Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

Lenti come bradipi per poter gustare al meglio, in sicurezza, quanto la montagna può offrire a chi sa osservare e gustare.
Riflessioni, foto, rimandi a fotoalbum, link a siti utili...
Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

martedì 29 settembre 2009

TRAVERSATA DEI MAGNAGHI: LA (RI)SCOPERTA DEL CLASSICO




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Grigna Meridionale
Via Albertini al Torrione Magnaghi Meridionale
Traversino al Torrione Magnaghi Centrale
Via Lecco al Torrione Magnaghi Settentrionale

Settembre 2009

Ci sono vie alpinistiche o "concatenamenti" di vie che, per un motivo o per l'altro, diventano per tutti "classicissime" da non mancare. Questo vale praticamente per ogni montagna che si presti al gioco dell'arrampicata e dell'alpinismo.

In Grignetta, nel settore sud-orientale, la Traversata dei Magnaghi è un "must" tanto quanto il percorrere il Canalone Porta o, sul versante Occidentale, salire la Cresta Segantini.
Da svariato tempo pensavo e ripensavo a questa traversata, cercando di immaginare le molteplici varianti... A dire il vero, ancora l'anno scorso avevo molti dubbi, legati più alla mia sfiducia verso me stesso che ad altro.

A venire in aiuto, oltre alle varie salite effettuate in compagnia del fido Davide, di Elio, dell'ottimo Daniele-Crodaiolo, è stata la presenza e l'ormai assodata amicizia con Luigi, lo Slowrun di Lecco. Dopo la fortunata e meravigliosa uscita al Cinquantenario ed al Cecilia, salita che, oltre alla propria bellezza, è servita a ridarmi un tot di fiducia nelle mie capacità di megapippa alpinistica, Luigi mi aveva proposto per l'immediato futuro una uscita sui Magnaghi: "Dai, sui Magnaghi non ci sei mai stato, devi conoscere l'Albertini e la Lecco, poi il Traversino è un passaggio classico obbligato..."
In breve, tanto per essere chiari, non c'aveva messo più di un paio di minuti a convincermi...

Passa il tempo, arriva settembre. Ci risentiamo dopo le vacanze estive e, finalmente, troviamo una giornata giusta, un mercoledì da togliere coi denti al lavoro. L'appuntamento è al solito posto, il Bar di Ballabio, gestito da simpatiche e piacevoli ragazze che hanno il non disprezzabile pregio di aprire alle 6 di mattina.
Caffettino, quattro chiacchiere, controllo attrezzatura e via, si sale ai Resinelli.

Zaino in spalla, prendiamo il sentiero della Cresta Sinigaglia mentre il sole rende rosse le guglie della Grignetta ed i Torrioni Magnaghi sembrano quasi mandarci dei bagliori di invito. Saliamo allegri, soffermandoci a far fotografie e ad osservare i numerosi camosci che ci osservano camminare, cun uno sguardo a metà tra il curioso e quello di chi, agile e scattante, compatisce i due umani che arrancano in salita...

Tra una chiacchiera e l'altra, senza forzare, ma senza rallentare, ci troviamo alla base dei Torrioni, alla Bocchetta dei Prati.

Inizia una delle fasi "rituali" di ogni salita alpinistica, ovvero la "vestizione", in cui ogni "scalatore" assume pose ed atteggiamenti simili più a quelli di un sacerdote intento ad indossare i paramenti sacri che a quelli di una persona che si sta andando a divertire....
Pose ed atteggiamenti che, comunque, durano lo spazio di un fiato, per lasciare subito spazio al sorriso, alla battuta, alla classica pacca sulla spalla ed a quella parolina "andiamo!" che sembra essere il "via" ad una partenza di Formula Uno.
Peccato che, oltre a noi, a partire siano anche le nebbie che, dal basso, quasi ad un preciso comando, partono con altrettanta velocità a coprire tutto ed a dare un'atmosfera decisamente "Grignesca" - o fantozziana - alla salita... Ne avremmo fatto a meno, dato che in alcuni momenti non ci si vedeva a distanza di dieci metri... Per fortuna, le nebbie non saranno stabili, ma lasceranno ampi spazi per i panorami, anche se non frequenti...

Imbragati, caschetto, legati, scarpette infilate, scarpe da avvicinamento moschettonate dietro all'imbrago, zainetto "da vergogna" sulle spalle, rinvii e altre diavolerie tintinnanti, si parte...

La prima via è il "Canalino Albertini", una via che sarebbe più corretto chiamare semplicemente "Via Albertini" o al massimo "Diedro Albertini". Una via di IV+ con i tre tiri centrali sostenuti, continui ed elegantissimi.

Il primo tirello è la risalita di alcune roccette ed una breve discesa in un canalino, fino ad una sorta di sosta. Difficoltà minime. Poi, subito dopo, inizia la via vera e propria: si sale verso il "Canale" che si crea tra il Sigaro (a sinistra) e lo spigolo Dorn (a destra), con difficoltà di III+, salve un passaggio in traverso "oblbigato" dal fatto che abbiamo subito "cannato" la prima parte, tenendoci troppo vicini allo Spigolo Dorn... Poco male, tutto riscaldamento.

Inizia qui la sequenza di una serie di tiri molto eleganti, con difficoltà continue di IV e IV+, aeree senza essere mai spaventosamente esposte. La roccia è generosa e richiede solo attenzione e occhi aperti: a chi sa cercare offre sempre pochi ma netti e sicuri appigli ed appoggi...

Dietro di noi sentiamo arrivare un'altra cordata da due e ci salutiamo. Salgono anche loro per il canalino e ci auguriamo buona giornata.

