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Da San Tomaso a Preguda passando per il Corno Orientale di Canzo e la traversata del Moregallo
22 aprile 2009
Da San Tomaso a Preguda passando per il Corno Orientale di Canzo e la traversata del Moregallo
22 aprile 2009
Ci sono periodi in cui tutto sembra remare contro le tue passioni. Lavoro, famiglia, casini vari, rotture, piante che ti atterrano addosso rovinandoti le dita... Di tutto di più.
Come dice il vecchio adagio, però, dopo la pioggia ritorna il sereno e, quando serve, bisogna darsi da fare perché, sempre secondo un altro adagio, se la fortuna è cieca, la sfiga, dal canto suo, ci vede benissimo.
Ieri, martedì, io ed il fido compagno di merende Davide saremmo dovuti andare a farci un giro per crode, ma la succitata sfiga, unita all'immane forza delle rispettive compagne di vita, preoccupate per il meteo e la condizione degli itinerari, ha voluto che non andassimo ad usare scarpette e corde. Ormai sono quasi due settimane che non faccio nulla in montagna e sento le ragnatele figurate che aumentano. Devo fare qualcosa...
La prima scelta era ricaduta sul gruppo del Coltignone. Avevo da tempo in mente un giro ad "otto", partendo dal Pradello, ovvero salire per i Tecett, arrivare al Piazza, salire per crestina fino al Medale e da qui al Coltignone per il sentiero GER. Per la discesa, poi, sentiero della Val Verde e Pizzetti in discesa, ricercando, poi, il sentiero per tornare a Pradello ed all'auto.
Questa idea, però, resterà per le opzioni future. Stamattina, mercoledì, alle 06.00, quando, a mo' di tromba militare, squilla la sveglia, faccio un 2+2 rapidissimo: anche ieri sera ha piovuto (e non poco), quindi trovo tutto bagnato... I sentieri del Coltignone sono molto ripidi... Meglio cambiare itinerario.
Vabbe', mi preparo il caffè, do un bacio allo zaino, cerco di mettermi sulle spalle la mia compagna, la quale mi cazzia e mi spiega che dovevo fare l'esatto contrario, torno indietro, mi faccio un secondo caffè, vengo mandato a "defecare" dalla già citata, prendo l'invito come un ordine, eseguo, mi rovescio contro qualcosa che avevo lasciato a terra, prendo un'ulteriore scarica di insulti e finalmente esco di casa.
Sono le sette meno un quarto, prendo via Palmanova che faccio a razzo, salgo in Tangenziale, prendo subito a destra per Lecco, come al solito esco a Sesto Marelli per non pagare l'obolo autostradale, faccio la rotatoria e passo davanti al Vulcano, tiro qualche bestemmione ad altrettanti camioncini e macchine che fanno a gara per un metro davanti od indietro...
Riesco ad arrivare a Cinisello, giro a sinistra, passo davanti all'Auchan ingaggiando una lotta all'ultimo sangue con due furgoncini di agguerritissimi lavoratori e con autisti degni di formula uno (ok, Monza è vicina).
Passo Monza, la superstrada ha ora tre corsie e mi gusto il panorama davanti, anche se devo avere sempre almeno otto occhi per i pazzi che fanno ogni genere di cazzata sprezzanti di tutto.
Bene, una volta fuori Monza il resto è solo una formalità...
Mentre mi avvicino al Lecchese mi pongo la domanda: allora, idiota, dove vai oggi?
Il Moregallo mi osserva, stagliandosi nell'azzurro del cielo... Lo sa che lo adoro...
La macchina gira da sola ed in pochi minuti salgo al Belvedere di Valmadrera, giusto per capire che col cavolo che trovo parcheggio, quindi torno indietro. Per fortuna a Valmadrera centro i posti non mancano e sono solo dieci minuti di camminata per la frazione Belvedere, quindi...
Quindi si parte. Osservo i colori del verde e l'azzurro acceso del cielo... La gambe prendono velocità, troppa... In mezz'ora sono a San Tomaso, dove il Corno Rat, beffardo, mi osserva. A differenza degli altri Corni, col Corno Rat esiste un rapporto ambivalente di amore-odio...
Lui sa che lo adoro per quel cimotto boscoso e panoramico, mentre, contrariamente al solito, non apprezzo la sua ferrata, quella del XXX OSA: La trovo troppo servita di pioli, insomma, non ci vogliamo bene. Mi attira, invece, qualche decina di metri a destra, la via Dall'Oro...
