Sentiero attrezzato Gerardo Sega
domenica 5 aprile 2009: finalmente!
(di Maurizio - Muress)
domenica 5 aprile 2009: finalmente!
(di Maurizio - Muress)
Domenica 5 aprile 2009, dopo tanti rinvii e ripensamenti, finalmente un piccolo gruppo composto da cinque bradipi riesce in un’impresa che sembrava impossibile: affrontare il sentiero attrezzato Gerardo Sega al monte Coalaz, zona del Baldo. L’escursione era in programma da tempo, ma Giove pluvio aveva sempre detto di no!
Finalmente il meteo ci fornisce una tregua e allora ci si raduna. Appuntamento alle ore 8.30 al casello di Ala-Avio, la porta del Trentino per chi viene dalla pianura Padana. A trovarsi sono Claudio da Schio, Filippo dalla Val di Non e Riccardo dalla provincia di Brescia. Sono lì da tempo e stanno aspettando il quarto, io, Maurizio da Rimini. Alle 8.30 arrivo puntuale e via che si parte per il centro di Avio dove ci aspetta Lorenzo dalla valle del Sarca. Raduniamo tutte le nostre cose e le attrezzature, ci accomodiamo tutti sull’auto di Claudio e partiamo alla volta del parcheggio posto all’inizio del sentiero 652.
Per nostra fortuna il piccolo parcheggio, solitamente pieno, è libero. Usciamo dall’auto, infiliamo gli scarponi e cominciamo a sgroppare, non senza aver lanciato un’occhiata preoccupata allo zaino di Claudio che sfoggia un bellissimo ombrellino blu (!)… Va beh! Forse non pioverà, ma non si sa mai! Il sentiero 652 è bello largo ma abbastanza ripido. Filippo, che è a mezzo servizio per via delle ginocchia ancora non a posto, un po’ si lamenta ma fila ugualmente come un razzo, anzi come un bradipo.
Dopo circa 45 minuti di salita arriviamo al bivio con il sentiero 685. Giriamo a destra e qui iniziano le difficoltà! Il sentiero infatti guada il torrente Aviana poco sotto la cascata Preafessa. Normalmente non ci sono problemi, ma negli ultimi tempi ha piovuto parecchio e inoltre sul Baldo c’è ancora tanta neve. Per questo motivo il torrente è pieno d’acqua e il guado non è per nulla semplice. Ma i veri problemi arrivano dopo. Il sentiero sale e passa sopra i burroni della valle dei Molini transitando su terreno molto friabile e, ovviamente, molto bagnato. Passa inoltre ad appena un paio di metri dal dirupo, dirupo che tra l’altro non si vede perché tra il sentiero e quest’ultimo ci sono gli alberi. Insomma: scivolare in questo tratto disagevole non è per nulla raccomandabile. Noi però siamo prudenti e arriviamo, finalmente, all’attacco della via. Qui ho l’ardire di pronunciare la fatidica frase: “si sta annuvolando”. Non l’avessi mai detto. Inizia subito a piovere. Tutti mi guardano male, ma non è colpa mia…piuttosto prendetevela con l’ombrello di Claudio!
Naturalmente, con questo tempo, non si può affrontare la ferrata. Speriamo però che smetta alla svelta perché di tornare indietro lungo quel sentieraccio bagnato, franabile ed esposto non ne ho proprio voglia. Nel frattempo troviamo riparo sotto un tetto di roccia e passiamo il tempo ascoltando un’interessantissima lezione di Filippo su argomenti del tipo: composizione dell’imbragatura, perplessità sui moschettoni con la ghiera, fattore di caduta, calata in grotta ecc.. Il tutto nasce dalle critiche che lo stesso Filippo muove all’imbragatura nuova di Riccardo.
Finalmente smette di piovere e si parte. Dopo quasi tre ore tra avvicinamento, soste, guadi e pioggia incominciamo il sentiero attrezzato Gerardo Sega. Io sono l’unico che già lo conosce perchè l’ho percorso altre due volte. Vale come esempio il complimento fattomi da Filippo: “possibile che ‘sto sentiero lo conosce un pianularo di Rimini e non ne so niente io che ci abito quasi sotto?” Possibile. I primi metri del percorso non sono attrezzati ma sono molto semplici. Il vero e proprio inizio della ferrata è costituito da una scala di una decina di metri, al termine della quale inizia un breve camino, facile ma da affrontare su terreno friabile e su roccia piuttosto marcia. Filippo azzarda una fuga, ma le condizioni fisiche non perfette lo costringono alla difensiva (se fosse stato in piena forma ci avrebbe distanziati di brutto).
Dopo il breve camino arriva il tratto più spettacolare della via, una cengia sulla sinistra molto esposta ma facile. Qui le foto si sprecano. Alla fine della cengia un’altra facile arrampicata su roccia sempre friabile. Si arriva quindi alla cengia sovrastante, più larga e più lunga della precedente. Questa poi viene affrontata, senza problemi, verso destra. A metà cengia una sorpresa: dalla parete sbuca una sbarra di ferro con una catena. Capiamo subito cos’è. Si tratta di una sorta di braccio sul quale i manutentori della ferrata hanno montato un paiolo per farsi una bella polenta. Certamente la sala da pranzo non è proprio comodissima, ma il panorama è veramente spettacolare e, in mezzo alle pareti gialle della valle dei Molini, ci si sente davvero piccoli!.