La lunghezza del diedro è semplicemente favolosa, con una arrampicata elegante e tecnica, alla cui fine un traverso porta a sinistra quasi a significare la fine delle ostilità Restano solo un paio di tirelli con un po' di III e poi II, fino ai resti della croce di vetta.
Qui Luigi mi mostra il prosieguo della traversata, mentre io mi gusto la sigarettina di vetta. Dalla normale sentiamo salire e poi vediamo arrivare tre ragazzi, tirolesi.

Ripartiamo quasi subito: dalla vetta ci abbassiamo per semplici gradoni (esposti comunque) fino alla sosta da dove parte il "Traversino", un tirello di corda con un passaggio molto aereo di IV+ e poi altri trenta metri di III che permettono di arrivare al Torrione Magnaghi Centrale. Luigi parte sicuro e lo osservo. Arriva. Soliti comandi "Libera tutto", "Finita", "Quando vuoi", "Parto"...
Attacco il Traversino a metà tra il timoroso ed il curioso. decido di salire in spaccata tra i due Torrioni per un altro metro, dato che sono più basso di Luigi e trovo subito un bel paio di appigli che mi permettono di regolare in velocità il passaggino tanto temuto...
Luigi mi accoglie sorridendo "Ma te lo sei bevuto..."...

Un ulteriore tirello in cresta senza difficoltà ci porta alla discesa al Secondo Magnaghi, venti metri di II in discesa che portano ad un tratto con cavo di metallo che, in una quarantina di metri circa, poco più, deposita alla Forcella del GLASG, da dove si dipartono le vie Lecco e Bartesaghi.

Io e Luigi, nonostante ogni tanto le nebbie giochino a "vedo-non vedo" ed a farci qualche scherzo, ci stiamo divertendo come bambini e siamo molto contenti della giornata. Davanti a noi c'è la via Lecco, considerata una delle più belle della Grignetta. Luigi sembra fremere dalla voglia di farmela gustare ed io fremo realmente, perché a queste vie aspiravo ormai da tempo...

La Lecco è una signora via di IV+, breve (tre tiri per circa 100 metri), ma esposta, aerea, con un bel condensato di passaggi tipici della Grignetta e delle placche.
Il primo tiro è tutto tra il III+ ed il IV- ed è la variante che viene seguita da quando è stata fatta la "riattrezzatura". Si tratta di salire dritti verso sinistra, fino ad arrivare alla sosta alla aprtenza della famosa placca da seguire per il secondo tiro, quello "chiave".
Il primo tiro è davvero gustoso, ben appigliato e sempre più verticale ed aereo. La sosta viene raggiunta ben presto e il morale è sempre più alle stelle...
Luigi inizia il secondo tiro, la placca di IV+...
Dalla sosta, cui arriva in modo decisamente rapido, mi sento dire "Occhio, qui devi salire di tecnica".
Parto: la placca della Lecco sono trenta metri di IV+ continuo e tecnico, mai di forza. La p'lacca offre pochi appigli ed appoggi, ma tutti sicuri e netti. Si sale dapprima diritti e poi portandosi subito verso destra. Qui sbaglio un movimento, tenendomi troppo a sinistra e mi braso un avambraccio... Ridiscendo di un metro, moschettono un fix e mi faccio un riposino (un resting per chi preferisce) di un paio di minuti, che dedico alle foto. Mi riprendo, mi sposto sulla destra e, dopo essermi dato del pirla da solo, riparto in quarta, risolvo la placca ed arrivo in sosta.
Siamo ormai fuori dalle difficoltà: ci rimane un tiro da quaranta metri con un po' di III+ e null'altro...
Luigi riparte, passando di slancio uno strapiombino di III+, la crestina ed il caminetto che immette sulla cresta sommitale.
Tocca a me salire: passo lo strapiombino un metro a destra rispetto a Luigi e mi sembra che sia al massimo terzo, ma fa nulla... Salgo rapidamente le roccette, mi godo il caminetto, che risalgo in spaccata, giocando, ed arrivo in cresta in mezzo alle nebbie...

Un sorriso, una pacca sulla spalla, una bella foto assieme e poi... Via le scarpette, piedi liberi! Un bel panino, una sana bevuta e... La Grignetta decide di salutarci: per qualche minuto le nebbie si diradano e ci offrono un bel panorama... Una sorta di saluto, di sfuggita, ma sempre col sorriso.

Arriva il momento di scendere, ma così sono le montagne: hanno una base ed una vetta e da questa non c'è altro da fare che scendere, direbbe Mauro Corona.

Scendiamo per la normale, raggiungiamo la Cresta Sinigaglia, passiamo quasi a salti il Saltino del Gatto e poi giù, allegri e rapidi... Ripassiamo sotto le pareti, dove Luigi mi mostra la linea delle vie più "desiderabili" dei Magnaghi e poi innestiamo la quarta, per giungere rapidamente ai Resinelli, al Forno, dove una sana birra ed una bella pizza ci daranno ampia soddisfazione...

Tutto sommato è ancora abbastanza presto quando rientriamo a Ballabio, allegri e soddisfatti. Una conoscenza nata quasi per scherzo, ma con una evidente "empatia", in un forum dedicato alla Montagna, ha finora portato ottimi risultati, con due persone che, in due uscite, hanno avuto altrettante giornate di sano piacere alpinistico. Gradi bassi? Per chi saltella sul VI saranno forse gradi bassi... Ma per un alpinista medio non è il grado a contare... E' la bellezza, la completezza, la complessità di questo concatenamento a dare il senso all'uscita.

