiamo verso il settore Peruviana per altri tiri, ma questa è un’altra storia…….

mercoledì 1 aprile 2009

ITINERARI PRIMAVERILI: LO ZUCCO DI SILEGGIO


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Zucco di Sileggio e Val d'Era 18 Marzo 2008 (una passeggiata da consigliare)



Grignetta e Grignone presentano zone ancora relativamente poco frequentate, almeno se messe in paragone con altre zone o versanti che, nei giorni di festa e non solo, vedono vere e proprie invasioni. Eppure, per gli amanti dell'escursionismo, la zona che dalla Val d'Era sale verso il Sasso Cavallo o verso il Rifugio Elisa presenta possibilità infinite di effettuare lunghe passeggiate con dislivelli importanti e con panorami di incomparabile bellezza, tra la dolomiticità di Grignetta e Grignone e l'azzurro del Lario.

L'anno scorso, alla ricerca di un itinerario a bassa quota che mi permettesse di sgranchire le gambe, il mio sguardo, come sempre voglioso di nuovi itinerari, si è posato sulla cosiddetta "ferrata" allo Zucco di Sileggio... A dire il vero, vedere due lunghe scale non è propriamente il miglior biglietto da visita per ispirare il mio interesse: generalmente, se mi va di andar "per ferri", cerco itinerari in cui cavo o catena fungano da solo ausilio per l'autoassicurazione, evitando quegli itinerari in cui la presenza di troppi pioli o scale "snaturi" il tutto.

A rendermi assolutamente desideroso di effettuare quella gita, invece, più che il desiderio di salire su quella ferratina era la posizione... Mille metri di dislivello per salire su un cimotto che prometteva davvero molto bene in termini di panorami.

Approfittando del solito "buco" di metà settimana, riesco a partire presto da Milano ed a giungere altrettanto presto a Mandello. Qui trovo una pasticceria che fa al caso mio, provvedo ad immagazzinare zuccheri (il che, tradotto, vuol dire che mi strafogo di dolci), controllo di avere abbastanza acqua con me e mi dirigo a parcheggiare a Sonvico, sopra Mandello.

Un bellissimo sentiero, acciottolato, carico di storia e di floklore locali, porta abbastanza rapidamente al bel complesso di Santa Maria. Già qui una prima sosta è d'obbligo per osservare il panorama che si apre verso il Lario, mentre davanti torri e torrioni della Grignetta si preparano a lasciar spazio all'incomparabile ed avvincente bellezza del Sasso Cavallo e della Cresta di Piancaformia.

Dietro la chiesa, fatti pochi metri, un cartello invita a salire. Inizia un sentiero invero ripido, che guadagna rapidamente quota, fino ad incontrare una prima catena, del tutto priva di ragion d'essere in estate. Potrà essere utile, forse, in caso di neve o bagnato... Continuo a salire, sempre su pendenza sostenuta, fino a raggiungere, dopo una traversatina un tantino esposta su terreno un po' "guanoso", lo Zucco di Tura, dove faccio una prima sosta.

Lo Zucco di Sileggio è davanti a me, bello, invitante e simpatico. Il panorama, d'intorno, si fa via via più interessante. Complice un minimo di vento, la visibilità è davvero buona e cominciano a fare capolino i vari 4000 della non lontana Sc'fizzera. Riconosco il Rosa, il Dom, il Mischabel, fino al Finsteraarhorn...

Proseguo, allegro. Sono solo, non incontrerò nessuno per tutta la giornata. Mi dirigo verso la cuspide dello Zucco di Sileggio, invitante. Il sentiero è ora in cresta con un paio di piccoli saliscendi. Dopo poco, vedo un cavo che scende verso la Val d'Era. Hanno fatto le cose in grande, evidentemente per assicurare il percorso anche con la pioggia...

Ancora pochi minuti e, proseguendo, davanti a me una paretina sembra, più che sbarrare il passo, invitare a salire in modo aereo. Un po' a destra della catena gli appigli non mancano, salgo leggero, sorridendo, a ritrovare un sentierino che mi accompagna dolcemente alla base della parete sommitale. Davanti a me le due scale, piuttosto lunghe e verticali. Me le mangio in breve, divertendomi, nonostante non ami i percorsi "da pompiere".
Le scale lasciano quindi spazio ad un paio di metri con catene e poi, dopo una brevissima crestina, la cima dello Zucco: qui il panorama è davvero grandioso... Il Lario sotto di me, la Corona dei Quattromila d'attorno e, girandomi su me stesso, il Grignone e la Grignetta a fare da bastionata verso Est. La Cresta di Piancaformia e la cresta Segantini, ancora in abito invernale, sono un vero e proprio richiamo per gli amanti della montagna.

Alcune foto, mangio qualcosina, bevo, sfumacchio la cicca di vetta e giù, poch metri, ad osservare il nuovissimo bivacco, inaugurato da poco. Da lì un sentiero un po' ripido, evitando qualche chiazza di neve residua, mi accompagna alla Bocchetta di Calivazzo. Sempre ripido, ma estremamente ben segnato e senza problemi, il sentiero si porta a Era Alta, un complesso di baite davvero da visitare. Mi fermo ad osservare la primavera che si avvicina e poi, con calma, mi dirigo sul sentiero che, senza scendere ad Era, traversa tenendosi alto fino a confluire, poco sopra Santa Maria, sul sentiero turistico normale per Era.

Una piccola visita a Santa maria e poi giù, di nuovo a Sonvico.

Non ci sono volute molte ore: i sentieri, ripidi anche se ben segnati, "costringono" a bersi in fretta i dislivelli, che, peraltro, non si sentono, talmente si è presi dal mutare dei panorami d'intorno.

Lo sguardo va ora ad un itinerario futuro, ovvero dallo Zucco di Sileggio al Monte Pilastro ed alla Bocchetta di Prada, tutto per cresta...
Ma questo sarà un capitolo futuro della conoscenza di un angolo delle Grigne che, seppur frequentato dai locals, sembra essere quasi dimenticato dalle pubblicazioni a stampa o in Internet e, ancor di più, dal grande escursionismo di massa.

Alla prossima...