Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

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Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

martedì 24 febbraio 2009

GRIGNA MERIDIONALE - CRESTA SINIGAGLIA


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Grigna Meridionale, Cresta Sinigaglia - 21 Febbraio 2009







La mia prima salita invernale in Grignetta.
La mia prima salita alpinistica in generale.
Giornata fantastica e itinerario super.

Basterebbe questo per descrivere il mio stato d’animo quando, dopo la classica birra al Forno della Grigna, in auto mi volto a dare un ultimo saluto alla Grignetta.
Invece no, perché tante immagini affollano la mia testa, la faccia brucia del sole che per tutto il giorno ho preso con il riverbero di quella neve ormai pesantemente trasformata. Gli occhi ora ridono, certo molto più di quando, negli ultimi tratti di cresta, ho appreso che avremmo dovuto scendere due paretine (con neve) in disarrampicata. Più di quando mi sono trovata su una lama affilata con un vallone che porta dritto ai Resinelli a sinistra e al Pialeral a destra, 1000 metri sotto.

Arriviamo la mattina al Forno della Grigna di buon’ora, intorno alle 8. Abbiamo in mente un paio di itinerari, ma visto l’inverno anomalo, ci riserviamo di decidere una volta sul posto, dopo aver chiesto pareri ai locals. Finisce che scegliamo la “terza via”, parlando con una persona che in Grignetta sale anche un paio di volte la settimana, e che ci consiglia la Sinigaglia come più bell’itinerario per salire in vetta, più alpinistico del CAIMI e in buone condizioni. Ci guardiamo in faccia e decidiamo al volo.

Partiamo a piedi per la stradina che conduce alle ultime baite, prima dell’inizio della traversata bassa. Fino a che non scorgiamo chiaramente la cresta che si staglia contro il cielo. Saliamo faticosamente un prato, dove la neve a tratti arriva al ginocchio. Eh sì, le previsioni sono indovinate: c’è il sole e fa davvero caldo. Oggi bisognerà stare attenti, che la neve mollerà presto.
Quando raggiungiamo il filo di cresta ci prepariamo per la salita vera e propria: indossiamo imbraco con ninnoli annessi, qualche fettuccia a portata di mano, e corda pronta nello zaino.
Fa davvero caldo, complice la salita su prato ripido, siamo già sudati. Ora inizia la salita vera e propria, si sale puntando a un gruppo roccioso, anche se purtroppo i ramponi affondano nella neve. Nel frattempo ci raggiunge il signore che al Forno ci ha consigliato la Sinigaglia. Da quel che abbiamo sentito da lui, ha tutto il diritto di superarci…. Odio di colpo chi abita in montagna e appena si libera dal lavoro ha tutto questo ben di Dio a portata. Sempre allenati. Uffa.