Un amore-odio che non mancherà, anche oggi, di fare capolino.
La roba da ferrata ce l'ho, bella stipata, nello zaino...
Venti minuti e sono all'attacco.
Qui trovo che ci sono altre persone che vogliono salire: due ragazzi, uno dei quali esperto che accompagna l'amico. Non mi va di disturbarli e li lascio salire, mentre mi preparo e mi fumo una cicca in santa pace. Ma, mentre sto per partire, sento che sale altra gente...
Al solito, questo è un segno del Corno Rat: parli male della mia ferratina, cacchi tuoi, oggi è mercoledì, giorno dei temutissimi gruppi Età dell'Oro, quindi capperacci tuoi...
Giro i tacchi, scendo di nuovo al sentiero e giro a sinistra in direzione di Sambrosera. Scendendo, mi rendo conto che non era un'impressione: i sentieri sono ancora piuttosto viscidi e fangosi...
Arrivo rapidamente al bivio per la Sorgente di Sambrosera e prendo a sinistra fino all'indicazione del sentiero che, passando per il Corno Rat, porterebbe all'Acqua del Foo. Bene, questo tratto ancora mi manca (bello questo giocare coi sentieri come una volta con le figurine), è il caso di vederlo.
Il sentiero comincia subito a salire, in modo sostenuto, per un quarto d'ora, raggiungendo poi uno stupendo traverso e subito dopo la radura sottostante la cima del Corno Rat. Ci arrivo sbuffando un po', vuoi per il fatto che in questa zona i sentieri sono sempre ripidi, vuoi perché molti sono i tratti viscidi e fangosi, che raddoppiano la fatica, soprattutto a qualcuno che è molto "indietro" con la preparazione.
Dopo una adeguata sosta "bevuta-pipì-cicchetta", riparto gambe in spalla, ma subito mi rendo conto che sarà il casa di mettere sulle suddette spalle lo zaino, magari dopo aver recuperato la macchina fotografica lasciata sull'erba...
Ok, riesco a partire, autedefinendomi Fantozzi del mercoledì e, ridendo da solo come uno scemo, prendo il sentiero definito "sentiero attrezzato XXX OSA", che altro non è che la continuazione della ferrata fino al Corno Orientale di Canzo.
Il sentiero è dapprima bello ripido su un terreno meravigliosamente.. Ancora fangoso, porca pupazza!!! Faccio un passo avanti e tre indietro, mi sembra di essere sul ghiaione del Passo delle Cirelle trent'anni fa (esperienza mistica di risalita di ghiaione).
Sbuffando come un mantice, raggiungo il primo tratto "attrezzato" (cinque metri di rocce rotte con una catena, perfettamente inutile) che, sdegnato, aggiro per roccette sulla destra. Altra risalitina oscenamente fangosa per arrivare al secondo tratto attrezzato, sempre da evitare sulla destra, per simpatiche roccette e, finalmente, si sbuca sulla crestina rocciosa che adduce all'anticima del Corno.
Qui si trova l'unico tratto attrezzato realmente degno di questo nome e di una qualche ragione d'essere: una rampa-diedro che sale a destra per andare a prendere una paretina quasi verticale. Ci sono passato l'anno scorso e l'ho trovato davvero divertente. Mentre lo sto osservando, mi sovviene di aver letto che questo tratto è evitabile a sinistra, per sentiero segnato. Bene, visto che oggi è giornata dedicata a "passo dove ancora non sono passato", vado a vedere questo tratto...
E mal me ne incolse, eccome...
Il sentiero è segnato malissimo ed è completamente andato a causa di incuria, franamenti e passaggi rarissimi. Costringe ad un paio di saliscendi tra rovi, tratti franosi, detriti... Alla fine, mi vanno via un venti minuti per arrivare alla Bocchetta di Luera. Se fossi salito per il tratto attrezzato, in dieci minuti scarsi sarei stato sulla cima del Corno. Adesso capite perché ho definito "con ragion d'essere" quel tratto attrezzato.
Sto per uscire sai cespugli che adducono alla Bocchetta di Luera, quando sento un battito d'ali: penso ad un qualche simpatico corvo e, invece, mi passa a pochissimi metri un falco stupendo...
