Il Blog dei Bradipi di Montagna

Benvenuti nel Blog dei Bradipi di Montagna.
Un punto di incontro per un gruppo di amici che "degustano" la montagna dalle escursioni alle ferrate, dalle arrampicate all'alta montagna,
dalle ciaspole allo sci-alpinismo...

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Con le montagne sullo sfondo.

Buone Montagne a tutti

lunedì 14 dicembre 2009

VIA CHIAPPA, IL BATTESIMO DELL'ANTIMEDALE


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Antimedale Via Chiappa 220 m,
D+, V, V+, 1 p. VI-

Venerdì 11 dicembre 2009



Quest'anno Resegone, Grignetta e Medale hanno deciso di farmi qualche regalo supplementare...
Non so a cosa questo sia dovuto; magari qualcuno dirà che è stata la mia buona stella... Fatto sta che, quando pensavo che con la salita dello Spigolo Mir si fosse esaurita la serie delle giornate "favolose" per mettere le mani sulla roccia in versione quasi primaverile, ecco che mi viene servito sul piatto d'argento ancora un giorno meraviglioso, per di più sul magnifico calcare dell'Antimedale.

A volerla vedere in forma "dietrologica", potrei pensare che il Medale, dopo avermi visto abbacchiato come un agnello a Pasqua per aver dovuto rinunciare causa influenza alla Medalata di poco più di un mese fa con gli amici di Planet Mountain, abbia ben pensato di "ripagarmi" almeno in parte, offrendomi una meravigliosa giornata sul suo satellite Antimedale.

Era un po' che con Davide volevamo ripetere qualcosa di piacevole, magari non troppo impegnativo, ma appagante, gioioso, allegro. Avevamo ancora in mente il piacere della salita al Torrione Magnaghi in una magnifica giornata, addirittura calda... Al telefono, il giorno prima, le solite schermaglie: "Va bene, dai, navighiamo a vista... Ci si trova a Lecco, si beve il caffè e poi si decide all'ultimo momento...". Il "trovarsi a Lecco" è indice del periodo autunnale o invernale... Fosse stata primavera o estate l'appuntamento sarebbe stato direttamente a Ballabio...

Il giorno dopo, di buon mattino, confortato dalle previsioni che danno giornata buona e cielo terso, miì sveglio presto, senza esagerare, e sempre senza esagerare faccio colazione, un paio di abluzioni, qualche altra pratica tipicamente mattutina e poi via, solita strada... Tangenziale, Cinisello, Monza, Lissone, Carate... Arrivo a Lecco senza problemi, esco all'uscita del Manzoni e mi porto al solito Bar, freqeuntato al mattino, tra l'altro, da molti alpinisti che qui si danno appuntamento. Anche le tradizioni hanno il loro peso.

Per strada, osservando le silhouettes favolose delle Grigne e del Medale con i colori dell'alba, pensavo a cosa proporre al Davide... Da ottobre mi era ancora rimasta nella gola la lisca della mancata realizzazione della Cassin al Medale, ma con l'influenza non si può fare nulla. In una giornata così bella, la gita doveva avere un qualcosa di completo... Una bella linea, bella esposizione e magari, perché no, qualcosa di "storico", di signfiicativo...

Da tempo avevamo nel mirino la Via Chiappa all'Antimedale. I numeri non dicono molto, anche se la presentano bene. 220 m. di sviluppo, D, V e V+, 1 p. VI-. V+ obbligatorio. Gradi "bassi" per i canoni dei climbers moderni abituati a difficoltà maggiori e protezioni ascellari, ma pur sempre una sana via di V con protezioni non troppo vicine per chi ama le salite classiche. In più, una via aperta dal mitico e purtroppo troppo presto defunto Daniele Chiappa, Ciapìn, grande alpinista, motore del Soccorso Alpino per anni, scrittore e quant'altro... Una di quelle figure che identifichi immediatamente con la Montagna...

Poter fare, a dicembre, il fatidico "passo" e "alzare il grado" su una via "mitica" di un alpinista "mitico", beh, sarebbe stato il massimo... Sì, per me sarebbe stato un "alzare il grado", perché, da quando ho ricominciato ad andare per monti, è solo un anno o poco più che ho rimesso le mani sulla roccia "comme il faut", con corda, dadi e cordini... Ho iniziato con vie relativamente facili ed adesso, piano piano, sto reiniziando a tornare su gradi un po' meno bassi... Con notevole soddisfazione. Non che il grado sia tutto... Ma poter fare tranquillamente passaggi di V e qualcosina in più permette di seguire più linee che a fare solo il III od il IV... In più, oggi avrei avuto una sorta di autobenedizione, ripecorrendo un itinerario che mi avrebbe permesso di mandare un silente saluto alla figura del grande Ciapìn...

A Lecco, arietta "frizzantina", incontro con Davide, quattro ciàcole davanti al caffè e poi dritti a Rancio. Per metterci d'accordo ed andare dritti alla Chiappa è bastato molto meno di un caffè... Allegri, partiamo, dopo aver lasciato la macchina al parcheggio e, ancoia intabarrati, risaliamo il noto sentiero che accompagna verso le vie e la ferrata. Arriviamo rapidi sotto al conoide di detriti che accompagna alle pareti dell'Antimedale e cominciamo la lenta risalita, allegri. La giornata è favolosa e, una volta arrivato il sole, diventa quasi caldo...

Arriviamo all'attacco e troviamo un gruppo di cinque baldi ragazzotti sulla sessantina, allegri e ciarlieri. Due vanno a farsi Frecce Perdute e gli altri tre la Chiappa e stanno già partendo. La temperatura è già ottimale... Mentre anche il terzo sale, noi ci stiamo ancora preparando tranquilli.

Arriva presto il momento della calma (i baldi giovanotti vanno come treni) e Davide, dato il "5" di prammatica, parte tranquillo... Piccola parentesi: tra me e Davide, generalmente, esiste una sorta di sfida a chi riesce a perdere la via evidente più velocmeente dell'altro. Anche in questa occasione Davide non si smentisce... Prende una placca, bofonchia qualcosa del tipo "non mi ricordo più se dritto o a destra.." e poi prosegue, seguendo ovviamente la linea dell'Altra Chiappa. Poco male, in questo modo, per i primi due tiri, invece di seguire una linea di III e IV, ne seguiamo una più diretta di IV+ e un po' di V... Tutto riscaldamento (tanto la linea della via è chiara, lo strapiombo a cui arrivare è evidente come non mai e la via non è proprio obbligata).

Mentre Davide sta arrivando alla sosta, arrivano tranquilli due ragazzi, evidentemente interessati a questo settore della parete. Ci salutiamo ed uno, osservatomi, mi sorride dicendo "Tu sei Arterio Lupin, vero? Ho riconosciuto il caschetto..."... Giogalimba di PlanetMountain, si presenta. Mi viene da ridere, potere del mio caschetto grigio metallizzato (con ABS, ESP e Navigatore di serie, aggiungo sempre io a chi mi canzona - cioè tutti - parlando del mio caschetto).

Risalgo il primo tiro, un po' contratto per i primi metri, poi, una volta presa confidenza con quella fantastica roccia, avviene il miracolo... Comincio ad alzarmi e muovermi con una facilità estrema, divertendomi come un matto...

Davide riparte e con il secondo tiro (anche in questo caso seguendo l'Altra Chiappa) arriviamo alla sosta sotto lo strapiombo, alla cui destra, evidenti, cominciano i diedri, invitanti. Risalgo la lunghezza quasi godendo, la roccia è favolosa e la linea piacevolissima. Non sento il V, anzi... Mi sto godendo la salita ... Oltretutto la temperatura è ideale, fa quasi caldo e ad arrampicare si suda.

Il terzo tiro è favoloso, diedrini e una sorta di canalino fino alla sosta. Un tiro lungo, sostenuto, con molto V- ed un po' di V, sul quale divertirsi davvero. Bello, aereo, avvincente, il più sostenuto della via e, forse, anche il più fotogenico. Lo risalgo divertendomi un casino, peggio dei bambini. Non ci sono passaggi faticosi o di forza, ma solo tecnici ed aerei... Una vera goduria.

Il quarto tiro - viene deciso di comune accordo - verrà spezzato: un primo tirello fin sopra il diedrozzo ed il canalino fino a sotto il tetto e un tiro "quattrobarrauno" in traverso fino al tiro chiave, il quinto.

Davide risale allegro il diedro di V pieno, tecnico, ma non faticoso, anche se un minimo atletico verso la fine qualora si tenda a stare poco in spaccata... A salirlo con buona tecnica, invece, appoggi ed appigli non mancano. Gradevolissimo, a circa metà, risalire una placca lavorando di aderenza con le scarpette....

Alla sosta (in comune con la Via degli Istruttori), arrivano i due Altrachiappisti, con i quali facciamo quattro chiacchiere. Ovviamente esordiscono dicendo "ma avete fatto una variante alla partenza, vero?". Io, altrettanto ovviamente, per non ammettere che avevamo cannato la partenza, mi sono limitato a dire "sapete com'è, facendo così la linea è più diritta...". Sorrisino di complicità (hanno sicuramente capito tutto) e poi traverso. Il traverso non è difficile, IV con un bel passaggetto di V- in esposizione alla fine, aderenza... Ringraziamo le scarpette del Grip (le BAT sono favolose) e arriviamo in sosta.

Il quinto tiro è definito il tiro chiave, per via di un tot di V+ e di un passaggetto di VI-. La via è estremamente evidente ed è ben assicurata con pochi resinati proprio lì dove serve. Davide risale e, dopo aver ravanato un minimo sulla fessura-diedro strapiombante, traversa ed arriva in sosta. Mi dice di risalire: il primo tratto, tutto di V, passa tranquillo. Si arriva sotto la fessura strapiombante, dove, infilando le mani nella fessura e spaccando, si sale senza particolari problemi... Per passare il tratto di VI-, alzandosi, si trova un buon appiglio (un po' lisciato) per la destra e, poi, a sinitra, nascosta, una ottima maniglia... Maniglia che, al primo tentativo, proprio non riesco a trovare. Provo, riprovo... Ma non la vedo e non la trovo. Dopo due tentativi ed altrettanti brasamenti di avambraccio, mi rompo e mungo brutalmente il rinvio per andare a vedere... Ma porca vacca, eccola lì... Ridiscendo di un passo, faccio svanire il rinvio, afferro i due appiglioni e mi rialzo...
Il passaggio, però, non è finito e bisogna portarsi in bella esposizione verso una fessurina superficiale che accompagna ad una pianta, verso destra. Anche qui c'è del sano V+, con insana erba a rendere il tutto più pepato... Ancora un po' d'attenzione e poi in traverso ascendente, sempre con difficoltà sul V, alla sosta.

Altre chiacchierate tra me e Davide, che subito parte per il sesto e ultimo tirello, una traversata a sinistra di qualche metro per poi salire lungo fessure tendendo poi all'uscita, evidente e visibile a sinistra. Davide traversa tenendosi alto, ravanando un pochetto... Poi afferra il labbro della prima fessura e parte in quarta. Esce presto, rinvia la sosta e percorre anche gli ultimi venti metri fino alla catena del sentiero di discesa. Mi arriva il fatidico urlo "Quando vuoi!" e parto... Mi ricordavo i consigli della relazione e provo a fare il traverso in discesa per quel paio di metri che serve, un V- delicato in discesa, a prendere una piccola cengia da dove parte il sistena di fessure che porta all'uscita. Il V- dura alcuni metri anche in salita, poi diventa IV per finire, traversando a sinistra, con un III+/IV- molto delicato (la roccia è a scaglie che non aspettano altro che poter cadere... Delicato, fare attenzione).