Una traversata da me sognata a lungo e divenuta realtà grazie a Luigi, che, oltre a concedermi l'onore della sua amicizia, mi ha dato un ulteriore input a riprendere la fiducia in capacità di movimento alpinistico che pensavo ancora troppo lontane per me, rimasto troppi anni distante dalla roccia...

Grazie, Luigi e, come ci siamo detti salutandoci, "alla prossima!"






lunedì 28 settembre 2009

FERRARA COL DEL BOS E GALLERIE DEL LAGAZUOI


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di Carlo


Per presentarmi ai Bradipi scelgo di raccontare questa escursione appena ultimata. Penso che qualcuno di voi mi conosca già tramite il forum di "vie ferrate".

Partiamo nel primo pomeriggio di venerdì 25 Settembre 2009, direzione Colfosco, val Badia.Confortati dalle buone previsioni meteo per il week end, non vediamo l'ora di poggiare gli scarponi sulla Dolomia!
In macchina siamo allegri, scherziamo ed il viaggio da Milano vola mia in un amen. Sabato mattina ci alziamo ed il cielo ci riserva purtroppo un mestissimo grigio, lontanissimo dalle nostre aspettative!
Il nostro obbiettivo primario era la "Tridentina" ma viste le condizioni, proviamo a muovere verso il passo Falzarego, dove decidiamo di puntare sulla nuova ferrata "Col dei Bos". Il cielo sembra quasi aprirsi ......quindi.... coraggio si parte! Superiamo l'attacco che è poi il collo di bottiglia della ferrata e procediamo con prudenza vista l'umidità della roccia , paesaggio poco o niente, anzi inizia a scendere a tratti, una pioggerellina fastidiosa che rende la nostra ascesa delicata e faticosa. La ferrata però è bellissima, pochi "aiutini" e tanti tratti da arrampicare, inoltre è attrezzata in maniera splendida.
Arriviamo in vetta stanchi ma felici, è stata dura! Decidiamo che non ne abbiamo abbastanza, mangiamo qualcosa e puntiamo decisi verso la forcella Travenanzes per raggiungere poi la cima del Lagazuoi. Il cielo incomincia ad aprirsi un .......si schiudono lentamente davanti ai nostri occhi panorami meravigliosi, le Cinque Torri, l' Averau, la Tofana di Rozes spruzzata di neve gioca ancora a nascondino con la nuvolaglia.
Di ottimo umore puntiamo decisi verso l'imbocco della galleria a spirale del Lagazuoi, montiamo le lampade sui caschetti e via, giù a capofitto per più di un chilometro, in un buio rischiarato ogni tanto da aperture nella vertiginosa parete che sovrasta il passo Falzarego. Qui i soldati Italiani trasportarono quasi 40000 kg di dinamite per far saltare le postazioni degli Austriaci che mitragliavano dall'alto della montagna!
Abbiamo modo di riflettere sulle terribili condizioni di vita che affrontavano questi soldati e di tanto in tanto, di gustarci gli scenari offerti dagli squarci di sereno che via, via si aprono. Un saltino alla cengia Martini e decidiamo di averne abbastanza.......camminiamo da sette ore! Ritorniamo all'automobile parcheggiata al bar Strobel, pensando che domani è domenica ed il tempo sarà finalmente bello quindi.......
Carlo

GRUPPO DEL CAREGA - VIA FERRATA CARLO CAMPALANI

di Ale74

Sabato scorso siamo stati a fare 4 passi sul nostro bel Carega e ci siamo fatti la via ferrata Carlo Campalani, non proprio difficile ma neanche tanto banale, specie se salita cercando di usare le attrezzature solo come autoassicurazione.