Non avevo la macchina fotografica pronta e quello non aspetta il clic...
In pochi passi salgo alla croce del Corno Orientale, mi tolgo la maglietta, la stendo ad asciugare, bevo, mangio una banana premasticata dallo zaino e mi guardo attorno: sono a soli 1239 metri, ma lo sguardo spazia...
Davanti a me la Brianza con i suoi laghi, la crestina appena salita, appena a destra il Corno Birone, il Rai, il Prasanto; dietro, il Comasco... Mi volgo ancora a destra, osservo la potenza del Corno Centrale davanti a me, troppo carino...
Sempre girando verso destra (si, mi giravo anche col corpo, ovvio, mica sono Linda Blair ne l'Esorcista..), osservo il Lario, con dietro la miriade di cime innevate e poi, ovviamente, le regine, le Grigne. Ancora un piccolo spostamento, osservo lo Zuccone Campelli che spunta dietro i Resinelli, è ancora pieno di neve... Guardo il Resegone, la cresta dell'Ocone, poi abbasso lo sguardo ad osservare il dirimpettaio Moregallo che mi sorride con le sue creste ed i suoi innumerevoli pinnacoli, simili ad un organo di roccia. Osservo la crestina, tra non molto ci salitò.
Una piccola sosta, un piccolo bagno di sole, giusto il tempo per capire che ho poca scorta di liquidi. Lo immaginavo ma ero preparato all'evenienza: mi dirigo, quindi, spedito verso il rifugio SEV Pianezzo, passando per un ghiaioncino dal sapore marcatamente dolomitico. sotto i Pilastri Maggiore e Minore. In pochi minuti sono al rifugio, accogliente e simpatico, gestito dai Volontari della SEV, che al mercoledì sono soprattutto i cosiddetti "pensionati", signorotti simpaticissimi, sempre pronti alla battuta ed amanti della buona cucina.
Quattro chiacchiere, mi faccio dare una mega-birra ed un po' d'acqua. Mi porto sulla terrazza e mi gusto la birra mentre mi crogiuolo al sole vicino ad alcune lucertole che, a differenza mia, non si godono la birra. Provo ad offrirgliene un po', ma non gradiscono.
Rientro al rifugio per consegnare la bottiglia vuota, ritrovo un escursionista incontrato al mattino. Altre quattro ciàcole, un paio di risate coi "ragazzotti" della SEV e poi è ora di ripartire. Poco sotto il rifugio incontro una coppia di signori attempati, belli, allegri. Stanno - anzi, lei sta - decantando le meraviglie della cucina del SEV, che ben conosco. Purtroppo ero arrivato tardi e gli stinchi erano finiti...
Scendo a velocità sostenuta verso la Bocchetta di Moregge. La velocità non è sostenuta per volontà mia, ma a causa dell'erba secca che rende tutto estremamente scivoloso. Poco prima della Bocchetta incontro due escursionisti, a prima vista padre e figlio, che mi chiedono qualcosa sui sentieri della zona per tornare a San Tomaso. Sono lombardi, ma hanno un'idea abbastanza vaga del tutto. Simpatici, altre quattro chiacchiere. Ci salutiamo.
Dalla bocchetta, grazie anche al tempo stupendo, piccolissima pausa panorama, per osservare i giochi della luce sul sottostante Lago e poi su, verso la Cresta Ovest del Moregallo.
L'itinerario mi è ben noto, lo ho fatto e rifatto. Posso scegliere tra la cresta integrale od il sottostante Sentée de Tavoulera, che corre qualche decina di metri più sotto. Preferisco, ovviamente, la cresta...
Aerea, a saliscendi brevi e mai eccessivi, segue fedelmente i risalti ed i cimotti per arrivare in una mezz'oretta all'unico tratto attrezzato prima del Gioch, il vero tratto "ferrato"... Una catena per buona parte inutile se non in condizioni avverse. Ma c'è, è ormai storica e non disturba più di tanto. In breve passo oltre il Gioch e mi ritrovo sulla boscosa cima del Moregallo.
Stranamente, mi ci ritrovo da solo... Solo al mercoledì sul Moregallo... Incredibile.
Mi prendo la soddisfazione di togliermi scarpe, pantaloni, maglietta, mettere tutto ad asciugare e prendermi un po' di sole in costume. Manco fossi a Jesolo...