Io e Daniele arranchiamo sotto il peso dello zaino, del sole e della settimana lavorativa. E soprattutto sembriamo due bambini al parco giochi, continuando a roteare la testa per guardarci intorno (e fotografare!).
Finite le forze in eccesso che permettevano di continuare a roteare al testa e bearsi del panorama, iniziano i tratti più esposti. Tutta la concentrazione è sul mettere il piede esattamente al centro di quei 20 cm che è larga la cresta. Sono pochi passi, una decina di metri, ma delicati.
Porta avanti il piede, trova la posizione. Prova la tenuta (ok, affonda), vedi fino a quando il piede è stabile, prova a caricare. Carica. Vai. Ripeti con l’altro piede.
Questa è la sequenza mentale e fisica con cui si procede. Poi la cresta si allarga….ah. che bel. Mi giro e fotografo Daniele che ripete la mia stessa sequenza funambolica. Nel frattempo riesco a trovare spazio in testa per pensare alla Biancograt, e cerco di convincermi che tutto sommato questa per un vero alpinista è una passeggiata, quindi mettere via la paura cattiva (che è sempre lì in agguato) e tira fuori la concentrazione che serve, la paura “buona”.
Fine primo tratto esposto. Pausa tè e fotografie. Eh già: perché nel frattempo siamo arrivati all’altezza dei “nostri” torrioni Magnaghi. Ci riposiamo un po’ con la scusa di riguardare le vie di roccia salite la scorsa estate. Che bello vederli ora, con la sommità incappucciata di neve.
Poco dopo un secondo tratto (più lungo) in grande esposizione. E pensare che almeno un paio di volte questa cresta l’ho percorsa in estivo in discesa ed era poco più che una passeggiata.
Si prosegue come sopra, e siamo tra il Secondo e il Terzo Magnaghi. Altro goccio di tè, e alla mia sinistra, dall’alto sento arrivare delle voci (uno mi sembra che dica: ma che bello!). Mi volto e vedo due alpinisti sul Secondo Torrione: ci chiediamo chi abbia il coraggio e la voglia di salire con neve e farsi una via che con buone probabilità avrà del ghiaccio o neve nelle prese, sicuramente innevata in cima (poi scopriamo che uno dei due è attualmente il più famoso alpinista lecchese).
Riprendiamo a salire. Un piede affonda e di colpo mi trovo incastrata fino alla vita in un ponte di neve. Mi rassicuro quando vedo l’erba qualche cm più basso del mio piede... nel frattempo Daniele si è spaventato parecchio, ma con un bastoncino mi aiuta a tenermi in equilibrio e risalire.
Uff. Occorre prestare attenzione a tutto, il problema è che spesso i ponti di neve sono completamente coperti e quindi irriconoscibili. Sono molti, soprattutto nella parte alta della cresta, che è più rocciosa. Più avanti ne troveremo di parzialmente scoperti, quindi tranquillamente aggirabili.

La cresta volge verso sinistra, aggira il Terzo Torrione Magnaghi da dietro, fino ad arrivare all’uscita del Canalone Porta. Qui non si segue il filo di cresta (roccioso), ma si sta appena più bassi, sulla sommità di un pendio dall’aria poco invitante (in sostanza è il vallone che dalle pendici della montagna sale tra la cresta e i Magnaghi). Prima di traversare, ci voltiamo a guardare il Grignone, con il Rifugio Brioschi visibile in cima, la Cresta di Piancaformia (quella sì che è tosta davvero! , e la cresta già fatta dove corre la ferrata del Sasso Carbonari). Bello…. Poi si vedono i puntini degli sciatori che salgono sul versante sud.
Riprendiamo la marcia con molta attenzione. Finisce anche questo, ora siamo su quanto già conosco per averlo salito in condizioni estive: dall’uscita del Porta, un paio di risalti tipo panettoni, poi l’ultima paretina attrezzata con catene e dovremmo essere in vetta.
Sbagliato.
Passato il primo panettone, occorre scendere per aggirare uno sperone. Discesa in disarrampicata, su cui inizio a sprecare forza per piantare la picca (che è più vantaggioso tenerla sotto la becca e non per l’impugnatura lo apprenderò solo una volta in macchina…..). Comunque la pianto bene, visto quanta fatica faccio per toglierla… Avanti così discesa, traversino, risalita. Altro panettone… ridiscesa in disarrampicata, traversino salita. Olè. Attacchiamo le catene e non si sa come c’è folla. Qui convergono evidentemente diversi itinerari, per cui ci troviamo tutti qui. Ramponata sulla roccia, picca a dx e tirata di catene a sx (non ho voglia di stare a pensare come si potrebbe salire in libera… prossima volta). Ci supera della gente in abbigliamento supertecnico che però non saluta. Loro salgono in libera lontani dalle catene. Bravi. Bis.
Arranco arranco (credo per una fatica più psicologica che fisica) e mi trovo quasi a sbattere contro il bivacco Ferrario, in vetta!!!

