Il Blog dei Bradipi di Montagna

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domenica 13 giugno 2010

FOLLETTI, GIGLI E SOLITUDINE ALLA ROCCA DI BAIEDO




Rocca di Baiedo (752 m. - Prealpi Lombarde)
Via Folletto + Solitudine (170 m, D, V - V obbl.)
Mercoledì 8 giugno 2010


A volte è bello bigiare, marinare la scuola (o il lavoro), far manca...

E' così che martedì 8 giugno, verso sera, il ed il mio socio-compagno di merende Davide, abbiamo deciso di sfidare le previsioni meteo non proprio rosee e di tentare di prenderci una mattinata sul verticale... Ovviamente dobbiamo farlo in religioso silenzio, perché si sa benissimo che, se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo e ci sente come nulla a questo mondo...

Il ritrovo con Davide è a Ballabio alle 7, dove arriviamo puntualissimi. Ci dirigiamo dalle solite ragazzotte per fare la prima colazione, espletiamo alcune formalità mattutine e poi ci guardiamo in faccia: abbiamo praticamente solo una mezza giornata a disposizione, siamo indecisi se salire al Torrione Fiorelli in Grignetta o andare a farci qualcosa di più "basso", più piccantino come difficoltà, ma più "tranquillo" in termini di accesso e discesa... In breve la decisione è presa: ci dirigiamo verso Baiedo.

La mattinata si preannuncia calda, molto calda...

E' davvero PRestino e ci prendiamo il lusso di farci un secondo caffè (ed una seconda visita ai bagni della Valsassina, tanto per sicurezza). Sono quasi le 8, andiamo...

Lasciamo l'auto nell'ampio spazio sulla sinistra del Ponte di Baiedo e ci dirigiamo verso la base della parete della Rocca. Stiamo camminando a sentiamo un urlo, proveniente da un'auto che passa sulla statale:

"Ma dove andateeee!!!!!!!!?????"

E' Marco, il Butch Anghileri, che, con occhio da falco, ci ha riconosciuti da distante, mnetre sopraggiungeva in auto. e ci ha "risvegliati" dal torpore della camminata mattutina. Un saluto "al volo" e via... In seguito mi dirà che si vedeva che stavamo "bigiando" e che avevamo la stessa aria che hanno i ragazzini che stanno andando a far danni nella dispensa della mamma...

Decidiamo di salire lungo una via che nasce dalla congiunzione di due itinerari differenti, ovvero i primi quattro tiri di Folletto e gli ultimi due tiri (più uno di "disbrigo") della via Solitudine...

La via è molto bella, continua, sostenuta, sempre tra il IV+, V- ed il V.
160/170 metri di sviluppo, sfrutta le placche a buchi e le flessure libere dalla vegetazione, con passaggi entusiasmanti in placca, tecnici, più un paio di movimenti atletici.

La descrizione suona molto bene; Davide ha già percorso Solitudine, ma non ha mai percorso Folletto... Luigi, lo Slowrun, invece, mi ha caldeggiato l'unione di queste due vie, specificando che, in questo modo, si ottiene una bella via, costante, sostenuta, sempre attorno al V grado. Se lo dice Luigi... Davide è subito d'accordo e partiamo.

All'attacco si arriva in cinque minuti scarsi, a parte per Davide, cui ne occorrono dieci, visto che, al solito, dimentica qualcosa. Stavolta, oltre ad aver dimenticato la macchina fotografica, ha anche lasciato il caschetto nell'auto... Poco male, io resto a sbrogliar la corda e lui va a prendersi la protezione... Com'è giusto che sia....

Alla base, alcune scritte (antiestetiche a dire il vero) indicano chiaramente il punto d'attacco della via Folletto, mettendoci vicino un bel "5a", che, tradotto in gradi cristiani, vuol dire V grado. In effetti, i tre tiri e mezzo, o quattro che dir si voglia, di Folletto sono un inno al V grado. Placche fessurate, strapiombino, diedrino, caminetto-diedro strapiombante... C'è tutto.

Attorno a noi, nel verde del rigoglio tardo-primaverile, una quantità assurda di fiori e di gigli rossi, maestosi nella loro arancione ed altera bellezza. Quella dei gigli sarà la costante, assieme alla verticalità ed al piacere, della nostra gita odierna...