Tutto inizia con un SMS di Giuseppe "Ciao Ale, sei libero sabato per fare una sgambata?"
Dopo il classico scambio di messaggi per capire cosa c'era in programma, gli do conferma per l'uscita. Sulla meta mi andava bene sia una che l'altra opzione proposta quindi gli dico di decidere a suo piacimento.
Dopo poco mi risponde che si va sul Carega per fare la via Biasin e la via Campalani.
Ora iniziano i preparativi, zainetto piccolo e leggereo, tutto il materiale tecnico per la via ferrata, metto anche un cordino con 2 moschettoni perchè con lo zaino in spalla il camino finale della Biasin non si fa tanto facilmente se non passando per fuori (che non è propriamente la sua).
Sabato mattina alle 07:30 Giuseppe passa a prendermi e prima delle 9 siamo al rifugio Revolto dove incontriamo Luca. Dopo i saluti di rito ci prepariamo e, alle 9, iniziamo a camminare.
La giornata non promette nulla di buono in quanto il tempo è molto nuvoloso ma, comunque, partiamo e diciamo "bhe tanto alla peggio torniamo indietro".
In poco meno di mezz'ora siamo al Passo Pertica, diamo uno sguardo alla Biasin e io propongo di lasciarla per il pomeriggio e di portarci subito verso la Campalani - Ok, proposta accettata.
Partiamo di buon passo e, tra una chiacchiera e l'altra, in men che non si dica siamo nei pressi del rifugio Scalorbi ma ancora sulla carrozzabile militare (per chi non lo sapesse il rifugio si trova poco oltre il bivio dove inizia a salire il sentiero per Bocchetta Mosca e il Rif. Fraccaroli). Ci fermiamo per una breve sosta tecnica per recuperare energie e fare uno spuntino. Siamo in mezzo ad una bella nuvola bianca e lo Scalorbi non si vede il che la dice molto lunga sulla situazione di visibilità che ci aspetta.
Terminata la breve sosta imbocchiamo il sentiero e, in pochi minuti, siamo all'imbocco del sentiero che sale verso l'attacco della via ferrata Campalani (per la verità poco evidente in quanto segnato su di una pietra per terra), un breve giro di consultazione e decidiamo comunque di avventurarci per la ferrata, alla peggio si può sempre tornare indietro.
Perche questo ragionamento? Perchè, chi conosce la zona sa che terminata la via ferrata si deve percorrere un tratto di cresta, per arrivare al Rifugio fraccaroli che, se non c'è buona visibilità, può risultare particolarmente pericoloso ed insidioso.
Alla base della via ci prepariamo alla salita ed il meteo ci concede una bella sorpresa, il cielo si apre e spunta un pallido sole che ci rincuora sulle condizioni della crestina finale.
Partiamo per la via ferrata, Giuseppe e Luca partono per primi io parto un pochino dopo e decido di cercare di salire la ferrata arrampicando il più possibile ed usare l'artificiale meno che posso. Questo significa allungare i tempi ma ne è valsa la pena, me la sono proprio goduta ed i "ferri" li ho usati solo un paio di volte in punti da studiare con più attenzione.
Alla fine della via anche i miei due compagni di salita erano soddisfatti e divertiti; classica pausa di "vetta" e poi di nuovo in cammino verso il rifugio Mario Fraccaroli dove arriviamo in breve.
Al rifugio ci sistemiamo all’esterno per consumare il nostro pasto e recuperare le energie spese durante la salita. Io colgo l’occasione per dare sollievo alla mia caviglia che, nonostante sia passato parecchio tempo dall’incidente, mi da ancora un pochino fastidio.
Terminata la sosta ristoratrice, ci mettiamo in cammino per tornare verso il Passo Pertica, evitiamo il sentiero del Vallon della Teleferica e scendiamo per il classico sentiero che porta al Passo Pelegatta (Rifugio Scalorbi) e di qui per la carrozzabile fino al Pertica.
Uno sguardo alla via ferrata Biasin.....uno sguardo tra di noi……la prossima volta dai....oggi è meglio non chiedere troppo alle nostre gambe. .....

mercoledì 16 settembre 2009

UNA LEZIONE DI UMILTA' DAL PIZZO DEL DIAVOLO DI TENDA



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Rifugio Calvi e
Pizzo del Diavolo di Tenda

da Carona

6 settembre 2009




Il mese di agosto, a parte una passeggiata e due arrampicatine in ottima compagnia, è stato dedicato all'ozio più perfido che un lagunare possa immaginarsi...

Pescare, mangiare, bere, fumare, starsene tranquilli a cercare di sfuggire alla morsa del caldo in Laguna.

Una scappatella al rifugio Venezia dalla Staulanza è stato il mio unico contatto con la Montagna...

Torno a Milano e, voglioso, decido di riprendere...
Venerdì il programmino salta... Acqua su acqua, con Davide le tentiamo tutti ma non riusciamo nemmeno ad uscire dall'auto, solo pioggia...

Il sabato, invece, mi regala una passeggiatina "da morose" al Coltignone, ad ammirare la Grignetta. Al pomeriggio, giretto alle Foppe, senza arrivare al Rosalba...

Per la domenica, mi ero organizzato con altri 3 amici di buona gamba, in ottima forma dopo un bell'agosto di escursioni ed arrampicate, ovvero EvaK, Danbear e Velio.
La meta è il Pizzo del Diavolo di Tenda, una montagna che mi ha affascinato da sempre perché... Beh, basta guardarla, no? Le Orobie offrono panorami favolosi e, tra questi, le frome triangolari del Diavolo e del Diavolino mi avevano affascinato a prima vista.

Decido di salirvi anche per ricominciare con un bel 2000 di dislivello, così, o la va o la spacca, insomma... Una bella "sderenata" per riprendere una forma accettabile, nei limiti della mia notoria pippaggine da vecchio bradipo sclerotico debosciato.

Appuntamento con Velio prima della 5 a Dalmine. L'idea è quella di fermarsi ad un bar ed eventualmente proseguire con un'auto sola, ma, una volta passata Bergamo a bocca asciutta, imbocchiamo la Val Brembana senza trovare uno straccio di esercizio aperto... Va a finire che arriviamo aCarona abbastanza velocemente e, ridendo, ci prepariamo.

Partiamo da Carona alle 6,20 e sta albeggiando. La temperatura non supera i 6 gradi e siamo vestiti di tutto punto per partire, compreso il berrettino... Passiamo Pagliari che iniziano a farsi vedere le prime luci sui contrafforti orobici e la giornata si preannuncia fantastica, a parte i pochi gradi...

In un'ora e 45 io e Velio siamo al rifugio Calvi, in una conca deliziosa. Qui incontriamo Daniele ed Eva che, essendo stati ad arrampicare il dì precedente, hanno ben pensato di dormire al rifugio e ci accolgono col più bello e riposato dei sorrisi.

Quattro ciacole veloci, un caffettino, una tappa al bagno e poi partenza...

La tempistica dei locals non va presa alla lettera, lo sapevamo già.. Per loro è tutto "un'oretta, due orette", espresse in una lingua sicuramente pittoresca e degna di studio, resa particolare da una serie di aspirate inframmezzate da un paio di "pota". Peccato che, oltre ad aver necessità dell'intervento di qualcuno per fungere da interprete, ci si renda subito conto che anche le espressioni "un'oretta, due orette" siano soggette alla più ampia interpretazione..
Triste aver dedicato una vita allo studio delle lingue europee e trovarsi a dover chiedere l'intervento dell'interprete...