All'uscita, ci si titrova sul sentiero di discesa dall'Antimedale, un sentiero attrezzato che per gli amanti delle ferrate sarebbe da considerare "difficile", con vari punti da aderenza ed un tratto strapiombante. Il sentiero coincide con quello della Val Nera, che porta fino sulla cima del Medale, ma che sconsiglio ai semplici escursionisti per via dei numerosi tratti privi di attrezzature esposti e per la gran quantità di sassi pronti a cadere che andrebbero a creare pericolo per i moltissimi alpinisti che si divertono su quella meravigliosa parete.

Io e Davide possiamo finalmente cambiarci le scarpe, togliere gli strumenti di tortura e infilare quelle da approccio. Dopo una rapida sosta, iniziamo a scendere. Il sentiero è davvero scivoloso ed esposto, anche se attrezzato con purtroppo orride catene nei tratti più "problematici". In breve scendiamo la Val Nera e torniamo agli zaini... Osserviamo una coppia che sta facendo numeri sui monotiri vicini a Frecce Perdute e, in alto, i due ragazzi alle prese con gli ultimi due tiri de "L'Altra Chiappa".

Tra una pacca sulla spalla e l'altra, ormai sono le 13 passate, dopo aver fatto fotografie e chiacchierate, telefoniamo al buon Luigi "Slowrun"... Gli comunico il mio avvenuto "Battesimo dell'Antimedale" e ci diamo appuntamento in centro e Lecco per la birra. Con calma, gustandoci i colori favolosi dei monti del Lecchese, scendiamo al parcheggio al cimitero di Rancio e, con calma, ci trasferiamo verso Castelllo... Luigi ci mostra un bar davvero carino, ben arredato, e qui andiamo a farci la birra doverosa di fine salita... Beh, Luigi non lo sapeva, però, chiacchierando con i gestori - che sentono il mio accento chiaramente non Lumbard ed ai quali orgogliosamente avevo detto "Son veneto".- vengo a sapere che il gestore è da... Jesolo!!!
Ovviamente facciamo il giro delle conoscenze e degli amici comuni, dopodiché, tra gli sfottò di Davide e Luigi, ci accomiatiamo con un sano arrivederci a presto!

Degno finale di una giornata favolosa, che per me ha segnato la prima salita alpinistica sull'Antimedale ed ha ulteriormente cementato l'amicizia con Davide e Luigi! Un ulteriore regalo del Gruppo delle Grigne, che a metà dicembre ha saputo fare un regalo davvero favoloso a noi, poveri amanti delle stesse...

A presto, Lecchese, sei la mia nuova patria... (Lo so che l'ho detto a molte zone montuose, ma che ci posso fare.. A me le montagne belle piacciono e mi ci sento presto a casa mia... Soprattutto se l'ambiente "umano" che le circonda è strettamente legato alle montagne ed a quello che queste significano... E per il Lecchese è così!).

lunedì 30 novembre 2009

SPIGOLO MIR AL TORRIONE PERTUSIO,UN ALTRO REGALO DELLA GRIGNETTA


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Grigna Meridionale
Torrione Pertusio
Spigolo Mir
(D-, IV+, pp. V e VI-, V obbl.)

Sabato 28 novembre 2009



Non pago del meraviglioso regalo della Grignetta della settimana scorsa sul Primo Magnaghi, ci ritento anche questa settimana: il meteo dà tempo davvero bello per sabato e riesco a mettermi d'accordo con Luigi e Daniele, grandi conoscitori della Grignetta (e non solo, dato il loro curriculum alpinistico di livello eccelso) e grandi amanti della "Montagna da gustare".

Ci accordiamo per trovarci a Lecco alle 7.30, un orario, di questa stagione, in cui albeggia e si passa dalle tenebre alla luce. Passo a recuperare Luigi Slowrun a Lecco e ci dirigiamo allegri verso il Bar dove abbiamo dato appuntamento al Crodaiolo (Daniele). Questi arriva, col suo solito sguardo da incallito Peter Pan dei Monti, assieme nientemeno che a Giuliano Uboldi, vecchio camoscio delle Alpi, persona cui dobbiamo numerose prime in Medale, in Dolomiti, nel Salbitschijen...

Si formano così due cordate, composte da tre alpinisti di livello ed uno (il sottoscritto) che di livello ha solo l'amore per la montagna... Il punto è semplice: dove andiamo a fare "quattro passi"?
Il Crodaiolo, lievemente maniacale, tenderebbe a proporre subito il Medale, ma, dato che ormai la giornata si stava mostrando in tutto il suo splendore, si becca un grugnito da parte mia "Con una giornata così si va in Grigna!!!"... Luigi e Giuliano acconsentono subito e Daniele, tutto sommato, è d'accordo...

Rapidi risaliamo i tornanti che portano ai Resinelli e, in breve ma senza fretta, arriviamo al parcheggio. Dritti dentro al bosco, dove, dopo una piccola serie di pause che per decenza definirò tecniche, decidiamo di comune accordo (nel senso che mi volevano fare felice) di andare al Torrione Pertusio, per fare lo Spigolo Mir.

Piccola parentesi personalissima...
Anni fa, nel 2006, quando, per la prima volta, ero salito in Grignetta al Rosalba per la Direttissima, scendendo per il sentiero delle Foppe avevo notato subito quella meraviglia di spigolotto che ci si trova di fronte, che quasi si arriva a toccare scendendo o salendo da quel sentiero. Poi, una volta ripreso ad andare in montagna, quando ormai avevo iniziato a conoscere qualcosina di Grigna e Grignetta, più di una volta avevo osservato la bellezza di quel Torrione, l'arditezza di quello spigolo... Più di una volta mi ero chiesto "bah, IV e IV+ pressoché continui, 1 passaggio di VI-, un paio di passaggi attorno al V... Ce la farò mai?". Era entrato di prepotenza nei miei desideri, nella lista dei desiderata, nella Wunschliste... Chiamatela come cavolo vi pare... Il fatto è che già da tempo avevo detto tanto a Luigi che a Daniele che quello Spigolo rientrava nei miei desideri...

Torniamo a sabato...

Ce la prendiamo con estrema calma... Lungo il sentiero, il blu cobalto di una giornata assolutamente perfetta ed i colori dell'autunno avanzato, con gli alberi ormai del tutto spogli, ci offrono ad ogni passo visuali e prospettive sempre nuove e sempre belle per gente che non è mai sazia di osservare gli "oggetti" del proprio amore, che, non casualmente, portano spesso, per fortuna, nomi di donna. Ad un osservatore esterno sembreranno forse strane le discussioni tra i vari Luigi, Giuliano e Daniele del tipo "Ma la Costanza quante volte te la sei fatta?"."E la Giulia? Da davanti e da dietro?" Tranquilli, stanno solo parlando della Torre Costanza e della Punta Giulia... Mentre loro discutono se vale più la pena farsi la Costanza da davanti o da dietro, si erge in tutta la sua magnificenza la Cecilia, torre che mi si è concessa quest'estate, con enorme gioia...

Continuiamo a salire, in fin dei conti andiamo al Torrione del Pertusio e, se l'etimologia non mi fa difetto, anche qui si arriva a parlare di pertugi e, per i maliziosi, il piatto è servito.

Giuliano ne ha mille da raccontare e non è uno che si tiri indietro, anzi. Estremamente comunicativo senza mai essere pesante, ama le battute e sa prendersi in giro a dovere. Un vero compagnone, oltre che un grande alpinista. Unito a Daniele e Luigi, si ottiene un cocktail favoloso!

Arriviamo senza fretta alla base, ormai fa addirittura caldo e siamo in maglietta tutti e quattro. All'attacco notiamo qualche nube, mandata probabilmente dall'APT locale tanto per fare un po' "ambiente grignesco" secondo la migliore tradizione e secondo lo stereotipo che vuole le guglie della Grigna immerse in una foschia che le rende ancor più dantesche...

Facciamo salire per primi Daniele e Giuliano, poi seguiremo Luigi ed io (a chiudere indegnamente le due cordate). Lo spigolo si può salire in quattro tiri, ma, giustamente a mio avviso, Daniele e Luigi decidono di unificare i primi due, ottenendo un bel primo tirone davvero estetico e continuo.
Non ci facciamo mancare qualche fotarella e, soprattutto, molte battute e battutacce, mentre il buon Daniele, com'è sua abitudine, fischietta allegro.
Mentre Luigi è ormai arrivato in sosta e si appresta a farmi partire e mentre, contemporaneamente, Daniele è già partito per il secondo tiro, sopra di noi volteggia un rapace semplicemente favoloso, forse un poianone o un falco... Non sono in grado di dirlo con precisione, so solo che era maestoso...

La giornata, nel frattempo, è ulteriormente migliorata... Un paio di folate di vento e la foschia è svanita... Sole e visuale perfetta e favolosa. Si arrampica al caldo...

Risalgo il primo tiro (o i primi due, vedete voi) in allegria: è un susseguirsi di quarto e quarto più continuo, bello, aereo e vario, spesso tecnico. Poco dopo la metà, un tratto presenta una roccia un po' strana, sembrano quasi conglomerati, che a prima vista danno poca sicurezza, ma è solo impressione... Un canalino-diedro un po' più impegnativo mi accompagna con alcuni passaggi tecnici e davvero belli alla sosta, su di uno spuntone in bella esposizione ed altamente fotogenico.

L'inizio del secondo tiro è decisamente esaltante e presenta subito il "passaggio chiave" della via, un diedrino appoggiato ma liscio, che inizia con un tratto un po' strapiombante Daniele e Giuliano sono già avanti, Luigi parte con calma, si lascia osservare da me che studio i passaggi e poi continua. Dopo il diedrino, si sale per salti verso uno strapiombino da passare a destra per poi prendere una serie di saltini e fessure superficiali che portano, spostandosi verso sinistra, alla sosta.

Dalle relazioni, capisco che il diedro può essere affrontato direttamente dalla sosta lungo il bordo destro, oppure entrando in profondità nel diedro stesso... Vedo bene l'appiglione risoutore, ma è troppo in alto per me, con un allungo non ce la farei mai... Decido di provare ad azzerare, ma, appena afferrato il rinvio, non mi convince... Non posso fermarmi così...
Torno in sosta, rifiato, osservo... Trovo un appiglietto per la destra, spacco a sinistra verso il fondo del diedro, mi incastro un po', risalgo quei due passi che mi servono, poi, sfruttando un paio di ottime lame, mi alzo e con la destra arrivo all'appiglione. Mi alzo e poi è di nuovo quarto...
Sarà, io il VI- non l'ho visto. Luigi mi conferma, come anche Giuliano, che è un V abbondante, ma nulla di più, mentre Daniele mi dice, per pignoleria, che,a volerla vedere fino in fondo, VI- è da considerarsi il primo passaggio per alzarsi o spostarsi... Se è così, allora è davvero UN SOLO PASSO... In ogni caso delizioso.

Proseguo. I saltini e la via sono evidenti... Ci si porta fino sotto ad uno strapiombetto, sul cui bordo c'è un chiodo. Lo si deve aggirare verso destra, con un'ampia spaccata. Giuliano poi mi conferma che è una "raddrizzata" della richiodatura recente, mentre prima passava direttamente a destra, per una sorta di canalino un po' marciotto. In ogni caso, anche qui, siamo al limite inferiore del V grado, poi di nuovo saltini di IV e IV+, davvero belli, fino ad una sorta di fessura che accompagna, spaccando a sinistra, alla sosta.

