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Rifugio Calvi e
Pizzo del Diavolo di Tenda
da Carona
6 settembre 2009
Rifugio Calvi e
Pizzo del Diavolo di Tenda
da Carona
6 settembre 2009
Il mese di agosto, a parte una passeggiata e due arrampicatine in ottima compagnia, è stato dedicato all'ozio più perfido che un lagunare possa immaginarsi...
Pescare, mangiare, bere, fumare, starsene tranquilli a cercare di sfuggire alla morsa del caldo in Laguna.
Una scappatella al rifugio Venezia dalla Staulanza è stato il mio unico contatto con la Montagna...
Torno a Milano e, voglioso, decido di riprendere...
Venerdì il programmino salta... Acqua su acqua, con Davide le tentiamo tutti ma non riusciamo nemmeno ad uscire dall'auto, solo pioggia...
Il sabato, invece, mi regala una passeggiatina "da morose" al Coltignone, ad ammirare la Grignetta. Al pomeriggio, giretto alle Foppe, senza arrivare al Rosalba...
Per la domenica, mi ero organizzato con altri 3 amici di buona gamba, in ottima forma dopo un bell'agosto di escursioni ed arrampicate, ovvero EvaK, Danbear e Velio.
La meta è il Pizzo del Diavolo di Tenda, una montagna che mi ha affascinato da sempre perché... Beh, basta guardarla, no? Le Orobie offrono panorami favolosi e, tra questi, le frome triangolari del Diavolo e del Diavolino mi avevano affascinato a prima vista.
Decido di salirvi anche per ricominciare con un bel 2000 di dislivello, così, o la va o la spacca, insomma... Una bella "sderenata" per riprendere una forma accettabile, nei limiti della mia notoria pippaggine da vecchio bradipo sclerotico debosciato.
Appuntamento con Velio prima della 5 a Dalmine. L'idea è quella di fermarsi ad un bar ed eventualmente proseguire con un'auto sola, ma, una volta passata Bergamo a bocca asciutta, imbocchiamo la Val Brembana senza trovare uno straccio di esercizio aperto... Va a finire che arriviamo aCarona abbastanza velocemente e, ridendo, ci prepariamo.
Partiamo da Carona alle 6,20 e sta albeggiando. La temperatura non supera i 6 gradi e siamo vestiti di tutto punto per partire, compreso il berrettino... Passiamo Pagliari che iniziano a farsi vedere le prime luci sui contrafforti orobici e la giornata si preannuncia fantastica, a parte i pochi gradi...
In un'ora e 45 io e Velio siamo al rifugio Calvi, in una conca deliziosa. Qui incontriamo Daniele ed Eva che, essendo stati ad arrampicare il dì precedente, hanno ben pensato di dormire al rifugio e ci accolgono col più bello e riposato dei sorrisi.
Quattro ciacole veloci, un caffettino, una tappa al bagno e poi partenza...
La tempistica dei locals non va presa alla lettera, lo sapevamo già.. Per loro è tutto "un'oretta, due orette", espresse in una lingua sicuramente pittoresca e degna di studio, resa particolare da una serie di aspirate inframmezzate da un paio di "pota". Peccato che, oltre ad aver necessità dell'intervento di qualcuno per fungere da interprete, ci si renda subito conto che anche le espressioni "un'oretta, due orette" siano soggette alla più ampia interpretazione..
Triste aver dedicato una vita allo studio delle lingue europee e trovarsi a dover chiedere l'intervento dell'interprete...
Risaliamo la valle, dopo aver perso svariate decine di metri di dislivello e ci dirigiamo verso Messer Diavolo.
Dopo circa 1400 m di dislivello, comincio a sentire che le gambe non vanno come vorrei...
Eva e Daniele, nel frattempo, dicono di voler salire per la cresta Baroni. Io dapprincipio volevo salire per il Diavolino e da lì seguire la cresta sud al Diavolo...
Sopra le sorgenti del Brembo mi rendo conto di essere stanchino e, al momento di dividersi (chi per la Baroni, chi per il Passo di Valsecca), lascio stare, faccio quattro conti e, dopo aver cercato di accampare inutili e pietose scuse, dico chiaramente e semplicemente di non avere abbastanza birra per salire la cresta.
L'accordo era semplice: li avrei lasciati andare per la cresta per raggiungerli lungo la Normale dalla Bocchetta di Podavit.