Qui ci facciamo subito riconoscere quali persone che parlano anche coi sassi (ah ma allora tenevi le energie per dopo, eh?) . Tre simpaticissimi milanesi, che ci offrono ogni sorta di frutta secca. Noi ricambiamo con i fichi secchi e con scorta di mandarini (ecco perché lo zaino pesava). Notiamo che la loro riserva di cibo è superiore a quella che avevamo per 48 ore in Brenta… però buone le noccioline! Attacchiamo a parlare di vie in Dolomiti, e quando il vento si alza un po’ faccio a Daniele segno che è ora che ci muoviamo. Ok ci vediamo giù per la birra!
Scendiamo per la Cresta Cermenati, tranquilla, solo un po’ ripida, ma senza problemi. La neve intanto ha mollato per cui occorre prestare molta attenzione a non scivolare, visto che l’antizoccolo dei ramponi non tiene abbastanza questa neve marcia. In un paio di ore siamo al bosco Giulia (sopra il Rifugio Porta), poi per dare indicazioni a un signore finisce che attraversiamo erroneamente tutto il centro abitato dei Piani Resinelli, con ramponi addosso (la strada ha 5 cm di ghiaccio sopra!). Dopo un periplo per villette e seconde case, finalmente il parcheggio… il forno… la birra… il panino del forno!!!!

Giornata da incoronare, che rimarrà a lungo impressa nel mio cuore.

domenica 15 febbraio 2009

DA VALMADRERA A CIVATE PER IL SENTIERO "LUISIN"


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Una traversata da Santuario a Santuario con i panorami del Sentiero "Luisin"
Sabato 14 febbraio 2009



Ci sono giornate in cui la voglia di fare quattro passi è superiore al solito... Provate a mettere assieme alcune concomitanze, come il perdurare del tempo di "emme" per alcune settimane, più la presenza della festa degli "innamorati"... E capirete come la mia compagna ed io abbiamo deciso su due piedi di andare in cerca di un itinerario a bassa quota, distante dall'escursionismo di massa e non tanto in alto da farci provare troppi brividi (non blu...).
Bene, stamattina, dopo esserci svegliati con estrema calma, dopo esserci adeguatamente coccolati come da copione del fine settimana della coppia-tipo dei quarantenni italiani, dopo aver fatto una sana colazione, nonché dopo abluzioni e quant'altro, con molta calma ci siamo diretti verso i monti del Lecchese...
La meta non era assolutamente precisa nelle nostre menti: la mia compagna mi aveva chiesto di poter fare quattro passi senza dover patire troppo freddo, possibilmente senza pestare neve e di poter avere qualche bel panorama. Beh, uno dei vantaggi di stare in questa zona d'Italia è che, stendendo un pietoso velo sull'attraversamento di Tangenziale-Sesto-Cinisello-Monza, in poche decine di minuti ci si può trovare nel Lecchese o sul Triangolo Lariano.

Avvicinandomi a Civate-Valmadrera, avevo notato come le previsioni del tempo, tanto per cambiare, avessero cannato: era prevista una giornata con velature e coperture nuvolose... Difatti, come volevasi dimostrare, cielo blu e terso, panorami a go-go e sole che picchiava, anche se il vento risultava un po' freddo... Ma siamo a metà febbraio, che pretendete?

Uno sguardo e noto che la zona del Triangolo lariano sembra abbastanza sgombra da neve residua e, quasi subito, mi arriva l'illuminazione, per la quale devi fare un piccolo preambolo: i Bradipi di Montagna hanno spie sparse per le varie zone montuose che frequentano...
Una di queste spie, il nostro 007 di Valmadrera, è Mario, che usa il nick, a prima vista criptico, di IZ2LNF. Grande appassionato di escursionismo e "local" di provata fede, con molta tranquillità e semplicità, in un paio di occasioni mi aveva accennato alle bellezze del sentiero "Luisin", che collega San Tomaso a San Pietro al Monte di Civate. Il sentiero, peraltro, l'avevo osservato, in parte, qualche tempo fa, salendo dal San Martino al Corno Birone per il Sentiero Dario e William.