L'ultimo tiro è semplicemente una favola: finalmente si capisce di essere su uno spigolo: si sale dapprima una bella fessura e poi, per successive fessure, lame, un caminetto superficiale, con passaggi costanti di IV+, in bella esposizione ed arrampicata sempre elegante, si arriva all'ultima sosta, poco sotto la vetta vera e propria.
All'altezza di una sorta di caminetto sueprficiale, decido di salire un po' a sinistra, sfruttando due lame, una per il braccio destro ed una per il sinistro, che mi permettono di salire usando l'aderenza delel scarpette su un calcare favoloso, in totale esposizione. La difficoltà sono appena superiori, forse un passaggio di V-, ma semplicemente esaltante.
Usciti dallo spigolo, pochi passi su gradoni elementari e si raggiunge la sosta, dove Luigi vuole che vada avanti io per i pochi metri che ci separano dalla cima vera e propria. Il solito signore...

Arrivati alla cima, la classica stretta di mano, un sorriso, poi a respirare ed osservare panorami mozzafiato, sempre belli per quanto li si conosca...

Cambio di scarpe e giù per un perfido canalino, semplicissimo (un paio di passaggi di I grado), ma reso fastidioso dalla fanghiglias (è pur sempre novembre, capperi!).

Torniamo alla base ed agli zaini mentre Daniele e Giuliano decidono di andare a farsi anche la Santo Domingo. Io sono soddisfatto e vedo che Luigi vorrebbe andare a provare la variante Capitoli... Mi chiede se voglio salire per la Santo Domingo. Ringrazio e declino. Ci portiamo qualche metro a sinistra e mi piazzo, seduto, a far sicura a Luiigi che va a fare qualche evoluzione sulla Variante Capitoli, fermandosi solo sotto ad un tetto che valuterà poi di 6c...
Un paio di manovre di sicurezza e poi mi arriva l'ordine "Calami!". Lo faccio arrivare a terra e ci spostiamo sulla piazzuola presente sul sentiero, alla base del Torrione, vicino a due spuntoni fotogenicissimi...

Ci ritroviamo tutti e quattro, allegri, ciarlieri, contenti. Mangiucchiamo qualcosina, bevicchiamo e poi, calmi come per la salita, scendiamo, raccontandocela peggio di quando le signore vanno dalla parrucchiera...

Non siamo ancora sazi di panorami, osserviamo ogni singola guglia, ogni torrione, osserviamo le possibili linee di via classiche, di quelle dimenticate o poco note e di quelle possibili...

La giusta conclusione è, secondo la miglior tradizione, pizza e birra "dalla Cornelia".

Una giornata favolosa, suggellata con una serie di strette di mano vere, sincere e con quel saluto "arrivederci a presto" che lascia tanto ben sperare.

Una giornata per la quale, mentre io ringrazio i tre amici che mi hanno fatto vivere così intensamente quelle ore grignesche, tutti e quattro ci siamo trovati a ringraziare Sorella Grignetta, sempre pronta a concedere simili regali a chi mostra di apprezzarla davvero ed in ogni aspetto, dal sentiero all'arrampicata, con o senza neve, o anche solo per guardrla e mandarle un tacito quanto esplicito " a presto, vengo a trovarti appena posso".
La Grigna non è assassina...
La Grigna ti prende come una malattia dell'anima, una di quelle malattie che speri sempre non passi mai...
Un microcosmo cangiante, sempre nuovo nella sua apparente staticità.
Un coacervo meravigliosamente laocoontico di bellezze naturali ed alpinistiche, di storia e di aneddoti...

A presto, Sentinella della Guerriera Bella e Senza Amore.




lunedì 23 novembre 2009

NORMALE AL MAGNAGHI MERIDIONALE: UN REGALO NOVEMBRINO DELLA GRIGNETTA




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Grignetta
Torrione Magnaghi Meridionale
Via Normale

19 Novembre 2009


Ci sono itinerari che, a causa del cosiddetto "basso" grado, vengono considerati "di second'ordine" o da lasciare a momenti secondari...
In realtà, tra questi, ci sono vie che, pur non presentando difficoltà tecniche particolari, garantiscono a chi le percorre soddisfazione, panorami, esposizione, verticalità, varietà di passaggi (pur semplici). La Normale al Primo Magnaghi, o Torrione Magnaghi Meridionale, rientra tra queste. Me l'avevano pur detto in più di una persona, ma, a dire il vero, immaginavo che volessero darmi una sorta di "contentino" nella mia ricerca di itinerari facili per riprendere confidenza con la roccia, quella vera, senza attrezzature che facilitano artificialmente la salita...

Già l'anno scorso il fido Davide aveva tentato di convincermi (senza faticare troppo) a salire il Magnaghi Meridionale per la normale, ma, dopo una meravigliosa risalita pe ril Canalone Porta, il maltempo ci aveva fatto recedere dal proposito. Poi la neve e, dopo la neve, come spesso capita, altri itinerari hanno preso il sopravvento.

Poco tempo fa, anche l'ottimo Luigi mi aveva consigliato calorosamente di andare a provare le cosiddette "normali" dei Magnaghi, vie, a suo dire, che di normale avevano solo il nome. In particolare, mi aveva detto chiaramente che quella "normale di III grado", che, detta così, sembra un sentierino facile, presentava, invece, tutto quello che un alpinista può volere quando è in una giornata in cui non ha nessunissima voglia di alcun tipo di ingaggio fisico.

Tra ottobre e novembre di quest'anno, poi, casini lavorativi prima e una classicai nfluenza poi, avevano provveduto a buttarmi giù per benino ed a farmi saltare il ritrovo grignesco sul Medale. Fiacco, appesantito, un po' demoralizzato, ero alla ricerca di qualche sentieoroper ricominciare a muovermi.

Il solito ottimo Davide, compagno di merende alpinistiche, capita, al solito, a fagiolo e riusciamo a metterci d'accordo per andare a dirimere una volta per tutte la pratica "Normale al I Magnaghi". Ci sembra un itinerario adatto alla bisogna: 5-6 lunghezze di corda, un'ora e mezza di avvicinamento alla parete, discesa tranquilla in doppie... Zona ben conosciuta, quindi poca ansia. Ancor meno ansia per il grado, la via è data di III con III+ e IV- da ricercare e trovare a piacere, ben serviti da fix e soprattutto da numerosissime e favolose clessidre.

E' giovedì e, come da mia abitudine quando vado in montagna, c'è tutto il rituale della sveglia e della vestizione...
Nulla di grandioso o di pomposo, sia chiaro... Per molti il termine vestizione parrebbe comportare momenti magici, ieratici, maestosi, quasi sacrali...
Per me la sveglia significa la solita lotta con la bipolarità tipica del mattino, tra le mie due personalità che, nella schizofrenia dell'alba, si trovano a combattere la dura lotta tra la parte che vuole vedere una persona scattare verso il bagno ed a farsi il caffè e l'altra, che vorrebbe restare al caldo sotto il piumone e ben attaccata al cuscino...

Complice il desiderio di montagna, è la prima delle due parti ad avere la meglio, non senza difficoltà, ed è così che mi ritrovo al momento della celebrazione mattutina del caffè rituale. Osservo fuori dalla finestra e vedo solo un nebbione degno della migliore tradizione meneghina...
Non mi preoccupo più di tanto, il sito www.ilmeteo.it, cui di solito faccio riferimento, parla di nebbie in pianura e bella giornata al di sopra dei mille metri...
Speriamo bene...

Caffè, abluzioni mattutine, pratiche fisiologiche, solita scenetta dell'Arterio che cerca di far piano nell'uscir di casa e, sempre al solito, rovescia qualcosa e viene calorosamente invitato ad andare a quel paese da parte della sua dolce metà... Nulla di nuovo.
Alle 6,25 esco di casa, incoccio nella solita vecchina del Terzo Piano, una piccola istituzione nel condominio, che, al solito, mi apostrofa con un "uè, profesùr, va minga in montagna?". Certo che no, vestito così vado sempre alla funzione del mattino, nonnina cara...
Un bel sorriso e via, verso le brume e le nebbie della Pianura Padana...

La Tangenziale scorre veloce (il traffico va verso Milano), qualche problemino per attraversare Monza (più che di cantieri parlerei di zona di guerra) e poi via, lungo la Milano-Lecco, sempre con una nebbia ed una umidità che hanno un effetto assolutamente identico a quello della pioggia sui vetri dell'auto...

A Civate, ovvio, stanno rifacendo il manto stradale... Una bella coda da un paio di chilometri... Riesco comunque, non senza qualche riferimento scatologico, a risolvere la pratica Civate, a passare il tunnel e ad infilare la strada della Valsassina. Arrivo puntuale a Ballabio, dove, al solito bar, trovo il buon Davide che mi attende, allegro come sempre.

Caffettino, quattro chiacchiere e poi, sempre immersi nella nebbia, decidiamo di andare a vedere se il meteo l'ha imbroccata giusta...

Fino ai Piani dei Resinelli si sale all'interno di una coltre di nubi e di nebbia degna di un documentario sul Delta del Po a novembre... Visibilità dieci metri scarsi...
Arrivati alla piazzetta dedicata da poco al compianto Daniele Chiappa "Ciapin", una visione celestiale: la Grigna perfetta che si staglia in un cielo blu quasi irreale da tanto è bello...

Parcheggiamo l'auto e, poco dopo le 8, caricati gli zaini ci avviamo verso il rifugio Porta e poi su per la "meravigliosa" Cresta Cermenati...
Per me, reduce da svariati giorni di inattività, è un colpo paragonabile a quello che si può provare quando un centravanti sbaglia il pallone da colpire e centra con il collo del piede i vostri gioielli di famiglia...
Al bivio tra Cermenati e raccordo con la Sinigaglia devo respirare... Mi volto e tanto io che Davide restiamo ammutoliti davanti allo spettacolo delle cime che si alzano dai 1200 in su sopra il mare di nubi...
Il Coltignone sembra un promontorio nel mare, il Nibbio ricorda quasi uno scoglio vulcanico nel mare delle Eolie...
Dietro di noi le guglie della Grignetta ci attirano, complice anche una temperatura decisamente più ottobrina che novembrina, così ci gustiamo un dieci minuti di cazzeggio stesi sull'erba.

Ripartiamo, allegri, accaldati... Siamo felici come bambini... Non abbiamo alcuna fretta, abbiamo deciso di salire la sola Normale con tutta la calma di questo mondo, riservandoci di cercare "variantine" più pepate a piacere...

Arriviamo alla Bocchetta dei Prati, svoltiamo ed arriviamo brevemente all'attacco... Lo spettacolo
delle montagne della Bergamasca che si alzano dalle nuvole ci avvince ancora, ci prepariamo senza fretta...

Iniziamo a salire allegri, leggeri, tranquilli. E' giovedì, a parte un paio di escursionisti in giro non si vede nessuno e lasciamo gli zaini alla base. Ci alziamo leggeri, ci prendiamo in giro, facciamo a gara a chi fa la variante più idiota... Risaliamo senza fretta i quattro brevi tiri da 25 metri che portano alla sosta da dove si diparte la Variante Polvara. E' tutta una breve serie di placchette, saltini, muretti di terzo, ai quali si può aggiungere un mezzo grado, forse un grado in più a piacere, scegliendo piccole varianti sul posto, dato che la via decisamente non è obbligata. Le soste sono comde, anche troppo... Ne approfittiamo ogni volta per guardarci i panorami di una Grignetta sempre più bella...

Dopo aver osservato la Variante Polvara (una delle nostre future mete di cazzeggiamento montano), osserviamo il camino che porta alla sosta da dove si diparte il "Traversino". Il camino sembra umidiccio alquanto e decidiamo su due piedi di seguire lo speroncino a sinistra. Basta abbassarsi di qualche metro e salire o lungo lo spigolo o lungo l'ancor più facile canale alla sua sinistra...
Davide decide di salire dritto per lo spigolo, si imbrana in un torrione, si mette a ridere, ridiscende per essere salito troppo e si inventa un passaggio per arrivare alla sosta dove si lascia andare ad alcuni "auto-lazzi" davvero gustosi.
Risalgo io, recuperando la roba lasciata dal buon Davide e smadonnando non poco per capire come si fosse inventata quella linea, peraltro vicina a quella dei primi salitori, che seguirono il canalino a sinistra dello spigoletto e non il camino...