Ci diamo appuntamento sul Diavolo e ci salutiamo. Osservo, un po' mestamente, ma non troppo, i miei amici che salgono verso la Cresta Baroni, che pure era nella lista dei miei "desiderata" orobici, ma per oggi sento che, a dirla in napoletano "non è cosa".
Riprendo a salire mestamente, stanco, ma appagato da una giornata favolosa, blu, con visuali orobiche e non solo, assolutamente favolose e con panorami ad ogni passo più belli.
Arrivo alla Bocchetta di Podavit, mi affaccio dall'altra parte e resto senza parole di fronte al Disgrazia, ai monti della Val Masino ed a tutto quello che il panorama offre...
Mi riposo una decina di minuti, poi comincio a salire per la Normale. Sento una specie di ronzio alle orecchie...
Mentre salgo, stancamente ed a fatica, passaggi che arriveranno forse al I grado, penso che il giorno prima non avrei dovuto farmi simili mangiate e, soprattutto, tirar tardi la notte, visto che misarei dovuto svegliare alle 3,40...
Continuo a salire, ma ho difficoltà a seguire i pur copiosi bolli segnavia, perdo troppo spesso la traccia e sono meno deciso del solito, quando, senza pensarci su due volte, ad un bollo perso corrisponde regolarmente una "tirata" sicura seguendo semplicemente la linea immaginaria della via senza stare a guardare troppo bolli ed ometti...
Niente, mi sono cuccato circa 1800 metri di dislivello e li sto sentendo tutti...
Continuo a salire, sbaglio - al solito - e mi imbrano su na specie di placchetta che normalmente passerei ridendo e vedo che, ormai, non sono che l'ombra di me stesso...
Lo zaino pesa troppo, mi fa male alle spalle...
Maledico di esserni portato dietro anche la corda, ma ero partito per salire la cresta...
Fanzum...
Arrivo quasi in cresta e devo fermarmi per rifiatare... Osservo. Manca ancora un saltino, pochi metri. Poi un centinaio di metri di cresta quasi orizzontale. La cima è lì, la vedo, sono "a due passi dalla cima"...
Le mie ginocchia, però, cedono di brutto e la testa ronza...
So di dover scendere al ritorno questi cento metri di sfasciumi fastidiosoi che si chiamano via normale...
L'esposizione mi sembra adesso forte, le gambe perdono il passo saldo...
Conosco già queste sensazioni...
Da ragazzo le avevo lette, descritte benissimo da Gigi Signoretti in un racconto pubblicato in "Le Alpi Venete" e - se ben ricordo - intitolato "La riga nera". Roba degli anni 80... Ma sempre valida.
Faccio due conti... La cima sarà al massimo a 20-30 m di dislivello e cento in linea d'aria di distanza...
Ma non ne posso più... Tra risaliitine e contropendenza siamo già oltre i 1800 di dislivello... Con il ritorno mi sa che i 2000 oggi me li faccio o poco ci mancherà...
Non arriverò in vetta?
La voglia ci sarebbe tutta...
La vetta è lì, ma, invece di dirmi "ti aspetto", la sento distintamente dirmi "idiota, la condizione fisica è una cosa seria. Qui siamo in Orobia, montagna aspra... Sei venuto a tovarmi senza preparazione, non mi hai rispettato abbastanza. Ti premio con una giornata magnifica, mi sei arrivato vicino, ma non sei degno di calcare la mia cima. Accontentati dell'anticima... E più avanti non andare..." . Non so se alla fine della frase anche il Diavolo avesse messo un bel "pota!", ma immagino di sì...
So di dover riscendere, che i miei amici ormai staranno sbucando dalla Cresta Baroni...
Ho un attimo di lucidità e mi dico da solo "hai chiesto troppo a te stesso". A quel punto la decisione è presa. Volto i tacchi e discendo la "normale".
Lo so che la parte rognosa l'avevo già passata, lo so.
Ma so che se fossi andato oltre avrei mancato di rispetto alla Montagna ed a me stesso...
La normale è più merdosa in discesa che in salita...
Arrivo alla base, scendo la cresta, taglio per sfasciumi fin sotto la Bocchetta di Podavit e mi siedo...
Devo rifiatare. ho bisogno di liquidi e zuccheri...
Mangio, bevo e poi mi diverto ad osservare due camosci che osservano a loro volta chi scende dal Diavolo... Nascosti da due spuntoni, li osservano da non più di tre metri di distanza...
Fotogrado tutto, osservo montagne che conosco pochissimo e non possono che incantare...