Sento dei rumori, mi volto e vedo un paio di mufloni, curiosissimi... Secondo me quando belano hanno l'accento sardo... Dev'essere la solita deformazione professionale del linguista che sta attento alla fonologia...
Per una ventina di minuti faccio un bagno di sole, bevo, mi rilasso e mi fumo un paio di sigarette. Poi, con calma, mi ricompongo, mi preparo e comincio a scendere verso Est. Voglio fare tutto il versante Est fino ad arrivare alla chiesetta di Sant'Isidoro al Sasso di Preguda. Il percorso è lungo, ma l'idea di comppletare la traversata del Moregallo mi affascina, oggi... E poi, è o non è oggi la giornata dedicata ai sentieri "noti ma non ancora fatti"??
Vedo salire due alpinisti che, presumibilmente, sono saliti per la Cresta OSA. Altre persone non ne vedo...
Comincio a scendere, sempre attentamente per i residui di fango e soprattutto per la perfida erba secca... Arrivo alla Bocchetta di Sambrosera e risalgo al cimotto successivo, da dove il sentiero diventa ripidissimo e faticoso fino al bivio tra questo ed il sentiero Paolo ed Eliana. Lascio quest'ultimo, che avevo percorso l'anno scorso dopo aver fatto il Canalone Belasa con Giuliano, e mi dirigo verso Est, su un sentiero di nuovo molto ripido.
Un breve tratto quasi orizzontale permette di ripassare dal versante sud a quello est, passando per una sorta di "Termopili" moregallesche. Ormai scendo con davanti a me il verde dei prati di Preguda ed il blu del lago, mentre oltre, al di là di Lecco, le ben conosciute cime sembrano dire "ma quando vieni a trovarci?"...
La discesa è veramente lunga, sembra non finire mai, alterna tratti in discesa "umana" a bruschi salti decisamente ripidi e scivolosi. Poi, quasi per fortuna, da un ambiente roccioso, ci si trova in un ambiente prativo e boscoso, che gradatamente accompagna all'agognata chiesetta di Sant'Isidoro, il belvedere di Valmadrera, luogo preferito ed amato dall'Abate Stoppani.
Non è possibile passare di qui senza fermarsi ad osservare i giochi di luce ed i panorami che questo punto privilegiato offre...
E' però pomeriggio inoltrato, ormai, e sarà il caso di scendere a Valmadrera... La mia gola, stufa di acqua, reclama la birra pomeridiana. Prendo il sentiero che, lungamente, mi riporta a Piazza Rossè, da dove devo scendere fino al parcheggio del centro...
Per strada ricomincio a vedere qualcuno... Il sottotiolo potrebbe essere "ritorno alla realtà". In effetti, da dopo la Bocchetta di Moregge, a parte i due alpinisti visti da distante sulla OSA, fino a Valmadrera non avevo più incontrato nessuno. E, manco a farlo apposta, per strada rivedo il duo "padrefiglio", come li avevo chiamati per conto mio e, poco dopo, i due simpatici "vecchiotti", con lei che continuava impeterrita a parlare e lui che continuava a camminare con la stessa aria rassegnata ed imperturbabile di chi ormai da troppo tempo è abituato e sa che fino alla fine così sarà...
Prima di salire in macchina e rituffarmi nel solito traffico, mi faccio una birretta piccola, come da tradizione. Poi, a finestrini aperti, accendo la radio e cerco di capire se ci sono rogne sulla superstrada... Sono le 17.40... Alle 18.10, dopo una breve ma estenuante lotta con alcuni aspiranti suicidi, un paio di manovre anti-lavavetri ed un paio di sorpassi anti-imbranati tra Monza e Cinisello, riesco a girare a sinistra, salire sulla tangenziale Nord per poi arrivare a prendere l'uscita di Cascina Gobba - Via Palmanova... Alle 18.15 sono a casa, stanco ma allegro, ad incontrare lo sguardo tra il divertito ed il curioso della mia compagna che pare domandarsi sempre più se il suo compagno sia del tutto matto o se abbia qualche speranza di poter mai rinsavire... Poi, saputo che ero stato sul Moregallo, si lascia andare anche lei ad un sorrisone e si limita a dire "la ami davvero quella montagna..."
Si, lo ammetto. E' l'unico tradimento che mi concedo e l'unica "lei", nel senso di montagna, di cui aver timore...