Dalla sosta, quattro o cinque metri di secondo e poi un quasi sentierino fino al masso di vetta.
Passiamo qualche minuto ad osservare un panorama favoloso, mi fumo la più classica delle sigarette di vetta e poi, con calma olimpica, ci prepariamo ad attrezzare le doppie per la discesa.
Alla fine decideremo per effettuare tutta la discesa - sì proprio tutta - con le doppie... Sei doppie durante le quali osserviamo, con calma e tranquillità, le varie vie presenti tanto sul Primo che sul Secondo Magnaghi...
Per colmo di pigrizia, riusciamo a fare una doppia persino dalla sosta di partenza fino alle ghiaie basali...

Ridendo come bambini, ci sediamo a prendere il sole, mangiucchiare e bere qualcosa...

Abbiamo impiegato due ore e mezza per una salita che al massimo ne prevede una... Una e mezzo con la discesa lenta...
Noi, invece, due e mezzo.. Ma una marea di foto, soste a go-go per i panorami... Per osservare le pieghe del calcare dei Magnaghi e sognare per il futuro...

Il ritorno viene fatto con altrettanta calma, osservando per benino il Canalone Porta e poi "gustandoci" in discesa la Cermenati, alla quale il buon Davide dovrà, alla fine, l'ennesima botta al culo... Ma fa tutto parte di una tipica "giornata da Grignetta"...

Una sana birra al Forno della Grigna sancisce la fine di questa magnifica giornata, durante la quale la Grignetta ci ha voluto probabilmente dare l'arrivederci a primavera e ringraziare per come la sappiamo apprezzare. Un vero e proprio regalo di novembre, un San Martino posticipato, un regalo di Natale anticipato...
Non so cosa sia stato: so solo che resterò a lungo grato a Davide ed alla Grignetta per una giornata di bella montagna, alla faccia dei gradi facili e delle nebbie mattutine!

Una giornata che nemmeno il perfido traffico di rientro a Milano ha potuto rovinare... Grazie Davide, grazie Grignetta... Torniamo presto!




lunedì 26 ottobre 2009

ALLA RICERCA DELLA GRIGNA SELVAGGIA: LA VAL VERDE



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Gruppo delle Grigne
Forcellino e Bocchetta di Valverde Sentiero Riccardo Spreafico
25 ottobre 2009




Si, si, lo so, sembra proprio un ossimoro parlare di Grigna selvaggia...

Eppure, anche se non mi crederete, è ancora possibile riuscire a trovare angoli di relativa wilderness persino alla domenica a due passi dai frequentatissimi Piani dei Resinelli...

Si dice anche che certi cantucci nascosti bisogna saperli trovare... Ma, secondo me, spesso è la montagna stessa a chiamarti, quando cerchi di tenere l'orecchio aperto, pronto a captare i segnali che le montagne ti mandano...

A me è capitato domenica scorsa e ve la racconto dall'inizio:
al mattino, allegro perché, grazie al cambio dell'ora, avevo potuto godere di un'ora di sonno supplementare, mi alzo senza fretta e con altrettanto olimpica calma parto in direzione delle montagne del Lecchese...
Durante la settimana, pensando ai possibili itinerari per la domenica, avevo adocchiato la Val Cugnoletta e qualcosina anche sul Resegone...
Scarto la Val Cugnoletta, troppe ore per ciò che ho in mente e voglio essere a Milano presto.... E' un giro da sabato...
Va bene, il dado è tratto: o su al Resegone per vedere com'è il Comera senza neve, oppure su ai Resinelli e andare a vedere il panorama dalla cima salendo per il Sentiero delle Capre.

Subito dopo Monza, ascolto Isoradio... Un tizio, dopo aver elencato i soliti incidenti, rallentamenti, code, rogne in autostrada, augura buon viaggio a tutti... La radio fa le bizze e non so se fosse ancora Isoradio o qualche altra emittente... Ma sento distintamente partire "Canzone per un'amica" di Guccini... Ora, far sentire ad uno che parte in auto una canzone dedicata ad una persona morta in un incidente stradale, quanto meno, prevede un sano toccamento di parti nobili...

Mi tocco i gioielli di famiglia, spengo la radio e accelero, pensando nel frattempo che se tutti ascoltano quella radio e tutti si toccano, è chiaro perché avvengono tanti incidenti...

Vabbe', non divaghiamo oltre. Accelero, riesco a passare indenne Monza in un modo strano... Una sorta di voce interna mi dice di lasciar stare il solito giro per sbucare sulla Milano-Lecco e decido, data l'ora, di passare dal centro di Monza. Prima di arrivare al centro vero e proprio, in mezzo alla strada, tranquilli e beati, alla faccia di tutti i cacciatori del Lombardo-Veneto, due fagiani se ne stanno tranquilli a scorrazzare alteri e fieri nel mezzo della carreggiata... Non si preoccupano nemmeno del mio avvicinarmi con l'auto... Rallento, vedo che si alzano in volo per pochi metri e vanno a posarsi in un giardino poco distante...
Come inizio della giornata davvero non male!

Traverso Monza (rispettando i limiti, sia chiaro) e salgo sulla Milano-Lecco. La prima idea è quella di andare sul Resegone, ultimamente mi ha dato non poche soddisfazioni... Arrivo abbastanza velocemente a Versasio e... Trovo la coda per accedere al parcheggio, dove ci sono addirittura pullman parcheggiati ed un vocio spaventoso...
Beh, chi mi conosce sa come sono fatto. Senza nemmeno batter ciglio, inversione a "U" e via verso altre mete...
Se al Resegone è così, ai Resinelli non sarà meglio... D'altronde con una giornata così, come potrei pretendere la pace e la tranquillità? E' giusto che tutti possano godere delle bellezze del Lecchese...

La macchina mi porta da sola nei pressi di Rancio... Decide da sola di salire fino a Laorca. Al parcheggio, faccio un due più due: mi converrà salire per la ferrata al Medale? No, decisamente... Già da lontano si vede un casino della malora e la parete del pilastro su cui si sviluppa la ferrata sembra la spiaggia di Rimini ad agosto...

L'illuminazione viene da sé: è un sacco di tempo che mi riprometto di andare a vedere la Valverde e passare sotto al Forcellino...

Bene. Parto da Laorca e, allegro come un uccellino che fischietta, mi dirigo all'ex Rifugio Medale, da dove prendo il sentierino che passa alla base delle pareti del Medale. Osservo l'accalcarsi di cordate, ferratisti e quant'altro e, con calma, facendo foto, raggiungo ben presto il sentiero "classico" che sale al rifugio Piazza. Mi rendo conto che ho cazzeggiaotoabbastanza alla base della parete e, messa la quarta, in venti minuti raggiungo il rifugio. Qui gli ottimi Alpini mi forniscono di caffè e panini per l'escursione. Pago, ringrazio, saluto e parto.

Un cartello indica la direzione e quasi da subito la musica cambia... Il sentiero, fino a quel momento evidentissimo e lucido per la frequentazione, lascia spazio ad una traccia che mostra come ben pochi escursionisti, a torto, vadano a gustarsi le meraviglie della Valverde.
Il sentierino, in alcuni punti sommerso da erbacce da tempo non calpestate, per un breve tratto continua quasi pianeggiante, per poi presentare una prima brusca e ripida discesa, vergognosamente scivolosa, attrezzata con una catena di dubbia utilità... Meglio affidarsi alle ottime radici presenti... Si scende ancora un po' a passare una prima vallecola, per poi risalire altrettanto ripidamente.

Una piccola sosta per ammirare lo spettacolo della Valverde e dei canaloni che scendono dal Coltignone, un vero spettacolo della natura a due passi dal Rifugio Piazza. Il sentiero mi riserva quasi subito una seconda discesa, altrettanto ripida ed infida, profonda, a passare un'altra valletta, assolutamente deliziosa e fotogenica. L'attraversamento della vallecola è davvero bello e porta, infine, ad una risalita di una sorta di sperone roccioso attrezzato con catena e addirittura un paio di pioli, perfettamente inutili, ma tant'è. A volte, evidentemente, melium abundare...
Comincia la risalita dello sperone della Valverde, che durerà circa un'ora e un quarto di sbuffi, ma che sarà ampiamente ripagata da vedute, panorami sulle cime "nascoste" del Coltignone, sulle pareti del Forcellino, su torri e guglie, sul sottostante Lario e sui colori dell'autunno...

Lungo tutto il sentiero, non si vede e non si sente nessuno, a parte un paio di camosci in distanza.

Risalgo il costone, che ad un certo punto diventa crestinap er poi risalire un ultimo pezzo - piuttosto faticoso - di costone, fino a sbucare quasi sulla cima del Forcellino (ovviamente poco prima della Bocchetta di Valverde sono riuscito a perdere la traccia principale e sono risalito "alla cacchio" fin quasi sulla cima del Forcellino per poi tornare alla Bocchetta da questa...).

Dalla Bocchetta di Valverde, dopo più di un'ora e mezzo di silenzio e solitudine, comincio a sentire qualche voce... La prima idea sarebbe stata quella di continuare verso il Belvedere ed il Coltignone, ma la ressa presente mi fa recedere...
Traverso "a naso" nel bosco fino a sbucare nei pressi del Museo delle Grigne e da lì, di buon passo, mi avvio ai Resinelli.

Faccio un salto dall'Ercole, dove c'è un casino della miseria... Mi bevo una birra veloce e poi riparto, tranquillo. Vorrei scendere per il sentiero della "Costa Adorna". Anche in questo caso, dopo così tanta bellezza, non faccio i conti con l'intervento umano...

Lungo quello che fu il sentiero della Costa Adorna sono stati eseguiti i lavori per la sistemazione del Metanodotto... Hanno sbancato, cancellato, rifatto... Insomma, a farla breve, poco dopo la metà della discesa perdo la traccia e mi trovo a scendere verso Ballabio invece che verso Laorca. Dopo aver traversato alla "saltafossi" alcuni ripidi prati, entro in un boschetto con qualche traccia e trovo un bel sentiero, non segnato, che in breve mi scodella presso una baita dove alcune persone stanno lavorando. Due asini mi salutano ragliando, quasi a dire "Uno di noi... Asino, hai sbagliato sentiero" ed un cane mi abbaia contro, ma senza cattiveria...

Faccio due chiacchiere con i ragazzi che stanno lavorando alla baita e questi, allegri, mi indicano come arrivare a Laorca "tagliando" nel bosco e fidandosi del naso... Seguo un sentierino accennato che poi sparisce e, dove questo finisce, proseguo lungo il letto di un torrentello che in breve mi porta ad un cantiere con sbancamento poco sopra la strada che collega Laorca a Ballabio.

I colori dei boschi in autunno mi hanno accompagnato per tutta la discesa, non facendomi sentire alcuna fatica e, anzi, divertendomi non poco...

In breve mi ritrovo sulla vecchia strada della Valsassina, da dove torno velocemente all'auto e riparto per Milano, tranquillo, allegro, pacifico e soddisfatto di una gita che attendevo da tempo e che è stata lei a scegliermi, e non il contrario.

Poche ore, per la maggior parte nel silenzio, in mezzo a colori e panorami favolosi... Anche questa è Grigna, alla faccia di chi snobba la bassa montagna....