Risaliamo la via Folletto a tiri non troppo lunghi, con calma, gustandoci l'arrampicata. Sono presenti alcuni chiodi ed alcuni spit, ma le possibilità per piazzare protezioni "ad integrazione" sono molteplici e sicure. Risaliamo dapprima una placca, bella, compatta, per poi spostarci a prendere uno strapiombino davvero carino, che, a differenza di quanto riportato su alcune relazioni, si vince più di tecnica e d'astuzia che di forza. Poi una sorta di diedro formato da una lama rovescia e ancora una placchetta che adduce ad un caminetto-diedrino un po' strapiombante dal quale si esce sull'ultima placchetta, da dove una sorta di sentierino porta a congiungersi con la via Solitudine. Le difficoltà sono costanti tra il IV+, il V- e un bel po' di V. Arrampicata favolosa, buchi e maniglie posti proprio là dove servono...

Attorno a noi, ad ogni passo, compaiono, appesi alle rocce, sempre più gigli rossi, una sorta di pianerottoli di casa, sui quali una sapiente mano, in luogo dei gerani, ha deciso di porre questi fiori stupendi che tanto piacevano a mia madre e che fin da giovane ho imparato a rispettare, perché sono molto più belli inseriti nel proprio habitat che recisi in un vaso...

Fin qui siamo arrivati con circa quattro tirelli, abbastanza brevi, sui 20-25 metri. Le possibilità offerte dalla parete per far sosta a piacere non sono poche e le abbiamo sfruttate per farci quattro chiacchiere ed osservare, sotto di noi, la Valsassina...

Ripartiamo, ci mancano i due favolosi tiri finali di Solitudine... Si tratta di due tiri superbi, che sembrano creati ad arte per l'amante del verticale.

Il primo è una placca che sale, lievemente a sinistra, per poi traversare su appigli minimi a destra, alzarsi di poco, prendere un paio di lame verticali e di nuovo tornare verso sinistra, in direzione di una grande pianta piazzata in mezzo alla parete... Sembra quasi messa lì per consentire la sosta a chi sale, regalando anche un po' di gradita ombra...

Sopra di noi, l'ultimo tiro mostra solo la sua prima parte: una placca solcata da una lama che, vista così, sembra essere opera dell'immaginazione di Hans Dülfer... Ma è solo l'inizio...
La lama permette una favolosa ascesa tecnica ed elegante, per poi richiedere di seguire verso destra, ascendendo, un altro paio di piccole lamette, che permettono di arrivare quasi al margine destro della placca. Sopra di noi, non molto lontano, il pianoro di vetta... Ma ci divide da questo una traversatina davvero pepata a sinistra...
Il passaggio non è per nulla immediato: ci si deve alzare un metro ancora, sfruttando una maniglietta poco visibile e poi, per traversare, occorre fidarsi della tenuta delle scarpette. Per tenere l'equilibrio, una piccola escrescenza di roccia un po' più scura...

Un puro gioco d'equilibrio da destra a sinistra per due-tre metri, lunghissimi... Poi, la mano sinistra può trovare una classica lama. messa lì per la gioia dell'arrampicatore.... Il passaggio si risolve, ora, con qualche gradone più semplice (attorno al IV) fino alla sosta, in piena placca appoggiata.

Non ci resta che qualche gradone un po' sporco fino al boschetto, dove possiamo toglierci l'imbrago ed infilare le scarpe da avvicinamento... Siamo sulla vetta della Rocca di Baiedo... Un comodissimo panettone, usato per passeggiate di mezz'ora, poco più, che però a noi ha regalato un paio di bellissime ore di gioco verticale...

Il resto del racconto è facilmente immaginabile...

Rapida discesa, ridendo, prendendoci in giro, cambio abiti e scarpe all'auto, poi partenza per Ballabio, dove, davanti ad una birra, ci si saluta e ci si dà l'arrivederci a prestissimo...

I telefonini hanno già ripreso a suonare ed il lavoro chiama...

Come i più classici degli scolari, beccati dai genitori a marinare la scuola, ma soddisfatti per questo, che nessun rimprovero potrà cancellare, io e Davide ripartiamo, allegri come poche volte...

Nessuno potrà mai portarci via il piacere di essere stati due Folletti, circondati dai Gigli di un verticale giardino pensile, nella rumorosissima Solitudine Valsassinese della Rocca di Baiedo.

Alla prossima!


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