Risaliamo la valle, dopo aver perso svariate decine di metri di dislivello e ci dirigiamo verso Messer Diavolo.

Dopo circa 1400 m di dislivello, comincio a sentire che le gambe non vanno come vorrei...
Eva e Daniele, nel frattempo, dicono di voler salire per la cresta Baroni. Io dapprincipio volevo salire per il Diavolino e da lì seguire la cresta sud al Diavolo...

Sopra le sorgenti del Brembo mi rendo conto di essere stanchino e, al momento di dividersi (chi per la Baroni, chi per il Passo di Valsecca), lascio stare, faccio quattro conti e, dopo aver cercato di accampare inutili e pietose scuse, dico chiaramente e semplicemente di non avere abbastanza birra per salire la cresta.

L'accordo era semplice: li avrei lasciati andare per la cresta per raggiungerli lungo la Normale dalla Bocchetta di Podavit.

Ci diamo appuntamento sul Diavolo e ci salutiamo. Osservo, un po' mestamente, ma non troppo, i miei amici che salgono verso la Cresta Baroni, che pure era nella lista dei miei "desiderata" orobici, ma per oggi sento che, a dirla in napoletano "non è cosa".

Riprendo a salire mestamente, stanco, ma appagato da una giornata favolosa, blu, con visuali orobiche e non solo, assolutamente favolose e con panorami ad ogni passo più belli.

Arrivo alla Bocchetta di Podavit, mi affaccio dall'altra parte e resto senza parole di fronte al Disgrazia, ai monti della Val Masino ed a tutto quello che il panorama offre...

Mi riposo una decina di minuti, poi comincio a salire per la Normale. Sento una specie di ronzio alle orecchie...

Mentre salgo, stancamente ed a fatica, passaggi che arriveranno forse al I grado, penso che il giorno prima non avrei dovuto farmi simili mangiate e, soprattutto, tirar tardi la notte, visto che misarei dovuto svegliare alle 3,40...

Continuo a salire, ma ho difficoltà a seguire i pur copiosi bolli segnavia, perdo troppo spesso la traccia e sono meno deciso del solito, quando, senza pensarci su due volte, ad un bollo perso corrisponde regolarmente una "tirata" sicura seguendo semplicemente la linea immaginaria della via senza stare a guardare troppo bolli ed ometti...

Niente, mi sono cuccato circa 1800 metri di dislivello e li sto sentendo tutti...

Continuo a salire, sbaglio - al solito - e mi imbrano su na specie di placchetta che normalmente passerei ridendo e vedo che, ormai, non sono che l'ombra di me stesso...

Lo zaino pesa troppo, mi fa male alle spalle...
Maledico di esserni portato dietro anche la corda, ma ero partito per salire la cresta...
Fanzum...

Arrivo quasi in cresta e devo fermarmi per rifiatare... Osservo. Manca ancora un saltino, pochi metri. Poi un centinaio di metri di cresta quasi orizzontale. La cima è lì, la vedo, sono "a due passi dalla cima"...

Le mie ginocchia, però, cedono di brutto e la testa ronza...
So di dover scendere al ritorno questi cento metri di sfasciumi fastidiosoi che si chiamano via normale...
L'esposizione mi sembra adesso forte, le gambe perdono il passo saldo...

Conosco già queste sensazioni...

Da ragazzo le avevo lette, descritte benissimo da Gigi Signoretti in un racconto pubblicato in "Le Alpi Venete" e - se ben ricordo - intitolato "La riga nera". Roba degli anni 80... Ma sempre valida.

Faccio due conti... La cima sarà al massimo a 20-30 m di dislivello e cento in linea d'aria di distanza...

Ma non ne posso più... Tra risaliitine e contropendenza siamo già oltre i 1800 di dislivello... Con il ritorno mi sa che i 2000 oggi me li faccio o poco ci mancherà...

Non arriverò in vetta?

La voglia ci sarebbe tutta...

La vetta è lì, ma, invece di dirmi "ti aspetto", la sento distintamente dirmi "idiota, la condizione fisica è una cosa seria. Qui siamo in Orobia, montagna aspra... Sei venuto a tovarmi senza preparazione, non mi hai rispettato abbastanza. Ti premio con una giornata magnifica, mi sei arrivato vicino, ma non sei degno di calcare la mia cima. Accontentati dell'anticima... E più avanti non andare..." . Non so se alla fine della frase anche il Diavolo avesse messo un bel "pota!", ma immagino di sì...

So di dover riscendere, che i miei amici ormai staranno sbucando dalla Cresta Baroni...

Ho un attimo di lucidità e mi dico da solo "hai chiesto troppo a te stesso". A quel punto la decisione è presa. Volto i tacchi e discendo la "normale".

Lo so che la parte rognosa l'avevo già passata, lo so.
Ma so che se fossi andato oltre avrei mancato di rispetto alla Montagna ed a me stesso...

La normale è più merdosa in discesa che in salita...
Arrivo alla base, scendo la cresta, taglio per sfasciumi fin sotto la Bocchetta di Podavit e mi siedo...
Devo rifiatare. ho bisogno di liquidi e zuccheri...

Mangio, bevo e poi mi diverto ad osservare due camosci che osservano a loro volta chi scende dal Diavolo... Nascosti da due spuntoni, li osservano da non più di tre metri di distanza...

Fotogrado tutto, osservo montagne che conosco pochissimo e non possono che incantare...