A presto, so che queste zone hanno ancora molte perle nascoste da farmi gustare!



venerdì 23 ottobre 2009

LA TRAVERSATA DEL SENGIO ALTO


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vedi anche le gallerie collegate di Claudio e Ale74

di RIC54/ Riccardo

L'avventura per me e lo Sherpa ,comincia alle ore 6, mentre per Muress , il più lontano,alle 5.Gli altri, Ale e Gigio, sono quasi di casa essendo veronesi.
Antico è il vero padrone di casa,abitando a dieci minutidal luogo dell'appuntamento.
S.Antonio di Valli del Pasubio.Il primo paesino che si incontra dopo il Pian delle Fugazze,provenendo da Rovereto.
Alle 8,30 ci siamo tutti e con le macchine ci dirigiamo alla malga Cornetto,da qui prenderà il via la "Traversata del Sengio Alto".
Antico prende la testa del gruppetto e ci guida verso il Vajo Stretto,che troviamo dopo un tratto di bosco.
Il Vajo Stretto non è altro che una bellissima spaccatura naturale della montagna,una gola stretta e altissima che attraversandola incute un certo timore.
Nei punti più difficoltosi ci sono delle catene,e poi una scaletta che ci permette di raggiungere un passaggio abbastanza delicato,dove per la seconda volta bisogna togliersi lo zaino per poter passare.
La spaccatura è molto stretta e ci porta ad una piccola cengia,molto esposta.
Qui, la catena,è utilissima.
Questo , secondo me ,è il passaggio più difficoltoso di tutto il percorso , e cordino e moschettoni diventano indispensabili per la nostra sicurezza.
Dopo ancora qualche tratto ripido e attrezzato si arriva alla selletta e ci lasciamo alle spalle questo impervio e affascinante canalone.
Il sentiero continua e ci fà guadagnare quota , e dopo un ripido "Giaron" (ghiaione per quelli NO LOCAL ) arriviamo alla selletta dell'Emele , dove ci concediamo una sosta e mangiamo qualcosa.
Antico ci fornisce di dettagli sui vari sentieri e sulle belle montagne che ci circondano.
Perfino lo Sherpa ( persona molto riservata ,timida e introversa )osservando da molto lontano le montagne di casa sua , riconosce il Monte Cavallo e finalmente riesce a spiccicare qualcosa.
OOPSS!!!!! NO !!!! forse non parliamo della stessa persona.
RICOMINCIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Quel selvadec ( traduco dal bresciano per Muress = selvatico ) dello Sherpa che era già euforico e scalpitante alle ore 7, praticamente non ha mai smesso di far battute scherzose e simpaticamente ironiche, lanciando anche l'idea ( accolta ,peraltro ,da tutti) di fare un prelievo di sangue ad Antico per un controllo antidopping.
Adesso anche lui sà ,perchè Antico viene chiamato 4x4.
Interviene anche Muress,che è un ottimo conoscitore di sentiero attrezzato e non ,di vajo , di passo , di ferrata ecc.. ecc.. Praticamente il Friuli , il Trentino e il Veneto non hanno segreti per lui.
Perfino Gigio , ha gli occhi umidi di commozione,dopo essere riuscito a scorgere in lontananza ,una gru di venti metri.
Fin qui , tutto bene, l'unico neo era che, essendo io e Muress i soli due italiani del gruppo,abbiamo avuto qualche piccolo problema di linguaggio e quindi di traduzione.
Però con un'pò di fantasia e con l'aiuto delle mani siamo riusciti a farci comprendere e a comprendere quello che gli Asburgici,dicevano.
Riprendiamo il cammino,qui il sentiero è molto panoramico e siamo spesso a cavallo fra le due valli.
Come già detto , si vedono i monti Friulani , l'Adamello e la Presanella sono li davanti bianchi di neve e ghiaccio, mentre io mi soffermo spesso a guardare il Pasubio , il Monte Pasubio,quante volte l'ho cantato e adesso è li davanti.
Anche l'Altopiano di Asiago , da qui , è veramente suggestivo.
Arriviamo alla forcella Cornetto e qui lasciamo il comodo sentiero e prendiamo a destra un'altro sentiero ripido e attrezzato che ci porterà in vetta al Monte Cornetto. E qui il famoso Carega fà da padrone , con i suoi canaloni e le sue cime e noi restiamo in silenzio ad ammirare gli splendidi panorami che il Cornetto ci offre.
Foto di vetta , si mangia qualcosa e poi giù per lo stesso sentiero .
Tornati alla forcella, l'amico Gigio ci lascia , ha fretta di tornare a casa,e prende un ripido sentierino che lo riporterà all'auto.
Chissà se nel tragitto fino a casa si sarà fermato in qualche cantiere edile?Mah!!!!
Continuiamo dunque in cinque,e adesso il sentiero entra ed esce dalle gallerie.
Le gallerie non sono mai lunghe , ma sono tante e quando siamo fuori , siamo a picco sulla valle. Anche qui ci sono dei passaggi attrezzati , affrontabili con attenzione e piede fermo , anche se cordino e moschettone non guastano mai.
La zona è chiamata " Piccole Dolomiti" ed è veramente suggestiva e selvaggia
e non ha niente da invidiare alle sorelle più grandi.
La roccia è secca e arida,ma è buona , ti tiene sù, come tiene sù le gallerie scavate quasi cento anni fà dagli alpini.
Gallerie nelle quali si respira ancora l'odore della guerra.
Gallerie che hanno raccolto e conservato, il dolore e il sangue dei nostri predecessori.In queste gallerie ci resterei di più, ma i miei compagni sono già lontano e stanno già guardando la prossima meta , il Baffelan.
Con le gallerie abbiamo perso quota,quindi ,il Baffelan,un'pò per la sua altezza,un'pò per la sua forma ( un vero corno) ci sembra un picco irraggiungibile.
Invece con calma e assaporando tutto quello che ci circonda,arriviamo al passo Baffelan. Devo anche dire che Antico ci spronava spesso dicendoci "Demo!,Demo!" ( potrebbe sembrare una dimostrazione gratuita di un nuovo programma per computer,invece voleva dire Andiamo ! Andiamo ! ).
Ah!!! Il primate ci ha anche detto che ci era andata bene , perchè oggi non era molto in forma . Alla faccia della forma !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!.
Qui al passo Ale e Muress si offrono volontari , nel senso che ,se noi tre vogliamo salire al Baffelan , loro sorveglieranno i nostri zaini.
Porc....putt.....mi hanno fregato sul tempo e hanno anticipato i miei pensieri,ma Antico dice che per raggiungere la cima ci vuole non più di un quarto d'ora e cosi è stato. Quindici minuti di roccette non facili e non troppo difficili,come diceva lo Sherpa di 1°+. Percorso breve ma intenso e molto gratificante arrivando in cima.
Foto di gruppo (ridotto) e poi giù.
Da adesso in poi sarebbe tutta discesa,però vogliamo mettere la ciliegina sulla torta,quindi dopo essere scesi di parecchio e dopo un tratto di bosco ecco li davanti a noi ,la Sisilla ( monte con statua della Madonna , cantata anche da Bepi de Marzi).
Prendiamo il sentiero alla nostra sinistra e ci incamminiamo verso la cima.
Il sentiero è ripido e la stanchezza comincia a farsi sentire e qui comincio ad avere dei dolorosi crampi che mi costringono a fermarmi e a "stirarmi la gambe"
Qualcuno dice che è acido lattico , però è strano perchè di latte non ne bevo , al limite poteva essere aceto di vino , ma il latte !! boh !!!!!. Problemi di traduzione! !!!!!!!!!!!.
Comunque arriviamo in cima alla Sisilla.
La Madonna è li , bella , bianca , con le mani congiunte in preghiera.
Passa davanti Antico , Ale ,poi Muress e la Madonna sembrava quasi sorridere,
al mio passaggio , invece , allarga le braccia , le alza al cielo e invoca il Signore,
al passaggio dello Sherpa invece, scoppia in un pianto a dirotto .
La consoliamo dicendole che sicuramente lo Sherpa non passerà mai più di quà.
Il Carega è ancora più vicino e Antico ci indica , dandogli i vari nomi, tutti i canaloni e le varie cime che sembra quasi di toccare con mano.
Altra foto di gruppo , anche con la Madonna ,che adesso ha smesso di piangere e poi dinuovo giù.
Evitiamo il rifugio , stando su un sentiero che taglia di traverso e ci porterà poi alla strada asfaltata , qui vediamo i danni che la neve abbondante ha fatto.
Manca un bel tratto di strada asfaltata , una frana l'ha portata via e siamo costretti a rientrare nel bosco per aggirare questo ostacolo.
Dopo poco siamo alle macchine , ci cambiamo e torniamo al parcheggio di S. Antonio . Sherpa non perde un attimo nel preparare la tavola che subito si riempie di prelibatezze.
Del prosecco ,allegro e frizzante come lo Sherpa.
Del Sangiovese ,sanguigno e verace come Muress.
Del parmigiano , stagionato e ricco di energia come Antico.
Del formaggio di malga , dal gusto delicato e cordiale come Ale.
Del Franciacorta rosso ,come Ric ,cosa c'entra? Beh!! ho la moglie francese , e allora ?
Beh !! Questa relazione ha veramente poco di tecnico , ma chi mi conosce sà che sono solo un semplice montanaro.
Però devo dire che , questa è una delle tante escursioni che ho fatto quest'anno
in compagnia di persone conosciute in questo forum.
E per tanto che se ne dica , vale di più mezz'ora di marcia insieme e in silenzio , che migliaia di parole scritte in un forum , in discussioni a volte inutili e spesso poco educate.
Ho conosciuto un sacco di amici , dai più vicini a 10 km , ai 300 km di quelli più lontani, ma , come ha detto Ale " Amici subito , senza riserve ".
GRAZIE FORUM e GRAZIE BRADIPI
e grazie a Antico43/Claudio--Sherpa61/Mauro--Ale74/Alessio--Muress/Maurizio--Gigi64/Luigi , e a tutti quelli che ho già conosciuto.

RIC54 /Riccardo

mercoledì 21 ottobre 2009

PRESERVIAMO LE ULTIME OASI DI WILDERNESS ALPINA



Carissimi,


pubblico volentieri anche sul nostro blog l'appello-J'accuse del noto alpinista e scrittore Luca Visentini che da tempoperora la causa della preservazione di quelle poche oasi di wilderness rimaste nelle nostre montagne, contro la proliferazione di segnaletiche inutili, id bollature indiscriminatei e tutto ciò che va ad alterare l'originalità delle nostre montagne.
Buona parte delle Dolomiti (e non solo) è ormai inscatolata, bollata, segnalata, ferrata, spittata e resinata...
Poche zone restano intatte. Lasciarle come sono, ricorrendo ad altri sistemi per indicare i percorsi, come gli ometti, vorrebbe dire lasciare quanto più possibile le montagne, dopo il nostro passaggio, così come le avevamo trovate.

Per chi volesse aderire all'appello, è possibile entrare nel forum di FuoriVia e contattare direttamente Luca Visentini, oppure, dal forum di PlanetMountain, contattare AndreaVe.

