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Corno di Lagoscuro )Passo del Paradiso), Spigolo Nord-Est, 14 Agosto 2008
Corno di Lagoscuro )Passo del Paradiso), Spigolo Nord-Est, 14 Agosto 2008
Prima via di roccia su granito per me, mentre Daniele ha già avuto esperienze in Blumone. Del granito mi sono innamorata al primo tocco sul Corno di Grevo, bellissima ferrata, totalmente arrampicabile.
E’ metà agosto, siamo in ferie e ci stiamo divertendo a vagabondare tra dolomiti e Adamello, con l’auto sempre carica di qualsiasi cosa ci possa servire, e sempre lei…. La nostra tendina arancione. Stavolta però partiamo da Lozio, dove i miei genitori ci hanno ospitati e offerto una delle rare docce calde di queste ferie.
Sveglia alle 6, ma il tempo sembra promettere davvero poco. Daniele scorge una minuscola apertura di azzurro e decidiamo di partire comunque per il Tonale. Male che vada andremo a perlustrare la zona percorrendo il Sentiero dei Fiori, che raggiunge la cima del Corno per via normale. Alle 8, e intanto il cielo si è completamente pulito, siamo pronti per partire con l’Ovovia, peccato che questa non sia pronta per farci salire. Chissà chi ha deciso di aprire un impianto di risalita, in pieno agosto, che porta alla soglia dei 3000….alle 8:40. Improperi e scazzi, già uno prima di una via è un poco teso (per noi sono anche le prime, un po’ di preoccupazione c’è sempre), insomma, speravamo di partire presto.
Alle 8:40 siamo in coda con biglietto e zaino, ma prima delle 9 non si decolla. Amen… dai su sta calmo, non preoccuparti vedrai che alle 10:30 max attacchiamo!
Nel frattempo due alpinisti che conoscono la zona ci dicono che non c’è più nessun ghiacciaio lungo il sentiero di avvicinamento, quindi possiamo salire tranquillamente con le scarpe leggere, e lasciare i ramponi al loro posto in macchina. Ottima notizia, sono 3-4 kg in meno nello zaino.
Fine dell’ovovia al Passo Paradiso, saliamo sulla gelida seggiovia, dalla quale ammiriamo estasiati il panorama che ci circonda. Siamo nel terreno lunare del (ex) ghiacciaio del Presena, saliamo al di sopra di una conca, circondata da austere e granitiche cime. Una di queste, evidente e massiccia, è il corno di Lagoscuro. Al di sotto, vicino a Capanna Presena, si trova, per l’appunto il Lagoscuro, un ameno laghetto glaciale.
L’avvicinamento è breve ma ci toglie il fiato: si riconosce subito la “pasta” bresciana di queste montagne! Sono dure, te le devi davvero guadagnare, sono austere e solitarie (finchè non arrivano le famigliole sul Sentiero dei Fiori).
Dopo mezz’ora di camminata sulla morena arriviamo con fiato corto sotto il corno e iniziamo la perlustrazione in cerca dell’attacco. Marcio è marcio d’appertutto (la relazione diceva questo a proposito del primo tiro). Decidiamo di partire sperando che sia giusto,e lascio volentieri il piacere a Daniele, non per la difficoltà, quanto perché non vorrei che venisse notte prima che io possa trovare la sosta. Parte e arriva in poco tempo. Come promesso, la parete scarica.
Mollo tutto, recupera, parto, arrivo.
Il secondo tiro è mio, tento di salire su una placca, e mi accorgo che con il III+ non ha nulla a che vedere. Scendo e salgo a dx. Traverso sulla cengia a sx e non capisco dove cavolo possa essere la sosta. Bon, ne appronto una io e amen. Recupero Daniele che poi si accorge che la sosta era 5 metri sopra, là, bella con 2 chiodi e un cordone. Andiamo alla sosta.