Il sentiero "Luisin" è dedicato a Luigi Anghileri, Luisin, personaggio che tanto ha fatto per le sue montagne e la loro esplorazione. Questo itinerario, tracciato a regola d'arte, parte da dopo il Taja Sass, lungo il sentiero che riporta al San Martino da San Tomaso e, dopo aver risalito la cresta del Cornello, traversa lungamente a sinistra, sotto le pareti del Corno Birone, intersecando il Sentiero L. Vassena e il Sentiero 8 (al Ceppo della Forcola, punto più elevato del percorso, a 796 m), ambedue diretti al Corno Birone. Dopo questi incroci, il sentiero ha termine al complesso monumentale dell'Abbazia di San Pietro al Monte, meraviglioso monumento degno di ben maggiore frequentazione. Ma, come spesso ho già scritto, da queste parti, a volte, non si rendono conto dei capolavori che hanno per mano... Ma è un'altra storia...

Partiamo verso mezzogiorno da Valmadrera, dopo aver lasciato l'auto all'ampio parcheggio del cimitero di Valmadrera. In pochi passi raggiungiamo il santuario di San Martino e da qui cominciamo a salire per il sentiero a noi già noto. Ben presto lasciamo sulla sinbistra la deviazione per il Sentiero Lucio Vassena e, dopo alcuni tratti un po' più ripidi, cominciamo ad assaporare i panorami tanto sulle montagne circostanti che sul sottostante Sentiero delle Vasche.
Arrivati al bivio che indica a sinistra la possibilità di seguire per il sentiero Dario e William, dovremmo continuare per un po' in direzione del Taja Sass, per poi prendere a sinistra il "Luisin", ma decido di far provare alla mia compagna la bellezza del Dario e William. Risaliamo pertanto il sentiero, che a tratti è decisamente aereo, gustandoci ampiamente i panorami sui laghi della Brianza, sul Resegone, sul Barro, sulla Grignetta che spunta, sul Moregallo imperioso e sul soprastante Corno Birone.
Raggiungiamo la crestina del Cornello ed incrociamo il Sentiero Luisin, che per un tratto divide lo stesso percorso del Dario e William, finché, sotto la cuspide terminale della cresta dle Cornello, incontriamo la deviazione e la biforcazione dei sentieri: dritti proseguiremmo per il Corno Birone, ma noi oggi vogliamo traversare fino a San Pietro. Prendiamo, dunque, il meraviglioso sentiero in costa che, oltrepassando due vallecole, porta ad una prima selletta con un albero solitario, posto quasi ad invitare ad un'altra sosta altamente panoramica. Qui si incontra il sentiero L. Vassena che sale dritto e ripido verso il Corno Birone, oppure scende altrettanto ripidamente verso Valmadrera, mentre noi continuiamo con la traversata, scendendo brevemente per poi girare verso destra e andare, con un paio di saliscendi, verso una seconda selletta.
Altra piccola pausa di "belvedere" e poi nuovamente giù per andare a prendere una contropendenza un po' più erta ed aerea, con un tratto invero un minimo esposto ma ottimamente (si fa per dire) attrezzato con una decina di metri di catena. Da qui, si tratta di passare ancora una piccola vallecola e poi risalire brevemente verso la ben visibile Sella del Ceppo della Forcola, il cui nome risulta evidente dalle forma a forca delle tre puntine rocciose presenti sulla Sella.

Da qui fa capolino il Cornizzolo, dalla riconoscibilissima silhouette, e , sopra di noi, si presenta in una bella prospettiva il Monte Rai. Davanti a noi, il complesso monumentale di San Pietro. Già da qui è perfettamente visibile la quantità di persone saliteci... Scendiamo e, poco dopo, incontriamo il sentiero 8 SEC che, passando per i Tre Casott, scende a Civate Cascina dell'Oro. Ci guardiamo e, subito, decidiamo di evitare la massa. Scendiamo verso i Tre Casott, cui arriviamo dopo alcuni tratti invero un po' ripidini che mettono alla prova le caviglie: il terreno non è ancora del tutto asciutto e scivolare è piuttosto facile.