Buone Montagne a tutti

Arterio Lupin

IO ACCUSO

Io accuso una persona di cui per ora non faccio nome e cognome per non danneggiarla, al suo rientro dalle montagne, nella propria attività. Quando non è tanto ciò che si riporta delle montagne medesime che mi preme e m’indigna, quanto piuttosto ciò che vi si lascia.
E accuso alcuni soci del Club Alpino Italiano che danno manforte a questo privato, nella sua maniacale campagna d’intervento e stravolgimento sul terreno. Non preciso nemmeno tali soci, per non metterli in difficoltà con l’intero sodalizio, avendo essi disatteso il Bidecalogo o Documento programmatico per la protezione della natura alpina votato all’Assemblea dei delegati di Brescia nel 1981, le finalità della Commissione centrale per la tutela dell’ambiente montano costituitasi nel 1984, le speranze per un riscatto ecologico dell’alta quota sorte con la fondazione a Biella nel 1986 di Mountain Wilderness da parte del Club Alpino Accademico Italiano e dei migliori alpinisti internazionali, gli stessi intenti della Charta di Verona approvata al termine del Congresso nazionale nel 1990, le Tavole di Courmayeur o Norme di autoregolamentazione del CAI per la protezione dell’ecosistema alpino promulgate nel 1995, le disposizioni limitative contenute nel più recente manuale “Sentieri – Pianificazione segnaletica e manutenzione, vol. 1” e soprattutto il buon senso.
Succede comunque che il nostro soggetto, da qualche anno, si adopra nella verniciatura sistematica delle vie di salita pure alpinistiche alle vette anche remote, dei valloni selvaggi e degli antichi viaz dei cacciatori, in tutte le Dolomiti Orientali. Appone enormi bolli, frecce, scritte, sulla roccia. Non si contiene e per esempio lungo un saltino di cinque metri è capace di reiterare il vandalismo addirittura cinque volte!
Qua in Oltrepiave non sta però trovando vita facile. Con diversi partecipanti al forum di montagna Fuori Via e con l’avallo del CAI di Cimolais e del CAI di Claut, nonché previa informazione alla Stazione del Soccorso Alpino dell’Alta Val Cellina, alla Commissione Giulio-Carnica Sentieri e al Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, abbiamo cominciato a cancellare quest’estate i suoi misfatti. E lui è tornato ultimamente di soppiatto a riproporli. Pazienza, glieli cancelleremo ancora. Ricorreremo infine a un’ordinanza comunale, se non la smetterà.
Ma rimane per i gruppi più a nord una mina vagante e quindi un pericolo per le ultime macchie bianche nella topografia del nostro Paese, già brutalmente antropizzato. Imbratta ogni cima, lo ripeto, è seriale. Uccide l’avventura. Compromette la scoperta. Riduce l’autonomia. Si nasconde dietro al falso alibi che così facendo donerebbe a molti l’opportunità di non perdersi. Mentre invece contano il suo ego smisurato e lo zelo pseudomissionario e duro a morire dei suoi compari associati.
Nell’era nuova delle Dolomiti Patrimonio Naturale dell’Unesco io continuo a pensarla come sempre. Del mio passaggio sui monti cerco di lasciare meno tracce possibili.

Luca Visentini

Seguono intanto queste prime 167 firme di alpinisti ed escursionisti che aderiscono all’accusa. Ma dato che il malcostume di segnare vistosamente e scriteriatamente i rilievi dolomitici sta dilagando, poiché basta un finto valorizzatore a catena per deturpare il tutto, la nostra campagna continuerà.

Tiziano Abbà, Davide Azzaroni, Alessandro Bagato, Silvio Bagnini, Gianni Ballan, Roberto Barberi, Damiano Basso, Gianni Battimelli, Fabio Bechini, Paolo Bechini, Sergio Bella, Massimo Bellamio, Alessandro-Giacco Bellatorre, Silvia Benetollo, Pietro Bertera, Alessandro Bianchet, Orietta Bonaldo, Luca Bresolin, Marco Bresolin, Sergio Buricelli, Massimo Bursi, Giovanni Busato, Luca Bussolari, Marina Cadoppi, Matteo Caffini, Gianluca Calamelli, Alessandro Caldini, Luca Calvi, Adriano Campardo, Valentina Campiello, Federico Canella, Alessandra Cantoni, Stefano Capitanio, Adriano Cason, Nicola Cason, Lorenzo Castaldi, Gianpaolo Castellano, Nicola Cattania, Gregorio Ceccone, Lucio Ceschin, Paola Cesco Frare, Marisa Clerici, Valerio Coletti, Paolo Colombera, Alberto Contessotto, Andrea Corradi, Claudio Costa, Micol Costantini, Claudio M. Cremona, Mario Crespan, Francesco Dal Corso, Alberto Da Ronch, Davide De Carli, Armando Della Rocca, David Demetz, Dario De Rossi, Sandro De Toni, Massimo Di Giusto, Lorenzo Don, Maria Cristina Dorigo, Sandro Edelvais, Massimo Esposito, Gianni Fabbri, Gianluca Fant, Flavio Faoro, Marco Fardelli, Andrea Ferin, Emanuela Franchin, Amalia Franchina, Elisa Franchina, Andrea Gabrieli, Paolo Galli, Adriano Garlato, Mirco Gasparetto, Gianluca Gemin, Emiliano Giuffrida, Andrea Gobatti, Luigi Gobatti, Valentina Gottipavero, Lorenzo Gregoretti, Maria Teresa Guidotti, Roberto Iannilli, Bruno Illuminati, Sandro Iotti, Elisabetta Ladelli, Camilla Lamberti, Vito Lamberti, Francesco Lamo, Marco Lanzavecchia, Marco Lavaroni, Alessio Liquori, Giorgio Madinelli, Paolo Marchiori, Claudio Marcon, Matteo Marin, Claudia Martin, Renato Mazza, Walter Melli, Emanuele Menegardi, Franco Michieli, Claudio Mitri, Jolanda Molena, Chiara Morandini, Bruno Moretti, Marina Morpurgo, Ermanno Nardon, Luca Natali, Davide Necchi, Maria Luisa Nodari, Walter Novello, Enrico Paganin, Diana Parini, Emilia Patruno, Marco Pavan, Gaetano Pavani, Eros Pedrini, Giuseppe Penotti, Giorgio Perosa, Alberto Peruffo, Andrea Pes, Claudia Pesarini, Emanuele Pescialli, Andrea Pizzato, Elena Pollo, Giovanni Ponziani, Michele Porrino, Daniele Pozzati, Paola Pozzoli, Federico Ranzato, Marco Rocca, Anna Maria Rosanò, Corrado Rosati, Tommaso Rossi, Paolo Rossini, Fabio Sacchini, Giovanni Saltalamacchia, Stefano Salvia, Oscar Sandri, Davide Scaricabarozzi, Marco Schenoni, Alberto Scribani, Antonella Scurani, Paolo Seimandi, Jacopo Selleroni, Matteo Sgrenzaroli, Marinella Sia, Luca Signorelli, Marco Simionato, Maria Loretta Spaccatrosi, Daniele Spiniella, Stefano Squicciarini, Flavia Stacconi, Piergiovanni Stefani, Diego Stivella, Sandro Strappaveccia, Antonio Tazzoli, Silvia Tondello, Fausto Tonetto, Francesca Tonutti, Giuseppe Traficante, Lorenzo Trento, Natascia Vaghi, Gianfranco Valagussa, Ivo Valle, Gabriele Villa, Massimiliano Zamuner, Ettore Zuccolotto…

sabato 17 ottobre 2009

AL RESEGONE PER LE CRESTE NORD




Resegone di Lecco

Sentiero delle Creste Nord

Punta Cermenati

Val Caldera


17 ottobre 2009


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Ad una settimana di distanza, con ancora negli occhi la gioia per la gita alle Creste Sud del manzoniano monte, trovo una finestra di tempo libero nella giornata di sabato e decido di dedicarla alle Creste Nord della stessa montagna, così, quasi a completamento ideale di un percorso che, comunque, non ho accantonato, ma solo rimandato....

Devo sbrigare un paio di commissioni, ma ho ben poca voglia di stare in città... Riesco a fuggire da Milano alle 9.20 ed alle 10.30, dopo essermi bevuto la Milano - Lecco e, soprattutto, il caffè al Bar Partenza Funivia dall'Antonio, salgo sulla funivia che mi deve portare ai Piani di Erna. La giornata non è perfetta, ma sono carico al punto giusto ed anche i panorami non si fanno, in fondo, desiderare.

Alle 10.40 riesco a partire dalla stazione superiore, dopo una breve chiacchiera con un conoscente, una di quelle persone che avrò visto almeno dieci volte e con la quale, ormai, ci si ferma regolarmente a parlare.
Prendo il sentiero che porta al Passo del Giuff, con un buon passo ma senza fretta: i colori dell'autunno mi stregano sempre.
Alle 11.10 mi ritrovo al Passo: la giornata è abbastanza bella, posso vedere in lontananza il Rosa ed i 4000 della Svizzera, così come tutte le altre cime circostanti. In basso, invece, una foschia che progressivamente diventa nebbia conferisce un alone speciale a queste montagne, sempre più belle man mano che le si conoscono...

Alle 11.20, dopo aver fatto la classica serie di scatti, prendo il sentiero delle Creste Nord del Resegone. Una tabella, all'inizio, poco sotto il Passo del Giuff, indica che per la Punta Cermenati ed il Rifugio Azzoni vanno calcolate 3 ore...
Così, a naso, mi sembra un po' tantino, ma non mi preoccupo più di tanto e parto di buona lena, senza fretta, soffermandomi per vari scatti. I panorami si fanno sempre nuovi e più interessanti ad ogni passo.

Il sentiero è certamente da classificare EE dal punto di vista tecnico, in alcuni punti faticoso, esposto in altri, ma senza superare mai e solo in un paio di punti il I grado UIAA. In breve passo il Pizzo di Morterone, scendo di poco e risalgo al Pan di Zucchero per poi (non senza fotografar eil fotografabile) dirigermi verso cima Pozzi.

Qui si incontrano gli unici "passaggetti" un minimo alpinistici (e peraltro evitabili) del percorso.

1) Tra il Pan di Zucchero e Cima Pozzi, dopo essere scesi alla selletta ed essere risaliti di poco, si incontra una piccola e breve zona rocciosa che può essere affrontata o per una spaccatura-camino facile, max I grado o, a sinistra, per una cengia un po' esposta ma di nessunissima difficoltà
Nel dubbio, chi volesse ripetere questo itinerario per Escursionisti Esperti basterà che tenga conto dei colori del segnavia: quello giallo indica le varianti più "difficili", mentre i classici segnavia bianco-rossi guidano lungo la variante più semplice.

2) Il secondo passaggio "impegnativo" del percorso si incontra scendendo da cima Pozzi verso la Selletta Bobbio: un tratto fortunatamente breve di discesa ripidissima e scivolosa (molta attenzione, nessuna difficoltà tecnica ma comunque, ripeto, molta attenzione) porta all'ultimo saltino appena sopra la Selletta. Può essere affrontato direttamente scendendo in arrampicata per pochi metri con difficoltà di I grado, poco più, oppure lo si pul evitare sulla sinistra, scendendo e seguendo i segnavia bianco-rossi, che portano ad un brevissimo canalino detritico di un paio di metri e ad una cengia che deposita senza alcuna difficoltà alla Selletta.

Dalla selletta, dove mi fermo per un paio di minuti per la più classica delle sigarette, osservo il panorama e mi compiaccio del fatto che fino a quel momento ancora non ho incontrato nessuno...
Parto di nuovo di buona lena, fermandomi solo per qualche scatto e, quasi senza acocrgermene, alle 13.05 sono sulla Punta Cermenati...

La parte più pigra di me vorrebbe approfittare del fatto che il Rifugio Azzoni è aperto, ma la presenza di molte persone, troppe per me, mi fa ripartire dopo una sigaretta di vetta ed una rapida bevutina di the...

Scatto qualche foto, osservo il panorama, riguardo il percorso seguito, poi decido di tornare al Passo del Giuff seguendo il sentiero del resegone che più amo, ovvero quello che percorre la Val Caldera.
Mi gusto il sentiero, respiro un'aria decisamente dolomitica nel Vallone e mi "bevo" il bosco... Alle 14.00 sono di nuovo al Passo del Giuff, dove mi fermo per un po' a fare quattro calcoli...

In meno di tre ore, senza forzare, io, che sono un Bradipo, sono andato e tornato, gustandomi il panorama e facendo molte foto... Mah, probabilmente avevo "beccato" la giornata giusta per le mie povere forze fisiche...

Scendo allegro verso Erna, bevo una prima birretta con quattro ciàcole al Bar superiore ed alle 15 scendo a Versasio, dove mi attende l ameritata birra al Bar da Antonio...