Un'altra giornata da incorniciare, che auguro a chiunque mi legga.
Come dice il vecchio adagio, però, dopo la pioggia ritorna il sereno e, quando serve, bisogna darsi da fare perché, sempre secondo un altro adagio, se la fortuna è cieca, la sfiga, dal canto suo, ci vede benissimo.
Ieri, martedì, io ed il fido compagno di merende Davide saremmo dovuti andare a farci un giro per crode, ma la succitata sfiga, unita all'immane forza delle rispettive compagne di vita, preoccupate per il meteo e la condizione degli itinerari, ha voluto che non andassimo ad usare scarpette e corde. Ormai sono quasi due settimane che non faccio nulla in montagna e sento le ragnatele figurate che aumentano. Devo fare qualcosa...
La prima scelta era ricaduta sul gruppo del Coltignone. Avevo da tempo in mente un giro ad "otto", partendo dal Pradello, ovvero salire per i Tecett, arrivare al Piazza, salire per crestina fino al Medale e da qui al Coltignone per il sentiero GER. Per la discesa, poi, sentiero della Val Verde e Pizzetti in discesa, ricercando, poi, il sentiero per tornare a Pradello ed all'auto.
Questa idea, però, resterà per le opzioni future. Stamattina, mercoledì, alle 06.00, quando, a mo' di tromba militare, squilla la sveglia, faccio un 2+2 rapidissimo: anche ieri sera ha piovuto (e non poco), quindi trovo tutto bagnato... I sentieri del Coltignone sono molto ripidi... Meglio cambiare itinerario.
Vabbe', mi preparo il caffè, do un bacio allo zaino, cerco di mettermi sulle spalle la mia compagna, la quale mi cazzia e mi spiega che dovevo fare l'esatto contrario, torno indietro, mi faccio un secondo caffè, vengo mandato a "defecare" dalla già citata, prendo l'invito come un ordine, eseguo, mi rovescio contro qualcosa che avevo lasciato a terra, prendo un'ulteriore scarica di insulti e finalmente esco di casa.
Sono le sette meno un quarto, prendo via Palmanova che faccio a razzo, salgo in Tangenziale, prendo subito a destra per Lecco, come al solito esco a Sesto Marelli per non pagare l'obolo autostradale, faccio la rotatoria e passo davanti al Vulcano, tiro qualche bestemmione ad altrettanti camioncini e macchine che fanno a gara per un metro davanti od indietro...
Riesco ad arrivare a Cinisello, giro a sinistra, passo davanti all'Auchan ingaggiando una lotta all'ultimo sangue con due furgoncini di agguerritissimi lavoratori e con autisti degni di formula uno (ok, Monza è vicina).
Passo Monza, la superstrada ha ora tre corsie e mi gusto il panorama davanti, anche se devo avere sempre almeno otto occhi per i pazzi che fanno ogni genere di cazzata sprezzanti di tutto.
Bene, una volta fuori Monza il resto è solo una formalità...
Mentre mi avvicino al Lecchese mi pongo la domanda: allora, idiota, dove vai oggi?
Il Moregallo mi osserva, stagliandosi nell'azzurro del cielo... Lo sa che lo adoro...
La macchina gira da sola ed in pochi minuti salgo al Belvedere di Valmadrera, giusto per capire che col cavolo che trovo parcheggio, quindi torno indietro. Per fortuna a Valmadrera centro i posti non mancano e sono solo dieci minuti di camminata per la frazione Belvedere, quindi...
Quindi si parte. Osservo i colori del verde e l'azzurro acceso del cielo... La gambe prendono velocità, troppa... In mezz'ora sono a San Tomaso, dove il Corno Rat, beffardo, mi osserva. A differenza degli altri Corni, col Corno Rat esiste un rapporto ambivalente di amore-odio...
Lui sa che lo adoro per quel cimotto boscoso e panoramico, mentre, contrariamente al solito, non apprezzo la sua ferrata, quella del XXX OSA: La trovo troppo servita di pioli, insomma, non ci vogliamo bene. Mi attira, invece, qualche decina di metri a destra, la via Dall'Oro...
Un amore-odio che non mancherà, anche oggi, di fare capolino.
La roba da ferrata ce l'ho, bella stipata, nello zaino...
Venti minuti e sono all'attacco.