Parto per il terzo tiro, e qui la via si fa davvero bella. Attimi di esaltazione, ecco il granito che amo, saldo e monumentale. Quando arrivo sullo spigolo, al sole, provo orgoglio e soddisfazione. Salgo una decina di metri sullo spigolo trovo la sosta e recupero. Finalmente anche queste operazioni mi risultano meno difficoltose, qualcosa sto imparando.
Siamo in sosta insieme, al sole, che bello. CI voltiamo a guardarci intorno, è bello essere su un terrazzin odi sosta e ammirare l’anfiteatro roccioso, guardare giù le formichine al rifugio. Mentre salivo, Daniele ha sentito un ragazzino “ehi papà guarda quei 2!”, eh sì siamo noi!! Dal rifugio arrivano note stonate di alpini che cantano.
Tiro chiave, questo è di Daniele. Un elegante diedro (anche ben protetto), che porta di nuovo sullo spigolo, che si rimonta. IV+, IV. Lo vedo ben impegnato, ma divertito. Poi tocca a me, salgo sull’ultimo tiro di IV, che finisce su uno spuntone. Da qui dovrebbero essere poi 100 metir di II, ma è troppo instabile e non mi piace. Rimango sullo spigolo, su un III+, allungando la via di un tiro, ma è decisamente più bella e più aerea!
Così salgo liberamente (proteggendo) per 2 tiri. Purtroppo non riesco ad arrivare in cima perché la corda è finita, tocca arrivare così al nono tiro, per una quindicina di metri. E qui la scena clou.
Ho Daniele 10 metri sotto di me che sale e recupera le protezioni. “Bello questo dado, brava!”. E dopo 2 secondi “cazzo non viene via. Ma come l’hai messo?” Da qui cronometro un quarto d’ora esatto…. La mia poca esperienza mi ha fatto incastrare un dado in una fessura ricurva, e ora non esce più. Sicuro è sicuro, penso… certo che a toglierlo! Intanto sento il rosario e le martellate del cavanut. In qualche modo il dado esce e Daniele arriva.
Ho le braccia distrutte dai recuperi di corda, gli ultimi tiri poco lineari mi hanno stancata. A Daniele l’onore degli ultimi metri per la vetta, quindi. Sono in sosta e lo sento esultare, felice, di un panorama forse inaspettato.
Quando arrivo ci abbracciamo forte, da compagni di cordata oltre che di vita. L’unione di queste due cose genera un affiatamento unico, e una gioia immensa nel condividere l’amore per la roccia. Abbracciati contempliamo l’Adamello, che ci sta di fronte a pochissima distanza, e la catena che circonda il ghiacciaio del Presena. Poi Brenta, Carè Alto, Presanella….
Ah già…. La seggiovia!!! Sì perché oltre ad aprire tardi, chiude presto. E non abbiamo indicazioni molto precise sui tempi di discesa.
Quindi facciamo su le corde, mangiamo qualcosa e ripartiamo, per il secondo tratto del Sentiero dei Fiori. Scendiamo un po’ poi si risale, e troviamo la galleria di guerra lunga 62 metri per la quale abbiamo portato la frontale. Chi ce l’ha? Tu, no tu, non la trovo, ok andiamo senza e fine. A tastoni arriviamo alla fine della galleria, e poco dopo incontriamo un folto gruppo di escursionisti, che, ah… eravate voi due allora sullo spigolo? Ehm sì.. (e dentro un moto d’orgoglio). Ah beh coraggiosi, caspita lassù. Eroi per un giorno, Nives Meroi de noantri.
In poco più di un’ora e mezza siamo alla stazione della funivia, la discesa l’abbiamo davvero bruciata (quando si teme di doversi sciroppare altre 3 ore a piedi nel caso gli impianti chiudessero…). Alla macchina uno sguardo ancora al corno, una via che mi ha regalato davvero tanto, per il luogo e per la solitudine in parete, un’esperienza stupenda.