Alle 16.20 sono di nuovo a Milano, con lo sguardo innocente di un bambino che ha rubato la Nutella... Bello allegro, soddisfatto e con occhietti satanici...

Un grazie al Resegone, che non tradisce mai, ed un invito a tutti gli amanti delle rscursioni appena più impegnative e poco frequentate: andate a farvi le Creste del Resegone... Non troverete mai tanta gente ed avrete la sensazione di aver fatto un qualcosa di veramente grande, a dispetto della quota bassa e del dislivello non eccessivo... Un itinerario da fare e rifare, senza stancarsi mai...

giovedì 15 ottobre 2009

LE CRESTE SUD DEL RESEGONE



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Resegone di Lecco
Creste Sud e Canalone Bobbio

Domenica 11 ottobre 2009



Uno dei sentieri più belli per salire alla notissima e frequentatissima vetta principale del Resegone di Lecco è quello denominato delle "Creste Sud". Per una strana abitudine locale, però, buona parte dei sentieri più belli della zona o vengono dati per "noti" da tutti e - quindi - non degni di essere inseriti in una qualche pubblicazione o in qualche relazione da piazzare in rete, oppure vengono semplicemente "citati" senza dare ulteriori indicazioni forse solo per preservarli dalle masse che ogni fine settimana assaltano i monti del Lecchese.

Più o meno tre anni orsono, appena "stabilitomi" in lLombardia, una delle prime mete delle mie peregrinazioni solitarie per consocere la zona venne riservata, com'era giusto, al Resegone. La prima volta ci salii per il classico sentiero 1, mentre la seconda decisi di fare il classico periplo... Giunto alla Passata, notai le indicazioni del Sentiero delle creste, indicato per Escursionisti Esperti, così come la stessa indicazione, più o meno, vidi poi al Passo del Giuff, per le Creste Nord.

Molto tempo, poi, ho passato nella piacevole ricerca di informazioni... E chi ama andare in montagna, soprattutto da solo, sa benissimo quale sia il piacere che si prova a cercare le notizie, a pianificare l'escursione, ad immaginare, magari con l'aiuto di album fotografici, il percorso...

Il tempo passa e la mia conoscenza del Resegone, nel frattempo, aumenta... Arriva una settimana di metà ottobre del 2009 e riesco a mettermi d'accordo con i fidi Andrea e Stefano, padre e figlio innamorati di montagna, che invitano alla passeggiata Marco, un amico di Stefano, nonché la Cinzia ed una sua amica, Silvia. Riesco a proporre la traversata del Resegone per Cresta e, non senza qualche amichevole discussione, riusciamo ad accordarci...

E' domenica mattina. Alle 7.00, precisi come una cartella esattoriale, passano a recuperarmi i tre e partiamo diretti per Lecco, evitato il quale saliamo diretti a Versasio alla partenza della funivia per i Piani di Erna. Caffettino dall'Antonio, quattro ciàcole, poi arrivano, a pelo, Cinzia e Silvia, che subito parte mostrando il proprio carattere di grande comunicatrice.
Alle 8.45, dopo aver fatto un minimo di coda, siamo ad Erna e, vista la quantità di persone che sale, metto la quarta per arrivare il prima possibile al Passo del Foo, che raggiungiamo abbastanza velocemente.

Brevissima pausa, il tempo di fare un paio di foto e poi via, a gustare il Sentiero... Questo, peraltro, avrebbe il proprio inizio canonico alla Passata, da dove si dovrebbe affrontare la ripidissima risalita a Cima Quarenghi, ma, per velocizzare un po', dato che Stefano e Andrea devono essere di ritorno un po' prestino, opto per il sentiero che attraversa sotto la Bastionata e si ricongiunge alle Creste ai Solitari.

La Grande Comunicatrice, nel frattempo, perde ogni freno inibitorio e funge da ciarliero sottofondo alla passeggiata...

Arrivati alla Bastionata e, poi, al canalone di Val Negra, il Resegone meridionale comincia, complice la giornata favolosa, a dare il meglio di sè in termine di paesaggi, visuali e scorci... La Comunicatrice prima borbotta, poi, con la scusa che le pause foto rompono il ritmo, decide di partire. La lascio avanzare volentieri...

Il sentiero prosegue, nel frattempo, nel suo traverso in quasi piano, per poi salire molto ripidamente proprio sotto i Solitari, che raggiungiamo abbastanza presto. Qui incontriamo un gruppo di escursionisti, affascinati dal panorama tanto quanto noi. La Comunicatrice, forse impietosita, decide di non riservare solo a noi il piacere della comunicazione orale e, scelta una vittima, inizia una certosina opera di lavoro ai fianchi di un innocente escursionista, opera che terminerà solo in vetta al Resegone, quando le strade si divideranno.

Il sentiero delle Creste, intanto, risale il panettone sud-orientale del Pizzo di Brumano e, dopo un breve traverso, si porta verso il Pizzo di Daina, da dove visuali e panorami sono assolutamente favolosi: dagli Appennini alla Pianura Padana, le Alpi Marittime, il Monviso, il Gran Paradiso, il Rosa, i 4000 Svizzeri, i Monti Lariani e del Comasco, il Triangolo Lariano, e poi ancora davanti a noi il Resegone con la Punta Cermenati e ancora il Pizzo dei Tre Signori e tutte le Orobie, il Disgrazia, il Bernina e, in fondo, l'Adamello, e ancora giù alle Prealpi Bergamasche e Bresciane...
Sotto di noi, la Valle Imagna e, oltre, la Costa di Palio, Morterone e dietro ancora, il Barziese, i Piani di Artavaggio e lo Zuccone...

Verrebbe voglia di continuare a gurdare per ore un simile panorama... Io a Andrea, sul Pizzo Daina, ce ne stiamo tranquilli ad osservare i panorami, mentre Marco, la Cinzia e Stefano bevicchiano e chiacchierano. Veniamo richiamati alla realtà mentre osserviamo la Grande Comunicatrice che, continuando imperterrita nella sua opera, è già passata sulla selletta che adduce alla Torre di Valnegra e sembra perdere il sentiero ogni tre per due... Li vediamo avanzare, tornare, li sentiamo distintamente lamentarsi per i segnavia...

Decidiamo di rimetterci in cammino, mentre da dietro arrivano anche gli altri escursionisti. Alla selletta mi chiedono di dar loro una mano con l'individuazione delle montagne, cosa che faccio volentieri, venendo peraltro interrotto ogni tre per due dalla Grande Comunicatrice che, continuando a parlare, ad intervalli regolari, in evidente ritardo, chiede di ripetere i nomi delle montagne...

Decido d ripartire verso la Torre di Valnegra e, per evitare rogne, mi rimettoin testa, dato che ci saranno alcuni passaggi su roccette, facili, ma ai quali è sempre bene prestare attenzione. Passata la Torre, riesco a salvare il malcapitato, sempre con la tecnica delle fotografie "che spezzano il ritmo"... La Comunicatrice rimette il diesel e riparte in quarta (non so se continuasse a parlare, ma credo di sì). Noi, con tranquilla velocità, torniamo a gustarci i panorami ed il sentiero, tranquilli e sicuri che, col percorso ormai semplcissimo ed evidente, non si sarebbe persa, lascioamo volentieri andare avanti la GC, che ritroveremo dopo, sotto il rifugio Azzoni, intenta a discutere dei destini del mondo con alcuni malcapitati saliti dalla normale proveniente da Morterone o Brumano...

Il tratto dalla Torre al rifugio Azzoni ed alla Punta Cermenati, massima elevazione del Resegone, è tranquillissimo e veloce. Ci fermiamo sotto al rifugio solo per consentire alla GC di andare a rifornirsi di cibo e, poi, dopo aver salutato il simpatico piemontese che aveva condiviso la cresta, partiamo per andare a fermarci per la sosta pasto alla selletta Bobbio.

Passiamo sotto alle punte Manzoni, Stoppani ed al Dente, arrivando alla Selletta proprio sotto a Cima Pozzi, all'uscita del Canalone Bobbio. Qui inizia il percorso delle Creste Nord e qui decidiamo di fare "pausa-pappa". La pausa, ovviamente, viene allietata dal sottofondo della radiolina, pardon, del ciarlare continuo, ma tutto sommato allegro, della Grande Comunicatrice.

La giornata è favolosa e, prima di partire, ci riempiamo ancora gli occhi con i panorami sulle Orobie e sui Monti che chiudono a Nord la Valtellina. Poi, prima di raffreddarci, decidiamo di attaccare le Creste Nord.

Qui, purtroppo, la fatica psicologica gioca un brutto scherzo alla Grande Comunicatrice che, alle prime roccette, entra in piena paranoia da esposizione e si incroda di brutto sui primi passaggi dove serve "mettere le mani"...
Io ed Andrea ci guardiamo in faccia: uno sguardo e la decisione è presa, anche se a malincuore...
scendiamo per il canalone Bobbio.
Una decisione presa a malincuore, dicevo, ma con tranquillità: le montagne non si muovono e la prossima volta ci faremo le Creste Nord, non è un problema... Avremmo potuto insistere, ma nessuno ci garantisce che a portare qualcuno di forza si faccia il giusto... Quindi, con lo scoramento della GC in primis, scendiamo.
Passiamo il tratto attrezzato senza problemi, la GC non ha problemi fisici, anzi.. Va che è un piacere. se solo guardasse dove va e lavorasse un po' sul modo di andare in montagna, in breve sarebbe un'ottima escursionista...
Difatti, usciti ormai dalle peste, prima quasi si lamenta perché siamo stati noi e decidere di cambiare itinerario, poi, ormai rinfrancata, riattacca l'opera di Grande Comunicatrice con la Cinzia. Io e Stefano, allora, decidiamo di velocizzare il tutto e partiamo a razzo, seguiti da Marco e, subito dopo, da Andrea. Cinzia e la Silvia, come dicevo, le sentivamo distintamente dietro di noi... Ribadisco: le sentivamo...

Il finale è tipico: discesa in funivia e diritti da Antonio, che ha provveduto a rinfrancarci con ottime birre. Esterniamo i nostri complimenti a Marco, per il quale era la prima uscita in montagna a fare escursionismo e poi, ovviamente, ci lasciamo andare ad una bella seduta di chiacchiera con un bersaglio preferito per le battute e battutacce: ovviamente la Grande comunicatrice che, dopo aver allietato tutta l'escursione, ha ampiamente pagato pegno diventando l'oggetto del peggio del mio repertorio di battute e prese in giro...

In sintesi, una giornata davvero bella, molto allegra, con panorami favolosi e un percorso di cresta bello, stupendo, degno di essere fatto e rifatto. Andrea, Stefano e Cinzia sono compagni di giochi montani ormai sicuri e di provata fede. Marco si è comportato davvero bene e Silvia, al di là del suo carattere estremamente ciarliero, mi è sembrato essersi divertita ed aver gustato le proprie montagne e la compagnia.