Qui trovo che ci sono altre persone che vogliono salire: due ragazzi, uno dei quali esperto che accompagna l'amico. Non mi va di disturbarli e li lascio salire, mentre mi preparo e mi fumo una cicca in santa pace. Ma, mentre sto per partire, sento che sale altra gente...
Al solito, questo è un segno del Corno Rat: parli male della mia ferratina, cacchi tuoi, oggi è mercoledì, giorno dei temutissimi gruppi Età dell'Oro, quindi capperacci tuoi...
Giro i tacchi, scendo di nuovo al sentiero e giro a sinistra in direzione di Sambrosera. Scendendo, mi rendo conto che non era un'impressione: i sentieri sono ancora piuttosto viscidi e fangosi...
Arrivo rapidamente al bivio per la Sorgente di Sambrosera e prendo a sinistra fino all'indicazione del sentiero che, passando per il Corno Rat, porterebbe all'Acqua del Foo. Bene, questo tratto ancora mi manca (bello questo giocare coi sentieri come una volta con le figurine), è il caso di vederlo.
Il sentiero comincia subito a salire, in modo sostenuto, per un quarto d'ora, raggiungendo poi uno stupendo traverso e subito dopo la radura sottostante la cima del Corno Rat. Ci arrivo sbuffando un po', vuoi per il fatto che in questa zona i sentieri sono sempre ripidi, vuoi perché molti sono i tratti viscidi e fangosi, che raddoppiano la fatica, soprattutto a qualcuno che è molto "indietro" con la preparazione.
Dopo una adeguata sosta "bevuta-pipì-cicchetta", riparto gambe in spalla, ma subito mi rendo conto che sarà il casa di mettere sulle suddette spalle lo zaino, magari dopo aver recuperato la macchina fotografica lasciata sull'erba...
Ok, riesco a partire, autedefinendomi Fantozzi del mercoledì e, ridendo da solo come uno scemo, prendo il sentiero definito "sentiero attrezzato XXX OSA", che altro non è che la continuazione della ferrata fino al Corno Orientale di Canzo.
Il sentiero è dapprima bello ripido su un terreno meravigliosamente.. Ancora fangoso, porca pupazza!!! Faccio un passo avanti e tre indietro, mi sembra di essere sul ghiaione del Passo delle Cirelle trent'anni fa (esperienza mistica di risalita di ghiaione).
Sbuffando come un mantice, raggiungo il primo tratto "attrezzato" (cinque metri di rocce rotte con una catena, perfettamente inutile) che, sdegnato, aggiro per roccette sulla destra. Altra risalitina oscenamente fangosa per arrivare al secondo tratto attrezzato, sempre da evitare sulla destra, per simpatiche roccette e, finalmente, si sbuca sulla crestina rocciosa che adduce all'anticima del Corno.
Qui si trova l'unico tratto attrezzato realmente degno di questo nome e di una qualche ragione d'essere: una rampa-diedro che sale a destra per andare a prendere una paretina quasi verticale. Ci sono passato l'anno scorso e l'ho trovato davvero divertente. Mentre lo sto osservando, mi sovviene di aver letto che questo tratto è evitabile a sinistra, per sentiero segnato. Bene, visto che oggi è giornata dedicata a "passo dove ancora non sono passato", vado a vedere questo tratto...
E mal me ne incolse, eccome...
Il sentiero è segnato malissimo ed è completamente andato a causa di incuria, franamenti e passaggi rarissimi. Costringe ad un paio di saliscendi tra rovi, tratti franosi, detriti... Alla fine, mi vanno via un venti minuti per arrivare alla Bocchetta di Luera. Se fossi salito per il tratto attrezzato, in dieci minuti scarsi sarei stato sulla cima del Corno. Adesso capite perché ho definito "con ragion d'essere" quel tratto attrezzato.
Sto per uscire sai cespugli che adducono alla Bocchetta di Luera, quando sento un battito d'ali: penso ad un qualche simpatico corvo e, invece, mi passa a pochissimi metri un falco stupendo...
Non avevo la macchina fotografica pronta e quello non aspetta il clic...
In pochi passi salgo alla croce del Corno Orientale, mi tolgo la maglietta, la stendo ad asciugare, bevo, mangio una banana premasticata dallo zaino e mi guardo attorno: sono a soli 1239 metri, ma lo sguardo spazia...