La giornata è splendida e sento distintamente il Diavolo che mi dice: "hai fatto la cosa giusta, non solo per me, ma per te stesso... Come premio, osservati i panorami, i camosci e riposati per la discesa... Tanto i i 1900 di dislivello te li sei fatti... Volevi "devastarti" un po' per riprendere la condizione? Eccoti servito... Ma la vetta no, non l'hai meritata".

Ricevuta la lezione di umiltà, ringrazio e mi fumo la sigarettina in santa pace...

Dopo un po' scendono vittoriosi e allegri Eva, Daniele e Velio e scambio qualche impressione, raccontando loro per qual motivo abbia rinunciato alla vetta...

Anche secondo loro ho preso la decisione giusta...

Poi, iniziamo la lunga discesa al Calvi e la ancor più lunga discesa a Carona...

Al Calvi una meritata birra...

Dopo la birra, però, com'era logico aspettarsi, è iniziato il momento mistico...

La discesa per la carrozzabile che diventa eterna, la Madonna e l'Arcangelo Gabriele che mi si mostrano, lo zaino che ormai sembra avere sugli spallacci lame contro le mie spalle, le scarpe divenute ormai strumento di tortura...

Anche i miei amci non sono messi meglio e tutti ci lamentiamo per i piedi, le scarpe, le dita, le spalle...

Arriviamo, comunque, al parcheggio, devastati ma felici, allegri e grati alle Orobie. Loro tre anche per la vetta, oltre che per tutte le bellezze della giornata.
Io, invece, felice e grato per una lezione di umiltà che già avevo avuto, che io stesso tendo a ricordare, ma che in questa occasione avevo scordato...

Una lezione data col sorriso sulle labbra, come un nonno col nipotino discolo.

Posso solo dire di essere felice di aver avuto il coraggio di saper prevalere sul mio orgoglio e di aver saputo rinunciare "a due passi dalla cima".

Le lezioni di umiltà, soprattutto in giornate così belle, diventano ancor più utili, benvenute e, di sicuro, si ricordano meglio e con maggior gratitudine...

Tornerò sul Diavolo, ma mantenendo la promessa che, silentemente gli avevo fatto prima di iniziare la discesa. "La prossima volta mi allenerò prima per te, non userò te per allenarmi senza sapere peraltro per cosa mi alleno".

Ciao Diavolo, alla prossima.

venerdì 4 settembre 2009

GRIGNETTA, CINQUANTENARIO E MARIMONTI AL CECILIA



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Grigna Meridionale

Torrione del Cinquantenario, Via Normale (IV)

Torre Cecilia, Spigolo Marimonti (IV+)

5 Agosto 2009




Ci sono montagne che attraggono per arditezza di forme, bellezza, imponenza... Ognuno ha i propri canoni...
Esistono, poi, montagne che entrano nella tua immaginazione, legandosi strettamente a stati d'animo che passeranno mai.
Mi è capitato per alcune vette dolomitiche, dapprima solo osservate da lontano, con malcelata invidia e grande rispetto, che pure dopo essere state raggiunte non hanno smesso di donarmi un brivido ogniqualvolta potevo ammirarle da vicino.

La stessa cosa mi è capitata con due torrioni, esteticamente belli e accattivanti, della Grignetta, il Torrione del Cinquantenario e la Torre Cecilia.
Il perché richiede un breve excursus, tanto per cercare di far capire i miei stati d'animo a chi mi legge...

Circa tre anni fa, mentre stavo ricominciando a frequentare la montagna dopo lunga, lunghissima assenza, come prima vera "passeggiata" optai per la conoscenza della Grignetta, montagna che fino ad allora era stata da me solo sognata...

Andiamo a dormire ai Resinelli, chiacchiero col gestore del "Rifugio" dove mi trovo a dormire, ricevo dalla mia compagna la benedizione per partire la mattina e prestissimo, alle 5 circa di una mattina di settembre, mi avvio verso il Rifugio Porta... Per me è tutto nuovo... Risalgo la Direttissima, arrivo al Canalone di Val Tesa, risalgo al Cecilia, traverso verso il Rosalba per andare a far colazione...

C'è pochissima gente, è prestissimo e mi metto ad osservare un panorama grandioso...

Faccio quattro chiacchiere con il rifugista, il mitico Mauro, mi faccio raccontare di tutto e di più, chiedo lumi sulle montagne come un assetato chiederebbe acqua e poi mi blocco davanti alla bellezza del Cecilia e del Cinquantenario...
Mauro mi spiega che è un po' la palestra di casa per i Lecchesi, che qui si vengono a preparare ed a divertire...
Osservo queste due torri e, un po' sconsolato, penso che non arriverò a calcarle, non tornerò ad arrampicare... Troppo tempo è passato...

Passa il tempo, inizio a tornare ad una forma quasi accettabile, ricomincio addirittura a mettere le mani sulla roccia...

Tramite il Forum di PlanetMountain, poi, faccio conoscenza con alcune persone davvero piacevoli... Una di queste, in particolare, mi ispira la voglia di incontrarla non solo per il suo "passato" glorioso (fa parte dei ragni di Lecco fin da giovanissimo, dove era entrato per essersi fatto tutte le "grandi" arrampicate di Alpi e Prealpi varie), ma, soprattutto, per questioni di empatia su come affrontare le "rinascite", il ritorno alla Montagna per persone che per un certo tempo si erano allontanate per motivi vari che pssono essere la carriera, i figli, il matrimonio...