E’ metà agosto, siamo in ferie e ci stiamo divertendo a vagabondare tra dolomiti e Adamello, con l’auto sempre carica di qualsiasi cosa ci possa servire, e sempre lei…. La nostra tendina arancione. Stavolta però partiamo da Lozio, dove i miei genitori ci hanno ospitati e offerto una delle rare docce calde di queste ferie.
Sveglia alle 6, ma il tempo sembra promettere davvero poco. Daniele scorge una minuscola apertura di azzurro e decidiamo di partire comunque per il Tonale. Male che vada andremo a perlustrare la zona percorrendo il Sentiero dei Fiori, che raggiunge la cima del Corno per via normale. Alle 8, e intanto il cielo si è completamente pulito, siamo pronti per partire con l’Ovovia, peccato che questa non sia pronta per farci salire. Chissà chi ha deciso di aprire un impianto di risalita, in pieno agosto, che porta alla soglia dei 3000….alle 8:40. Improperi e scazzi, già uno prima di una via è un poco teso (per noi sono anche le prime, un po’ di preoccupazione c’è sempre), insomma, speravamo di partire presto.
Alle 8:40 siamo in coda con biglietto e zaino, ma prima delle 9 non si decolla. Amen… dai su sta calmo, non preoccuparti vedrai che alle 10:30 max attacchiamo!
Nel frattempo due alpinisti che conoscono la zona ci dicono che non c’è più nessun ghiacciaio lungo il sentiero di avvicinamento, quindi possiamo salire tranquillamente con le scarpe leggere, e lasciare i ramponi al loro posto in macchina. Ottima notizia, sono 3-4 kg in meno nello zaino.
Fine dell’ovovia al Passo Paradiso, saliamo sulla gelida seggiovia, dalla quale ammiriamo estasiati il panorama che ci circonda. Siamo nel terreno lunare del (ex) ghiacciaio del Presena, saliamo al di sopra di una conca, circondata da austere e granitiche cime. Una di queste, evidente e massiccia, è il corno di Lagoscuro. Al di sotto, vicino a Capanna Presena, si trova, per l’appunto il Lagoscuro, un ameno laghetto glaciale.
L’avvicinamento è breve ma ci toglie il fiato: si riconosce subito la “pasta” bresciana di queste montagne! Sono dure, te le devi davvero guadagnare, sono austere e solitarie (finchè non arrivano le famigliole sul Sentiero dei Fiori).
Dopo mezz’ora di camminata sulla morena arriviamo con fiato corto sotto il corno e iniziamo la perlustrazione in cerca dell’attacco. Marcio è marcio d’appertutto (la relazione diceva questo a proposito del primo tiro). Decidiamo di partire sperando che sia giusto,e lascio volentieri il piacere a Daniele, non per la difficoltà, quanto perché non vorrei che venisse notte prima che io possa trovare la sosta. Parte e arriva in poco tempo. Come promesso, la parete scarica.
Mollo tutto, recupera, parto, arrivo.
Il secondo tiro è mio, tento di salire su una placca, e mi accorgo che con il III+ non ha nulla a che vedere. Scendo e salgo a dx. Traverso sulla cengia a sx e non capisco dove cavolo possa essere la sosta. Bon, ne appronto una io e amen. Recupero Daniele che poi si accorge che la sosta era 5 metri sopra, là, bella con 2 chiodi e un cordone. Andiamo alla sosta.
Parto per il terzo tiro, e qui la via si fa davvero bella. Attimi di esaltazione, ecco il granito che amo, saldo e monumentale. Quando arrivo sullo spigolo, al sole, provo orgoglio e soddisfazione. Salgo una decina di metri sullo spigolo trovo la sosta e recupero. Finalmente anche queste operazioni mi risultano meno difficoltose, qualcosa sto imparando.