Ai Tre Casott i panorami sul Resegone, sul Barro e sui laghi è semplicemente delizioso e verrebbe voglia di fermarsi lì, ma un paio di folate di vento di riportano alla ragione e ripartiamo per il sentiero che, tanto ripido quanto rapido, ci deposita a Civate. Da qui a Valmadrera, purtroppo, dobbiamo seguire la strada asfaltata, ma è per pochi (anche se lunghi) minuti. E' ormai pomeriggio inoltrato, ma siamo assolutamente soddisfatti. Valmadrera ci saluta e ci dà l'arrivederci regalandoci un pre-tramonto di fuoco sul Moregallo, un tramonto che lascia in ombra buona parte dello stesso mettendo in risalto la "fetta d'arancia" della Cresta OSA e facendo scintillare, quasi fosse oro bianco, la calotta sommitale ancora occupata dalla neve.

Un arrivderci che accogliamo con piacere: Il Valmadrerese, come il Lecchese, e, più in generale, la Montagna, sa sempre accogliere e dare il benvenuto e l'arrivederci a chi la sa apprezzare. La Montagna, inoltre, sa mostrare idee, panorami e sensazioni semrpe nuove anche su quello che, a prima vista, potrebbe sembrare solo "il solito itinerario sotto casa".

Uno dei prossimi giri, ora, sarà salire per il Sentiero 50 SEC e scendere per il Lucio Vassena... Questa zona, che pure frequento da due anni con una certa regolarità, mi sembra ancora del tutto sconosciuta... E anche le zone che conosco, quasi fossi in una fiaba, si mostrano ogni volta differenti e sempre più avvincenti. In una parola: qui non esiste la noia!

venerdì 13 febbraio 2009

AL RESEGONE PER LA VAL CALDERA


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Dai Piani d'Erna al Resegone per il Passo del Giuff e la Val Caldera (un itinerario solitario sulla montagna più frequentata della Lombardia)


Il Resegone, monte di "manzoniana memoria", è sicuramente, se non il più frequentato, uno dei monti più frequentati della Lombardia e d'Italia. Vuoi per la vicinanza alla pianura, vuoi per la sua innegabile bellezza, vuoi per la presenza della funivia che in pochi minuti deposita ai Piani di Erna, vuoi per la presenza di una concentrazione di vie ferrate come nessun'altra montagna... Vuoi quel che ti pare, frequentare questa montagna nei fine settimana significa rischiare una concentrazione umana paragonabile a quella delle principali spiagge italiane ad agosto.
Ciononostante, per l'escursionista che abbia voglia di "cercare", esistono ancora itinerari poco o per nulla frequentati, dove è ancora possibile, mentre sul sentiero 1 e sulle vie ferrate la gente si accalca col numerino come al supermarket, incontrare camosci e marmotte, veder volteggiare rapaci e godere del meraviglioso suono del silenzio tra le guglie dolomitiche dle monte dalle tredici cime.

Uno di questi itinerari, davvero alla portata dell'escursionista medio, è il sentiero della Val Caldera, un itinerario che corre tra il sentiero "quasi alpinistico" (comunque per escursionisti esperti) delle Creste Nord del Resegone ed il frequentatissimo sentiero normale dalle Forbesette. Punto di partenza dell'itinerario è il Passo del Giuff, che si raggiunge in una quarantina di minuti dai Piani di Erna, risalendo con alcuni strappetti in direzione Est il versante Nord del Resegone. Arrivati al Passo, dove si incontra un Belvedere di rara bellezza sulle montagne circostanti e dove è già possibile ammirare guglie e pinnacoli dolomitici dei quali il Resegone è sempre prodigo, i cartelli segnavia indicano chiaramente a destra i due sentieri: 1) per le Creste Nord 2) la variante di Val Caldera.
Seguendo quest'ultimo, quasi in piano si attraversa in direzione Sud il fianco Est delle Creste Nord, portandosi, attraverso un magnifico boschetto, ad un sentiero in costa stupendamente panoramico. Dopo aver incontrato un passaggino "attrezzato" per passare oltre un canalino scosceso e franoso e dopo aver risalito letteralmente le radici di un albero, il sentiero continua a traversare, offrendo panorami sempre più belli tanto sulle Creste del Resegone che sulla sottostante Valle Imagna e sulle Orobie.
In prossimità della Val Caldera vera e propria, il sentiero esce dal bosco e attraversa un costone roccioso, sul quale il percorso risulta scavato e reso "sicuro " da una catena che accompagna un tratto abbastanza esposto ma di nessuna difficoltà. Questa traversata deposita all'interno della Val Caldera, che viene attraversata per massi e ghiaie, fino a portarsi al costone che dovrà essere risalito per una mezz'ora abbondante con una salita ripida che deposita, dopo essere passati parallelamente al entiero della via normale che sale dalle Forbesette e da Morterone, proprio al rifugio Azzoni a due passi dalla cima. Per la tempistica, calcolare un'ora e un quarto - un'ora e mezza dal Passo del Giuff, soste panoramiche e fotografiche comprese (mi tengo molto largo proprio perché è un sentiero che va gustato passo per passo) Il dislivello totale dai Pianidi Erna è di circa 600 metri.