Davanti a me la Brianza con i suoi laghi, la crestina appena salita, appena a destra il Corno Birone, il Rai, il Prasanto; dietro, il Comasco... Mi volgo ancora a destra, osservo la potenza del Corno Centrale davanti a me, troppo carino...
Sempre girando verso destra (si, mi giravo anche col corpo, ovvio, mica sono Linda Blair ne l'Esorcista..), osservo il Lario, con dietro la miriade di cime innevate e poi, ovviamente, le regine, le Grigne. Ancora un piccolo spostamento, osservo lo Zuccone Campelli che spunta dietro i Resinelli, è ancora pieno di neve... Guardo il Resegone, la cresta dell'Ocone, poi abbasso lo sguardo ad osservare il dirimpettaio Moregallo che mi sorride con le sue creste ed i suoi innumerevoli pinnacoli, simili ad un organo di roccia. Osservo la crestina, tra non molto ci salitò.
Una piccola sosta, un piccolo bagno di sole, giusto il tempo per capire che ho poca scorta di liquidi. Lo immaginavo ma ero preparato all'evenienza: mi dirigo, quindi, spedito verso il rifugio SEV Pianezzo, passando per un ghiaioncino dal sapore marcatamente dolomitico. sotto i Pilastri Maggiore e Minore. In pochi minuti sono al rifugio, accogliente e simpatico, gestito dai Volontari della SEV, che al mercoledì sono soprattutto i cosiddetti "pensionati", signorotti simpaticissimi, sempre pronti alla battuta ed amanti della buona cucina.
Quattro chiacchiere, mi faccio dare una mega-birra ed un po' d'acqua. Mi porto sulla terrazza e mi gusto la birra mentre mi crogiuolo al sole vicino ad alcune lucertole che, a differenza mia, non si godono la birra. Provo ad offrirgliene un po', ma non gradiscono.
Rientro al rifugio per consegnare la bottiglia vuota, ritrovo un escursionista incontrato al mattino. Altre quattro ciàcole, un paio di risate coi "ragazzotti" della SEV e poi è ora di ripartire. Poco sotto il rifugio incontro una coppia di signori attempati, belli, allegri. Stanno - anzi, lei sta - decantando le meraviglie della cucina del SEV, che ben conosco. Purtroppo ero arrivato tardi e gli stinchi erano finiti...
Scendo a velocità sostenuta verso la Bocchetta di Moregge. La velocità non è sostenuta per volontà mia, ma a causa dell'erba secca che rende tutto estremamente scivoloso. Poco prima della Bocchetta incontro due escursionisti, a prima vista padre e figlio, che mi chiedono qualcosa sui sentieri della zona per tornare a San Tomaso. Sono lombardi, ma hanno un'idea abbastanza vaga del tutto. Simpatici, altre quattro chiacchiere. Ci salutiamo.
Dalla bocchetta, grazie anche al tempo stupendo, piccolissima pausa panorama, per osservare i giochi della luce sul sottostante Lago e poi su, verso la Cresta Ovest del Moregallo.
L'itinerario mi è ben noto, lo ho fatto e rifatto. Posso scegliere tra la cresta integrale od il sottostante Sentée de Tavoulera, che corre qualche decina di metri più sotto. Preferisco, ovviamente, la cresta...
Aerea, a saliscendi brevi e mai eccessivi, segue fedelmente i risalti ed i cimotti per arrivare in una mezz'oretta all'unico tratto attrezzato prima del Gioch, il vero tratto "ferrato"... Una catena per buona parte inutile se non in condizioni avverse. Ma c'è, è ormai storica e non disturba più di tanto. In breve passo oltre il Gioch e mi ritrovo sulla boscosa cima del Moregallo.
Stranamente, mi ci ritrovo da solo... Solo al mercoledì sul Moregallo... Incredibile.
Mi prendo la soddisfazione di togliermi scarpe, pantaloni, maglietta, mettere tutto ad asciugare e prendermi un po' di sole in costume. Manco fossi a Jesolo...
Sento dei rumori, mi volto e vedo un paio di mufloni, curiosissimi... Secondo me quando belano hanno l'accento sardo... Dev'essere la solita deformazione professionale del linguista che sta attento alla fonologia...