Siamo in sosta insieme, al sole, che bello. CI voltiamo a guardarci intorno, è bello essere su un terrazzin odi sosta e ammirare l’anfiteatro roccioso, guardare giù le formichine al rifugio. Mentre salivo, Daniele ha sentito un ragazzino “ehi papà guarda quei 2!”, eh sì siamo noi!! Dal rifugio arrivano note stonate di alpini che cantano.
Tiro chiave, questo è di Daniele. Un elegante diedro (anche ben protetto), che porta di nuovo sullo spigolo, che si rimonta. IV+, IV. Lo vedo ben impegnato, ma divertito. Poi tocca a me, salgo sull’ultimo tiro di IV, che finisce su uno spuntone. Da qui dovrebbero essere poi 100 metir di II, ma è troppo instabile e non mi piace. Rimango sullo spigolo, su un III+, allungando la via di un tiro, ma è decisamente più bella e più aerea!
Così salgo liberamente (proteggendo) per 2 tiri. Purtroppo non riesco ad arrivare in cima perché la corda è finita, tocca arrivare così al nono tiro, per una quindicina di metri. E qui la scena clou.
Ho Daniele 10 metri sotto di me che sale e recupera le protezioni. “Bello questo dado, brava!”. E dopo 2 secondi “cazzo non viene via. Ma come l’hai messo?” Da qui cronometro un quarto d’ora esatto…. La mia poca esperienza mi ha fatto incastrare un dado in una fessura ricurva, e ora non esce più. Sicuro è sicuro, penso… certo che a toglierlo! Intanto sento il rosario e le martellate del cavanut. In qualche modo il dado esce e Daniele arriva.
Ho le braccia distrutte dai recuperi di corda, gli ultimi tiri poco lineari mi hanno stancata. A Daniele l’onore degli ultimi metri per la vetta, quindi. Sono in sosta e lo sento esultare, felice, di un panorama forse inaspettato.
Quando arrivo ci abbracciamo forte, da compagni di cordata oltre che di vita. L’unione di queste due cose genera un affiatamento unico, e una gioia immensa nel condividere l’amore per la roccia. Abbracciati contempliamo l’Adamello, che ci sta di fronte a pochissima distanza, e la catena che circonda il ghiacciaio del Presena. Poi Brenta, Carè Alto, Presanella….
Ah già…. La seggiovia!!! Sì perché oltre ad aprire tardi, chiude presto. E non abbiamo indicazioni molto precise sui tempi di discesa.
Quindi facciamo su le corde, mangiamo qualcosa e ripartiamo, per il secondo tratto del Sentiero dei Fiori. Scendiamo un po’ poi si risale, e troviamo la galleria di guerra lunga 62 metri per la quale abbiamo portato la frontale. Chi ce l’ha? Tu, no tu, non la trovo, ok andiamo senza e fine. A tastoni arriviamo alla fine della galleria, e poco dopo incontriamo un folto gruppo di escursionisti, che, ah… eravate voi due allora sullo spigolo? Ehm sì.. (e dentro un moto d’orgoglio). Ah beh coraggiosi, caspita lassù. Eroi per un giorno, Nives Meroi de noantri.
In poco più di un’ora e mezza siamo alla stazione della funivia, la discesa l’abbiamo davvero bruciata (quando si teme di doversi sciroppare altre 3 ore a piedi nel caso gli impianti chiudessero…). Alla macchina uno sguardo ancora al corno, una via che mi ha regalato davvero tanto, per il luogo e per la solitudine in parete, un’esperienza stupenda.
Complimenti, oltre che per la via per il modo in cui vi gustate la montagna e per come la assaporate!!
RispondiEliminaDovrebbe essere questo il modo in cui si va in montagna!!
Una bella scarpinata,davvero!Complimenti!!
RispondiEliminaAnonimo... Benvenuto... Ma lascia un nome, no?
RispondiEliminaMa che benvenuto!!Sono la Zebretta..imbranata..sto blog è difficile!!
RispondiEliminaGrande Eva, trasmetti emozioni e sentimenti col tuo racconto!
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