La giornata è splendida e sento distintamente il Diavolo che mi dice: "hai fatto la cosa giusta, non solo per me, ma per te stesso... Come premio, osservati i panorami, i camosci e riposati per la discesa... Tanto i i 1900 di dislivello te li sei fatti... Volevi "devastarti" un po' per riprendere la condizione? Eccoti servito... Ma la vetta no, non l'hai meritata".
Ricevuta la lezione di umiltà, ringrazio e mi fumo la sigarettina in santa pace...
Dopo un po' scendono vittoriosi e allegri Eva, Daniele e Velio e scambio qualche impressione, raccontando loro per qual motivo abbia rinunciato alla vetta...
Anche secondo loro ho preso la decisione giusta...
Poi, iniziamo la lunga discesa al Calvi e la ancor più lunga discesa a Carona...
Al Calvi una meritata birra...
Dopo la birra, però, com'era logico aspettarsi, è iniziato il momento mistico...
La discesa per la carrozzabile che diventa eterna, la Madonna e l'Arcangelo Gabriele che mi si mostrano, lo zaino che ormai sembra avere sugli spallacci lame contro le mie spalle, le scarpe divenute ormai strumento di tortura...
Anche i miei amci non sono messi meglio e tutti ci lamentiamo per i piedi, le scarpe, le dita, le spalle...
Arriviamo, comunque, al parcheggio, devastati ma felici, allegri e grati alle Orobie. Loro tre anche per la vetta, oltre che per tutte le bellezze della giornata.
Io, invece, felice e grato per una lezione di umiltà che già avevo avuto, che io stesso tendo a ricordare, ma che in questa occasione avevo scordato...
Una lezione data col sorriso sulle labbra, come un nonno col nipotino discolo.
Posso solo dire di essere felice di aver avuto il coraggio di saper prevalere sul mio orgoglio e di aver saputo rinunciare "a due passi dalla cima".
Le lezioni di umiltà, soprattutto in giornate così belle, diventano ancor più utili, benvenute e, di sicuro, si ricordano meglio e con maggior gratitudine...
Tornerò sul Diavolo, ma mantenendo la promessa che, silentemente gli avevo fatto prima di iniziare la discesa. "La prossima volta mi allenerò prima per te, non userò te per allenarmi senza sapere peraltro per cosa mi alleno".
Ciao Diavolo, alla prossima.
Pescare, mangiare, bere, fumare, starsene tranquilli a cercare di sfuggire alla morsa del caldo in Laguna.
Una scappatella al rifugio Venezia dalla Staulanza è stato il mio unico contatto con la Montagna...
Torno a Milano e, voglioso, decido di riprendere...
Venerdì il programmino salta... Acqua su acqua, con Davide le tentiamo tutti ma non riusciamo nemmeno ad uscire dall'auto, solo pioggia...
Il sabato, invece, mi regala una passeggiatina "da morose" al Coltignone, ad ammirare la Grignetta. Al pomeriggio, giretto alle Foppe, senza arrivare al Rosalba...
Per la domenica, mi ero organizzato con altri 3 amici di buona gamba, in ottima forma dopo un bell'agosto di escursioni ed arrampicate, ovvero EvaK, Danbear e Velio.
La meta è il Pizzo del Diavolo di Tenda, una montagna che mi ha affascinato da sempre perché... Beh, basta guardarla, no? Le Orobie offrono panorami favolosi e, tra questi, le frome triangolari del Diavolo e del Diavolino mi avevano affascinato a prima vista.
Decido di salirvi anche per ricominciare con un bel 2000 di dislivello, così, o la va o la spacca, insomma... Una bella "sderenata" per riprendere una forma accettabile, nei limiti della mia notoria pippaggine da vecchio bradipo sclerotico debosciato.
Appuntamento con Velio prima della 5 a Dalmine. L'idea è quella di fermarsi ad un bar ed eventualmente proseguire con un'auto sola, ma, una volta passata Bergamo a bocca asciutta, imbocchiamo la Val Brembana senza trovare uno straccio di esercizio aperto... Va a finire che arriviamo aCarona abbastanza velocemente e, ridendo, ci prepariamo.
Partiamo da Carona alle 6,20 e sta albeggiando. La temperatura non supera i 6 gradi e siamo vestiti di tutto punto per partire, compreso il berrettino... Passiamo Pagliari che iniziano a farsi vedere le prime luci sui contrafforti orobici e la giornata si preannuncia fantastica, a parte i pochi gradi...