Per una ventina di minuti faccio un bagno di sole, bevo, mi rilasso e mi fumo un paio di sigarette. Poi, con calma, mi ricompongo, mi preparo e comincio a scendere verso Est. Voglio fare tutto il versante Est fino ad arrivare alla chiesetta di Sant'Isidoro al Sasso di Preguda. Il percorso è lungo, ma l'idea di comppletare la traversata del Moregallo mi affascina, oggi... E poi, è o non è oggi la giornata dedicata ai sentieri "noti ma non ancora fatti"??
Vedo salire due alpinisti che, presumibilmente, sono saliti per la Cresta OSA. Altre persone non ne vedo...
Comincio a scendere, sempre attentamente per i residui di fango e soprattutto per la perfida erba secca... Arrivo alla Bocchetta di Sambrosera e risalgo al cimotto successivo, da dove il sentiero diventa ripidissimo e faticoso fino al bivio tra questo ed il sentiero Paolo ed Eliana. Lascio quest'ultimo, che avevo percorso l'anno scorso dopo aver fatto il Canalone Belasa con Giuliano, e mi dirigo verso Est, su un sentiero di nuovo molto ripido.
Un breve tratto quasi orizzontale permette di ripassare dal versante sud a quello est, passando per una sorta di "Termopili" moregallesche. Ormai scendo con davanti a me il verde dei prati di Preguda ed il blu del lago, mentre oltre, al di là di Lecco, le ben conosciute cime sembrano dire "ma quando vieni a trovarci?"...
La discesa è veramente lunga, sembra non finire mai, alterna tratti in discesa "umana" a bruschi salti decisamente ripidi e scivolosi. Poi, quasi per fortuna, da un ambiente roccioso, ci si trova in un ambiente prativo e boscoso, che gradatamente accompagna all'agognata chiesetta di Sant'Isidoro, il belvedere di Valmadrera, luogo preferito ed amato dall'Abate Stoppani.
Non è possibile passare di qui senza fermarsi ad osservare i giochi di luce ed i panorami che questo punto privilegiato offre...
E' però pomeriggio inoltrato, ormai, e sarà il caso di scendere a Valmadrera... La mia gola, stufa di acqua, reclama la birra pomeridiana. Prendo il sentiero che, lungamente, mi riporta a Piazza Rossè, da dove devo scendere fino al parcheggio del centro...
Per strada ricomincio a vedere qualcuno... Il sottotiolo potrebbe essere "ritorno alla realtà". In effetti, da dopo la Bocchetta di Moregge, a parte i due alpinisti visti da distante sulla OSA, fino a Valmadrera non avevo più incontrato nessuno. E, manco a farlo apposta, per strada rivedo il duo "padrefiglio", come li avevo chiamati per conto mio e, poco dopo, i due simpatici "vecchiotti", con lei che continuava impeterrita a parlare e lui che continuava a camminare con la stessa aria rassegnata ed imperturbabile di chi ormai da troppo tempo è abituato e sa che fino alla fine così sarà...
Prima di salire in macchina e rituffarmi nel solito traffico, mi faccio una birretta piccola, come da tradizione. Poi, a finestrini aperti, accendo la radio e cerco di capire se ci sono rogne sulla superstrada... Sono le 17.40... Alle 18.10, dopo una breve ma estenuante lotta con alcuni aspiranti suicidi, un paio di manovre anti-lavavetri ed un paio di sorpassi anti-imbranati tra Monza e Cinisello, riesco a girare a sinistra, salire sulla tangenziale Nord per poi arrivare a prendere l'uscita di Cascina Gobba - Via Palmanova... Alle 18.15 sono a casa, stanco ma allegro, ad incontrare lo sguardo tra il divertito ed il curioso della mia compagna che pare domandarsi sempre più se il suo compagno sia del tutto matto o se abbia qualche speranza di poter mai rinsavire... Poi, saputo che ero stato sul Moregallo, si lascia andare anche lei ad un sorrisone e si limita a dire "la ami davvero quella montagna..."
Si, lo ammetto. E' l'unico tradimento che mi concedo e l'unica "lei", nel senso di montagna, di cui aver timore...
Un'altra giornata da incorniciare, che auguro a chiunque mi legga.
Belle foto e anche istruttive per quelli che non conoscono la zona.
RispondiEliminaMercoledi guardavo l'Arera,la Presolana e il Guglielmo con il magone in gola,purtroppo ero al mio posto di lavoro.
Beato te!!!
RIC54