Luigi, conosciuto con lo pseudonimo di Slowrun, è decisamente persona di altro pianeta in termini di "level", di gradi e di curriculum... Ma ha il pregio di essere persona vera, unico vero requisito che mi spinge a fare conoscenza di una qualsiasi persona. Dopo alcune settimane di tentativi di accordarsi, riusciamo a trovare una giornata da sfruttare.
L'incontro avviene a Ballabio, da dove saliamo, chiacchierando amabilmente, ai Resinelli e da lì su verso il Rosalba, dove andiamo a far colazione.

Vestizione rapida, lasciamo gli zaini e ci dirigiamo all'attacco del Torrione del Cinquantenario. La via è un bel IV grado, famoso soprattutto per la placchetta finale, un piccolo gioiellino... Luigi sale con naturalezza e infonde fiducia e tranquillità. In più. come quasi tutte le persone che frequento, riesce a restare ammaliato ancora da quelle crode anche se ormai le conosce pietruzza per pietruzza.

Passati i primi tirelli di terzo e terzo più della Normale, arriviamo, sorridenti, alla placca finale. Luigi sale allegro, quasi esultando per la bellezza della roccia. Poi mi chiama e si limita a dirmi "sali, è fantastica".

Comincio a salire... La prima sensazione è quella di timore reverenziale e rispetto per una torre ed un passaggio "classici"... Ma la roccia è davvero favolosa...
Risalgo tranquillo la prima parte, fino ad un pulpitino... Qui c'è un passaggio considerato chiave...
La tentazione di azzerare c'è stata, per un nanosecondo, poi - grazie anche al mio solito maledetto orgoglio - mi tiro da solo due improperi e decido di ricordarmi la tecnica...
E' vero, cavolo, è vero... A cercare trovi tutto...
La mano trova un appiglio "giusto", l'altra uno un po' meno ma può bastare, alzo un piede e poi l'altro e parto..

Davvero favolosa... Alzandoci, si trovano sempre - cercandoli - gli appigli risolutori... Pochi, ma netti...
In breve mi trovo sulla cima a scambiarmi foto con Luigi e ad accendermi la sigarettina di vetta, sorridendo.

Una breve doppia e giù, alla selletta.

Il programma prevede, dopo il Cinquantenario, lo Spigolo Marimonti alla Cecilia. Un bel IV con una caratteristica e classicissima fessura di IV+, definita in vari siti un piccolo spauracchio...

Luigi parte e traversa la crestina integralmente, senza aggirarla. Lo seguo e mi trovo ad incasinarmi su un tratto in discesa di sano terzo. Mi viene da ridere, invece di preoccuparmi... Mi sto divertendo un sacco.

Siamo sotto la famosa fessura strapiombante (poco) del Marimonti.

Luigi parte e vedo che anche lì, a cercare, c'è tutto. Mi ricordo che, anni fa, la tecnica l'avevo appresa. Difatti parto, non prendo nemmeno in considerazione l'azzeramento e mi isso su bei maniglioni, giocando di piedi e salendo in due più due il passaggio "chiave". Sì, è chiaramente un IV+ secco, ma ben protetto e basta osservare un attimo... Come diceva Detassis, salire con gli occhi...

Il resto è una linea retta in direzione dello spigolo, tutto tra il III+ e molto IV, so roccia appigliata ed ideale.

Sulla vetta, sorrisi, stretta di mano, cambio di scarpe e giù con le doppie.

Ora, le doppie dal Cecilia sono carognose... Non perché siano difficili, anzi...
Il placcone della normale è appoggiato e le corde si incagliano ogni tre per due...
Ovviamente scendo e passo il mio tempo a liberare le corde e farle scendere...

Poi Luigi scende ridendo, a salti.

Ripetiamo la scena per la seconda doppia, ripromettendoci di non documentare le scene da vita malavitosa fatte per liberare le corde durante le discesa e, arrivati alla selletta, velocemente, raccogliamo le nostre carabattole e ci dirigiamo al Rosalba per la birra.

Qui, purtroppo, c'è la solita ressa, quindi limitiamo la pausa allo stretto indispensabile e voliamo verso le Foppe, sempre chiacchierando amabilmente, anche se la velocità di discesa era piuttosto sostenuta...

Incontriamo alcuni escursionisti che ci chiedono se eravamo noi due "quei due matti sullo spigolo"...
Ridiamo, sè, eravamo noi. Quattro ciacole, un saluto rapido e giù...

Le chiacchiere continuano e continueranno anche dopo, dall'Ercole, per la seconda birra.

Nel primo pomeriggio siamo ambedue pronti ad andare ad occuparci delle rispettive famiglie, allegri e felici.

Io, in modo particolare, strafelice per essere riuscito a salire su due vie che sognavo da tempo senza quasi crederci e per aver conosciuto una persona con la quale ho trovato subito una lingua comune, oltre ad aver trovato un vero alpinista che mi ha regalato la sua guida nelle sue montagne, un vero onore.

Per cui, stavolta, oltre a dire "grazie Grignetta per avermi accolto", aggiungo anche un "grazie Luigi, alla prossima, per aumentare il grado... Come dici tu, però, solo quello alcoolico!!!".


giovedì 3 settembre 2009

CRESTA ONGANIA, IL FASCINO DEL FACILE E PANORAMICO



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Zucco di Pesciola, Cresta Ongania, 4 agosto 2009


Non smetterò mai di ripetere - lo faccio da sempre - che tra i possibili itinerari montani, quelli di cresta e gli spigoli rientrano tra quelli che preferisco.
Da quando ho ricominciato ad andare in montagna, poi, l'ambiente dello Zuccone Campelli ha esercitato fin dalla prima volta un fascino incredibile... Un vallone dolomitico id rara bellezza e, guardando dal rifugio Lecco, sulla destra, quella cresta, che pare più una scala creata ad arte dal Supremo Artefice per chi ama la Montagna che una semplice cresta...
Una cresta facile, snobbata da chi ricerca a tutti i costi "il grado" e, contemporaneamente, gettonatissima dai corsi di roccia per le sue caratteristiche: bella, panoramica, con una vasta gamma di passaggi a scelta, con uno sviluppo di 400 metri durante i quali ci si può sbizzarrire tra il III+/max IV fino a lunghi tratti di IV+, a seconda delle possibili varianti da scegliersi "in corso d'opera".