L'anno scorso (2008) mi è capitato di percorrerlo tre volte, due in salita ed una in discesa. La prima volta è stato quasi per caso: avevo voglia di andare a farmi quattro passi sul Resegone, ma non ne avevo nenche mezza di andare a famri una ferrata. Sceso dalla funivia, mi ero diretto verso il Passo del Giuff, con l'intenzione di salire sulle Creste Nord. Arrivato al Passo, ho visto almeno sei persone che, vocianti, prendevano proprio quell'itinerario... Ora, senza alcuna offesa, andare a farsi una "solitaria" e sentire schiamazzi a nastro non è propriamente il mio massimo...
Al Passo il cartello mi ricorda che esiste anche la variante di Val Caldera, della quale avevo solo letto... Il tempo di bere un sorso d'acqua e prendo il sentiero... Dopo pochi passi, incontro subito una flora davvero rigogliosa.. D'altronde era primavera e tutto era in fiore... Dopo poco, un camoscio - credo - sfugge alla mia vista tra gli alberi... Arrivato al costone, mentre godevo del panorama, noto sopra di me un enorme rapace che volteggia, in cerca di prede... All'interno del ghiaione della Val Caldera, poi, una quantità assurda di marmotte pronte a fischiare, ma contemporaneamente curiose... Arrivo al rifugio col sorriso sulle labbra, contentissimo di quel giro. Me ne torno ai Piani di Erna per il sentiero 1 e poi giù a Versasio per il Passo del Cammello... Allegro come poche volte.
Ad inizio estate, poi, pensando dove accompagnare la mia compagna di vita, decido di portarla a vedere quell'itinerario... Si ripete la magia: rapaci, camosci, marmotte, fiori e fiori... Tanta la gioia per quel sentiero che, una volta in cima, ci guardiamo in faccia e decidiamo di fuggire per non sentire il caos delle persone...
Poco tempo dopo, arriva a trovarmi Marco, salito da Bologna per venire a conoscere un po' il Resegone. Decidiamo di salire per la ferrata del Centenario, salire ancora per la De Franco Silvano e arrivare in cima... Ci divertiamo come matti e, una volta in cima, gli propongo la discesa per la Val Caldera.... Scendiamo veloci, ma fermandoci ad ammirare le visuali sempre differenti... Così come sempre differente è il percorso, mai monotono.... Un camoscio ci scappa da davanti nel bosco (che sia sempre lo stesso? Non credo)... Usciamo al Passo del Giuff e anche Marco mi conferma che si tratta di un itinerario davvero bello...

Quello che mi lascia stupito - e non solo me - è la scarsissima frequentazione... Sono davvero poche le persone che lo percorrono, eppure è una variante stupenda e sicuramente non difficile per salire alla vetta, consentendo, tra l'altro, anche un meraivglioso giro ad anello...

Difficilmente mi sentirete dire "Vai per quell'itinerario!"... Ma, per quanto riguarda la Val Caldera, lo consiglio senza pensarci due volte: godrete di sentieri nel bosco, in costa, tra quinte rocciose dolomitiche e, da ultimo, della magnificenza dei panorami che il Resegone può offrire.