In un'ora e 45 io e Velio siamo al rifugio Calvi, in una conca deliziosa. Qui incontriamo Daniele ed Eva che, essendo stati ad arrampicare il dì precedente, hanno ben pensato di dormire al rifugio e ci accolgono col più bello e riposato dei sorrisi.
Quattro ciacole veloci, un caffettino, una tappa al bagno e poi partenza...
La tempistica dei locals non va presa alla lettera, lo sapevamo già.. Per loro è tutto "un'oretta, due orette", espresse in una lingua sicuramente pittoresca e degna di studio, resa particolare da una serie di aspirate inframmezzate da un paio di "pota". Peccato che, oltre ad aver necessità dell'intervento di qualcuno per fungere da interprete, ci si renda subito conto che anche le espressioni "un'oretta, due orette" siano soggette alla più ampia interpretazione..
Triste aver dedicato una vita allo studio delle lingue europee e trovarsi a dover chiedere l'intervento dell'interprete...
Risaliamo la valle, dopo aver perso svariate decine di metri di dislivello e ci dirigiamo verso Messer Diavolo.
Dopo circa 1400 m di dislivello, comincio a sentire che le gambe non vanno come vorrei...
Eva e Daniele, nel frattempo, dicono di voler salire per la cresta Baroni. Io dapprincipio volevo salire per il Diavolino e da lì seguire la cresta sud al Diavolo...
Sopra le sorgenti del Brembo mi rendo conto di essere stanchino e, al momento di dividersi (chi per la Baroni, chi per il Passo di Valsecca), lascio stare, faccio quattro conti e, dopo aver cercato di accampare inutili e pietose scuse, dico chiaramente e semplicemente di non avere abbastanza birra per salire la cresta.
L'accordo era semplice: li avrei lasciati andare per la cresta per raggiungerli lungo la Normale dalla Bocchetta di Podavit.
Ci diamo appuntamento sul Diavolo e ci salutiamo. Osservo, un po' mestamente, ma non troppo, i miei amici che salgono verso la Cresta Baroni, che pure era nella lista dei miei "desiderata" orobici, ma per oggi sento che, a dirla in napoletano "non è cosa".
Riprendo a salire mestamente, stanco, ma appagato da una giornata favolosa, blu, con visuali orobiche e non solo, assolutamente favolose e con panorami ad ogni passo più belli.
Arrivo alla Bocchetta di Podavit, mi affaccio dall'altra parte e resto senza parole di fronte al Disgrazia, ai monti della Val Masino ed a tutto quello che il panorama offre...
Mi riposo una decina di minuti, poi comincio a salire per la Normale. Sento una specie di ronzio alle orecchie...
Mentre salgo, stancamente ed a fatica, passaggi che arriveranno forse al I grado, penso che il giorno prima non avrei dovuto farmi simili mangiate e, soprattutto, tirar tardi la notte, visto che misarei dovuto svegliare alle 3,40...
Continuo a salire, ma ho difficoltà a seguire i pur copiosi bolli segnavia, perdo troppo spesso la traccia e sono meno deciso del solito, quando, senza pensarci su due volte, ad un bollo perso corrisponde regolarmente una "tirata" sicura seguendo semplicemente la linea immaginaria della via senza stare a guardare troppo bolli ed ometti...
Niente, mi sono cuccato circa 1800 metri di dislivello e li sto sentendo tutti...
Continuo a salire, sbaglio - al solito - e mi imbrano su na specie di placchetta che normalmente passerei ridendo e vedo che, ormai, non sono che l'ombra di me stesso...
Lo zaino pesa troppo, mi fa male alle spalle...
Maledico di esserni portato dietro anche la corda, ma ero partito per salire la cresta...
Fanzum...
Arrivo quasi in cresta e devo fermarmi per rifiatare... Osservo. Manca ancora un saltino, pochi metri. Poi un centinaio di metri di cresta quasi orizzontale. La cima è lì, la vedo, sono "a due passi dalla cima"...
Le mie ginocchia, però, cedono di brutto e la testa ronza...
So di dover scendere al ritorno questi cento metri di sfasciumi fastidiosoi che si chiamano via normale...
L'esposizione mi sembra adesso forte, le gambe perdono il passo saldo...
Conosco già queste sensazioni...
Da ragazzo le avevo lette, descritte benissimo da Gigi Signoretti in un racconto pubblicato in "Le Alpi Venete" e - se ben ricordo - intitolato "La riga nera". Roba degli anni 80... Ma sempre valida.