Bando al romanticismo, dobbiamo andare avanti. Finita la cengia breve pausa e poi si riparte affrontando il tratto meno bello della via, un susseguirsi di brevi paretine attrezzate intervallate da sgroppate su terreno ripido, franoso e bagnato. In particolare un camino pieno di terriccio, posto al termine di questo tratto, mette a dura prova le gambe di tutti. Arriviamo su un bel pulpito molto panoramico dal quale la vista spazia sulla valle dei Molini e sulla sottostante Val d’Adige. Qui ci fermiamo un attimo e mangiamo qualche cosa, ma ripartiamo alla svelta e affrontiamo l’ultima parte della via, quella più impegnativa. Si tratti di arrampicare su due diedri di roccia finalmente salda, il primo (più difficile) gira verso destra, il secondo (meno difficile) verso sinistra. Al termine di questo bel tratto arriviamo alla fine del sentiero. È un po’ una delusione vedere che la via non finisce su una cima o su una cresta, bensì su un banalissimo prato! Pazienza, nulla toglie alla bellezza del percorso.
Dopo la doverosa, ennesima sosta (che bradipi saremmo se non ci fermassimo spesso!) utile per i panini e la frutta, ci caviamo l’imbrago e iniziamo la discesa. Il sentiero di ritorno inizialmente passa attraverso prati e pascoli. Successivamente sale in mezzo ad un boschetto e arriva alla chiesetta della Madonna della Neve. Qui la strada piega decisamente verso il basso. Si imbocca il sentiero 652, quello dell’andata, e subito si vira a sinistra infilandosi nel bellissimo canyon formato dal torrente Aviana. Anche qui il panorama è eccezionale, ma siamo stanchi e non ne godiamo in pieno. Abbiamo una gran voglia di arrivare all’auto anche perché si è fatto tardi. In più il sentiero è quasi tutto all’ombra e c’è ancora parecchia neve che non rende agevole il cammino.
Ripassiamo di fianco alla cascata Preafessa, che nel frattempo si è ulteriormente gonfiata a causa dello scioglimento pomeridiano della neve del Baldo. Riprendiamo il tratto affrontato all’andata e arriviamo all’auto. Il tutto dopo circa un’ora e trenta dalla chiesetta della Madonna della Neve. Sono le 6 di sera. Siamo partiti alle 9 e abbiamo scarpinato per nove ore. Siamo stanchi ma felici. La giornata è stata splendida e il percorso bellissimo. Ma non è finita. Ci aspetta la mangiata finale. Tutti in macchina e giù al camper di Lorenzo a bere il buonissimo vino offerto da Claudio e a spolparci l’ottimo salame offerto da Riccardo. Gli altri bradipi mangiano, bevono e ringraziano…Alle 6.30 saluti per tutti, baci e abbracci e ognuno a casa propria col cuore alla prossima escursione.
Che dire: malgrado il tempo incerto la giornata è stata veramente bella. Il sentiero Gerardo Sega è molto interessante paesaggisticamente, inoltre è molto logico, costruito sfruttando la conformazione naturale della parete. Dal punto di vista tecnico non presenta difficoltà particolari. Il tratto più difficile è quello finale, ma la parte più pericolosa in assoluto è costituita dal sentiero di avvicinamento che, con l’acqua di questi giorni, è decisamente pericoloso. Per fare tutto ci abbiamo messo 9 ore. Filippo è convinto che un’ora buona l’abbiamo persa per aspettare lui che era al 60% della condizione fisica. In realtà le soste hanno giovato a tutti. E poi, ripeto, se non andiamo piano e non ci fermiamo, che bradipi siamo? In più abbiamo percorso tutto l’itinerario senza barare, ovvero siamo partiti da sotto, dalla valle dei Molini. Volendo si può risparmiare circa un’ora e mezzo arrivando in auto fino al rifugio Baldo (si prosegue lungo la strada della valle dei Molini fino al bivio per il rifugio). Al rifugio si parcheggia e si scende per il sentiero 652 fino alla cascata Preafessa e si devia poi per la ferrata. Si evita così il tratto in salita (e in discesa al ritorno) che va dal parcheggio nella valle dei Molini al bivio sotto la cascata Preafessa. Si bara insomma!
Grazie a tutti per la splendida compagnia, il vino, il salame e soprattutto la pazienza per avermi aspettato. Un grazie anche a chi era con noi solo con il cuore…e con gli SMS. Saluti a tutti e alla prossima, quando saremo più numerosi.
Il pianularo bradipo di mare Maurizio.
Bravi, fatta lo scorso anno con un pochina di neve nel tratto di rientro, molto bella e simpatica, non particolarmente impegnativa però lunga e da non sottovalutare.
RispondiEliminaBeh !! che dire ?
RispondiEliminaniente di meglio per un buon inizio e mi riferisco anche alla compagnia .
Quindi la consiglio ai principianti , senza dimenticare che bisogna anche essere dei buoni marciatori.
RIC54 = Riccardo