Un zona, peraltro, bellissima per chi ama la roccia, le ferrate, l'escursionismo estivo, anche se mal servita da un servizio impianti di risalita decisamente "cervellotico"... E' un parere mio, che conta poco, certo, ma se ci fossero più corse per un periodo maggiore, di sicuro gli impianti avrebbero una maggiore fruizione, ma le ITB hanno deciso diversamente e tant'è...

E' martedì mattina, 4 agosto. Sono rientrato da poco dalla Corsica e subito mi trovo con Davide, compagno di merende alpinistiche e caro amico. Si parte diretti da Merate, dove lascio l'auto, per andare a prendere il caffè e fare sosta idraulica al bar degli impianti di Bobbio, sopra Barzio. Qui, subito, incontriamo Ivo Mozzanica e Piero Corti, apritori di vie, autori di manuali e noti alpinisti, quasi "miti" per la zona. Facciamo quattro chiacchiere e, tra l'altro, ci viene confermato che la guida dello Zuccone Campelli, finalmente, è in uscita... Loro vanno a piantare fix sul barbisino, noi proseguiamo per il Pesciola. Ci si saluta allegramente e, seguendo Davide, mi faccio accompagnare, finalmente, a fare una cresta cui "facevo la tira" da tempo...

Ovviamente - quasi da copione - riusciamo a perdere la traccia e risaliamo lungo un pendio di erba e sassi che ci fa smadonnare da subito... Ridendo, passando per una sorta di forcellino, arriviamo all'attacco della cresta sorridenti, in una magnifica giornata d'agosto. Imbrago, rinvii, cordini, leghiamo la corda, infiliamo le scarpette e via...
La cresta ci ripaga fin da subito in panorami e varietà di passaggi su buona roccia dolomitica. Un primo tirello ci permette di scaldarci sul terzo-terzo più per poi arrivare ad un secondo tiro con un passaggino iniziale un po' più complesso...
Ogni tirello - o quasi presenta sempre varianti, già attrezzate a fix. Seguiamo una linea "a piacere", tra torrioni e torrioncini, saltini su saltini, generalmente sul terzo grado. Soste, peraltro, ne facciamo più di una, per gustarci i panorami generosi...
Dopo un paio di traversi divertenti, arriviamo ad una sorta di intaglio da raggiungere arrampicando in discesa per poi risalire. Qui sembra che faciamo a gara per scegliere le varianti più idiote per risalire il torrioncino: chi sale per uno strapiombo tra gli insulti di Davide ("Ma che cacchio fai??? Vai a destra, hai voglia di farti tutto a strapiombo???"), chi, dopo essersi preso le parole, insulta pesantemente lo stesso Davide reo di essere salito per una placca che sembra avergli procurato un orgasmo arrampicatorio...

Ormai in vista dell'ultima parte della ferrata CAI Barzio, sulla nostra destra, dobbiamo risalire un pendio erboso un po' fastidioso e poi prendere due camini... Osserviamo il primo e lasciamo perdere da subito: è inzuppato d'acqua da far schifo. Optiamo per un canale sulla sinistra che in alto si chiude a camino e, con un traverso, ci riporta comunque al secondo camino, quello d'uscita, l'unico vero quarto grado obbligatorio della via.

Il canale è abbastanza guanoso, sassi instabili e residui della pioggia caduta la sera prima, ma la strozzatura strapiombante (breve passo) ci ridà subito la carica e ben presto arriviamo all'attacco del camino finale...
Questo è un vero godimento: si sale dapprima con tecnica di camino fino ad uscire sulla sinistra, sul labbro superiore del camino, dove una roccia stupenda ci deposita pochi emtri sotto la Madonnina di Vetta...

Pacca sulla spalla, bevutina, banana premasticata dallo zaino come da tradizione... Foto...
La gioia non riesco a riportarla con semplici parole scritte.

Dopo un po' quattro chiacchiere con altri alpinisti spuntati quasi contemporaneamente e, subito dopo, discesa per il Canalone della Madonna, così chiamato, probabilmente, non tanto per la presenza della Madonnina dello Zucco di Pesciola, quanto per innumerevoli madonne che vengono chiamate in causa dagli alpinisti che lo iscendono... Non mi sottraggo alla statistica e faccio il mio classico ruzzolone da "discesa su sfasciumi e ghaino", aumentando la quantità di invocazioni alla Madonna stessa che, benevola, vedo ridere e ghignare lassù... Mi sa che se la gode anche Lei, spesso, a vederci gambe all'aria atterrare sui propri deretani...

Il gran finale della giornata, dopo una rapida discesa, viene siglato dall'Antonio, al Bar Partenza Funivia dei Piani di Erna, nostro pusher ufficiale di birra favolosa e cibarie ottime...

Che altro dire, se non "grazie Davide" per questa ulteriore giornata favolosa???

Buone Montagne a tutti e, per chi ancora non lo conoscesse, un invito ad andare a scoprire le meraviglie dello Zuccone Campelli!!!