Faccio due conti... La cima sarà al massimo a 20-30 m di dislivello e cento in linea d'aria di distanza...
Ma non ne posso più... Tra risaliitine e contropendenza siamo già oltre i 1800 di dislivello... Con il ritorno mi sa che i 2000 oggi me li faccio o poco ci mancherà...
Non arriverò in vetta?
La voglia ci sarebbe tutta...
La vetta è lì, ma, invece di dirmi "ti aspetto", la sento distintamente dirmi "idiota, la condizione fisica è una cosa seria. Qui siamo in Orobia, montagna aspra... Sei venuto a tovarmi senza preparazione, non mi hai rispettato abbastanza. Ti premio con una giornata magnifica, mi sei arrivato vicino, ma non sei degno di calcare la mia cima. Accontentati dell'anticima... E più avanti non andare..." . Non so se alla fine della frase anche il Diavolo avesse messo un bel "pota!", ma immagino di sì...
So di dover riscendere, che i miei amici ormai staranno sbucando dalla Cresta Baroni...
Ho un attimo di lucidità e mi dico da solo "hai chiesto troppo a te stesso". A quel punto la decisione è presa. Volto i tacchi e discendo la "normale".
Lo so che la parte rognosa l'avevo già passata, lo so.
Ma so che se fossi andato oltre avrei mancato di rispetto alla Montagna ed a me stesso...
La normale è più merdosa in discesa che in salita...
Arrivo alla base, scendo la cresta, taglio per sfasciumi fin sotto la Bocchetta di Podavit e mi siedo...
Devo rifiatare. ho bisogno di liquidi e zuccheri...
Mangio, bevo e poi mi diverto ad osservare due camosci che osservano a loro volta chi scende dal Diavolo... Nascosti da due spuntoni, li osservano da non più di tre metri di distanza...
Fotogrado tutto, osservo montagne che conosco pochissimo e non possono che incantare...
La giornata è splendida e sento distintamente il Diavolo che mi dice: "hai fatto la cosa giusta, non solo per me, ma per te stesso... Come premio, osservati i panorami, i camosci e riposati per la discesa... Tanto i i 1900 di dislivello te li sei fatti... Volevi "devastarti" un po' per riprendere la condizione? Eccoti servito... Ma la vetta no, non l'hai meritata".
Ricevuta la lezione di umiltà, ringrazio e mi fumo la sigarettina in santa pace...
Dopo un po' scendono vittoriosi e allegri Eva, Daniele e Velio e scambio qualche impressione, raccontando loro per qual motivo abbia rinunciato alla vetta...
Anche secondo loro ho preso la decisione giusta...
Poi, iniziamo la lunga discesa al Calvi e la ancor più lunga discesa a Carona...
Al Calvi una meritata birra...
Dopo la birra, però, com'era logico aspettarsi, è iniziato il momento mistico...
La discesa per la carrozzabile che diventa eterna, la Madonna e l'Arcangelo Gabriele che mi si mostrano, lo zaino che ormai sembra avere sugli spallacci lame contro le mie spalle, le scarpe divenute ormai strumento di tortura...
Anche i miei amci non sono messi meglio e tutti ci lamentiamo per i piedi, le scarpe, le dita, le spalle...
Arriviamo, comunque, al parcheggio, devastati ma felici, allegri e grati alle Orobie. Loro tre anche per la vetta, oltre che per tutte le bellezze della giornata.
Io, invece, felice e grato per una lezione di umiltà che già avevo avuto, che io stesso tendo a ricordare, ma che in questa occasione avevo scordato...
Una lezione data col sorriso sulle labbra, come un nonno col nipotino discolo.
Posso solo dire di essere felice di aver avuto il coraggio di saper prevalere sul mio orgoglio e di aver saputo rinunciare "a due passi dalla cima".
Le lezioni di umiltà, soprattutto in giornate così belle, diventano ancor più utili, benvenute e, di sicuro, si ricordano meglio e con maggior gratitudine...
Tornerò sul Diavolo, ma mantenendo la promessa che, silentemente gli avevo fatto prima di iniziare la discesa. "La prossima volta mi allenerò prima per te, non userò te per allenarmi senza sapere peraltro per cosa mi alleno".
Ciao Diavolo, alla prossima.
Complimenti, hai proprio avuto le palle x prendere quella decisione.
RispondiEliminaSe non fossi stato fumatore, a parità di condizione fisica e di allenamento, però, saresti arrivato in vetta.
Ivan