Un grazie a tutti questi e, soprattutto, a Messer Resegone, una montagna che, a dispetto della bassa quota, regala emozioni di ogni tipo, sempre diverse e riesce a non annoiare mai gli amanti della montagna. Non mi resta che dire "alla prossima" a tutti, ma sopratutto al Resegone!




sabato 3 ottobre 2009

" OL SINTER VOLT "

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di Riccardo - Ric54


...come lo chiamavano i nostri vecchi , il sentiero alto , il sentiero naturalistico Antonio Curò.
Il sentiero che unisce l'alta Val di Scalve alla Val Seriana.
Era da qualche mese che progettavo questa escursione , poi , il 26 e 27 settembre insieme a quattro colleghi di lavoro , finalmente si parte.
Sabato mattina , Giacomo , un'altro collega che si è offerto di farci da
" servizio taxi " con il suo monovolume ci preleva da casa e dopo due ore di strada ci scarica al Passo del Vivione in Val di Scalve a 1828 mt.
Lo salutiamo e ci diamo appuntamento per il pomeriggio del giorno dopo
a Valbondione in Val Seriana.
Partiamo con un tempo molto incerto che poi diventerà , prima nebbia , e poi leggera pioggerella e poi dinuovo nebbia che ci accompagnerà per tutto il giorno.
Il sentiero è ben segnato e poi ci consoliamo dicendoci che con questo clima si cammina meglio e non si suda troppo.
SONO TUTTE BALLE !!!!!!
questo tempo schifoso ci leva gran parte dei panorami che sapevo fantastici. Pazienza !!!
Lasciato il passo del Vivione , si comincia a salire fino al laghetto di Valbona e dopo averlo aggirato , il sentiero si fà più ripido e ci porta al passo del Gatto a quota 2416 mt.
Piccola sosta per rifocillarci e mettere qualche abito più pesante.
Questo è il primo strappo che ci porta in quota , da adesso in poi non scenderemo mai sotto i 2300 mt.
Ecco il perchè del nome " ol sinter volt ".
Da adesso in poi camminiamo sempre , o in cresta o a mezza costa , con continui saliscendi e sempre a cavallo tra la Bergamasca e la Valtellina.
Dopo un'pò di cammino e dopo aver perso un'pò di dislivello , troviamo i laghi del Venerocolo , due più piccoli prima e poi quello più grande e a dieci minuti il rispettivo passo del Venerocolo a 2314 mt.
La bellezza del luogo ci impone una sosta.
E mentre tutti mangiamo qualche frutto , qualche barretta energetica o un panino ( dico un panino !!), c'è qualcuno ; Vittorio , che tira fuori , tipo bancarella del mercato :
mortadella - prosciutto - coppa - pancetta e per finire la bresaola che siccome è la più asciutta è meglio mangiarla per ultima , secondo lui.
Non siamo riusciti a tenere il conto dei panini !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!.
Lasciato il lago del Venerocolo , si risale di nuovo in direzione del passo del Demignone a 2485 mt , dove ci aspetta una moltitudine di stelle alpine.
La Valtellina è la sotto , però questa nebbia non ci dà tregua.
Continuiamo la nostra escursione sempre sotto cresta , dove troviamo dei tratti di sentiero attrezzato con catene e tratti con staffe metalliche.
In tanti punti il sentiero è brutto a causa delle frane e degli smottamenti dovuti alla neve abbondante di quest'inverno.
Resta comunque un sentiero valutato EE , un'pò di esperienza e un piede fermo sono sufficienti.
Continuando si scende di nuovo e ci si ritrova al passo del Vò 2368 mt e poi dopo non molto al passo di Venano 2328 mt , dove ci aspetta Francesco Tagliaferri gestore dell'omonimo rifugio ( dedicato a Nani , suo fratello perito nelle Ande più di vent'anni fà ).
Al rifugio siamo in pochi , qui i turisti domenicali non vengono , questo è un rifugio di quelli veri dove si trova il calore dell'ospitalità e dell'amicizia , dove la gente ti dice subito ciao e non salve o buondi.
Dopo aver preso possesso del nostro stanzone da dodici posti , festeggiamo la prima tappa con una buona bottiglia di bianco.
Intanto fuori piove decisamente bene , ma il nostro Sergio continua a dire che prima o poi si aprirà.
In effetti poco prima di cena , il cielo si apre un pochino e tra uno squarcio e l'altro ci lascia vedere la Val di Scalve , la Valtellina con il lago di Belviso e addirittura il passo del Maniva nel Bresciano.
Da nord-ovest fà capolino qulche pezzetto di cielo blu , facendoci ben sperare per il giorno dopo.
La cena non si fà aspettare ed è squisita come sempre ( Francesco è un ottimo cuoco) perfino Vittorio siè tranquillizzato poichè era già in crisi d'astinenza da qualche ora.
Poi non si sàbene , se a causa del vino , del genepy , del grappino nel caffè o del semplice calore del rifugio , Francesco inizia a tirare fuori tutte le sue grappe.
Siamo riusciti a contarne 54 , con ogni tipo di frutta , di pianta e di radice , e , alla fine , il pezzo forte !!!!!!
Quattro bottiglie di grappa con dentro vari tipi di serpente ( i bresciani di montagna sanno di cosa parlo ).
Adesso per rispetto agli animalisti o semplicemente per quelli deboli di stomaco , non stò a raccontarvi i vari gusti o il modo in qui vengono messi in bottiglia.
La notte scorre lenta e rumorosa , e come capita spesso nei rifugi non si chiude occhio ( le brande sono troppo corte per me e i piedi mi si congelano)
anche Alessandro nonostante le quattro coperte , le due maglie di lana e i tre paia di calzini non la smette di battere i denti.
Vittorio e Sergio invece cominciano subito a segare legna e dall' intensità del loro russare , capiamo subito che il prossimo inverno sarà lungo e molto rigido.
Neanche Severino (il più pacato e tranquillo del gruppo )riesce a dormire e ogni tanto tira giù qualche sacramento.
C'è anche qualcuno che inspira dal naso ma espira non solo dalla bocca , probabilmente , visto il freddo che fà , fà di tutto per essere termoautonomo.
Il mattino seguente , alle ore 6,30 salto giù dal letto , mi armo di macchina fotografica e corro fuori per fotografare l'alba.
Il termometro segna 5 gradi , la nebbia è fitta che non vedo a più di 10 metri, neanche l'ombra di un cane , morale ????.
Alle 6,40 sono di nuovo in branda , maledicendo tutti quelli che fanno le previsioni del tempo.
Ore 8,30 , siamo pronti per la seconda tappa , dal rifugio ci dirigiamo verso il passo di Belviso 2518 mt e fortunatamente dopo il passo il cielo si apre davvero e ci permette di vedere la diga del Gleno e la rispettiva valle.
Perdiamo velocemente quota e poi dopo un lungo traverso , comincia un ripido sentiero che ci riporta in quota a 2680 mt , al passo di Bondione.
Qui il sottoscritto , negli ultimi 200 mt di dislivello và in crisi completa di ossigeno e la salita diventa eterna.
Mi passano davanti tutte le sigarette che ho fumato in 40 anni e vedo addirittura la vipera della sera prima che beffardamente mi sorride.
Giunti al passo facciamo una bella sosta , riprendo fiato e forza , da adesso in poi è tutta discesa da 2680 mt a 900 mt di Valbondione.
Una discesa , a volte , un'pò spaccaginocchia per i meno allenati e qui Alessandro soffre un'pò.
Io , come i sassi , non ho problemi , nel senso che rotolo meglio in giù che in sù !!!!.
Una discesa molto bella e panoramica sulla Val Cerviera con davanti il pizzo Coca , il Redorta , lo Scais e sulla nostra destra , prima il pizzo dei Tre Confini e poi il Recastello.
Dopo 4 ore di cammino arriviamo al rifugio Curò , dove ci aspetta una bella birra fresca , ci rifocilliamo , ci cambiamo , un colpo di telefono a casa e uno al nostro taxista Giacomo.
Ci incamminiamo per la larga e noiosa mulattiera che ci porterà a valle e qui le ginocchia di Alessandro incominciano a maledirlo e anche il pollicione del piede destro ha una grossa vescica , però la volontà e l'orgoglio di arrivare sono più forti del male.
Bravo Alessandro !!!!!!!
Anche Severino ha delle vesciche nei talloni , proprio lui , che all'inzio era il più timoroso (aveva paura di non farcela ) e invece è andato come un treno sia in salita che in discesa senza mai lamentarsi.
Bravo Severino !!!!!!!
Io e Sergio siamo contenti della riuscita di questa escursione , magari il prossimo anno la rifaremo sperando che il tempo sia migliore.
Vittorio è sempre allegro e pimpante e incomincia già a lamentarsi che ha fame.
Siamo tutti d'accordo nel dire che il suo non è un semplice verme solitario ma è una Anaconda.
Arrivati a Valbondione , tempo di posare lo zaino , di sedersi e ordinare una birra , ecco che spunta il monovolume di Giacomo.
Quando si dice , la precisione!!!!!!!
Cosi si concludono questi due giorni fuori dal mondo , dove l'amicizia , le risate e il piacere di camminare insieme hanno preso il posto del sole , riscaldandoci il cuore e dandoci quella serenità che non sempre si riesce a trovare.
Grazie a Vittorio - Sergio - Severino e Alessandro

Riccardo

martedì 29 settembre 2009

TRAVERSATA DEI MAGNAGHI: LA (RI)SCOPERTA DEL CLASSICO




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Grigna Meridionale
Via Albertini al Torrione Magnaghi Meridionale
Traversino al Torrione Magnaghi Centrale
Via Lecco al Torrione Magnaghi Settentrionale

Settembre 2009

Ci sono vie alpinistiche o "concatenamenti" di vie che, per un motivo o per l'altro, diventano per tutti "classicissime" da non mancare. Questo vale praticamente per ogni montagna che si presti al gioco dell'arrampicata e dell'alpinismo.

In Grignetta, nel settore sud-orientale, la Traversata dei Magnaghi è un "must" tanto quanto il percorrere il Canalone Porta o, sul versante Occidentale, salire la Cresta Segantini.
Da svariato tempo pensavo e ripensavo a questa traversata, cercando di immaginare le molteplici varianti... A dire il vero, ancora l'anno scorso avevo molti dubbi, legati più alla mia sfiducia verso me stesso che ad altro.

A venire in aiuto, oltre alle varie salite effettuate in compagnia del fido Davide, di Elio, dell'ottimo Daniele-Crodaiolo, è stata la presenza e l'ormai assodata amicizia con Luigi, lo Slowrun di Lecco. Dopo la fortunata e meravigliosa uscita al Cinquantenario ed al Cecilia, salita che, oltre alla propria bellezza, è servita a ridarmi un tot di fiducia nelle mie capacità di megapippa alpinistica, Luigi mi aveva proposto per l'immediato futuro una uscita sui Magnaghi: "Dai, sui Magnaghi non ci sei mai stato, devi conoscere l'Albertini e la Lecco, poi il Traversino è un passaggio classico obbligato..."
In breve, tanto per essere chiari, non c'aveva messo più di un paio di minuti a convincermi...

Passa il tempo, arriva settembre. Ci risentiamo dopo le vacanze estive e, finalmente, troviamo una giornata giusta, un mercoledì da togliere coi denti al lavoro. L'appuntamento è al solito posto, il Bar di Ballabio, gestito da simpatiche e piacevoli ragazze che hanno il non disprezzabile pregio di aprire alle 6 di mattina.
Caffettino, quattro chiacchiere, controllo attrezzatura e via, si sale ai Resinelli.

Zaino in spalla, prendiamo il sentiero della Cresta Sinigaglia mentre il sole rende rosse le guglie della Grignetta ed i Torrioni Magnaghi sembrano quasi mandarci dei bagliori di invito. Saliamo allegri, soffermandoci a far fotografie e ad osservare i numerosi camosci che ci osservano camminare, cun uno sguardo a metà tra il curioso e quello di chi, agile e scattante, compatisce i due umani che arrancano in salita...

Tra una chiacchiera e l'altra, senza forzare, ma senza rallentare, ci troviamo alla base dei Torrioni, alla Bocchetta dei Prati.

Inizia una delle fasi "rituali" di ogni salita alpinistica, ovvero la "vestizione", in cui ogni "scalatore" assume pose ed atteggiamenti simili più a quelli di un sacerdote intento ad indossare i paramenti sacri che a quelli di una persona che si sta andando a divertire....
Pose ed atteggiamenti che, comunque, durano lo spazio di un fiato, per lasciare subito spazio al sorriso, alla battuta, alla classica pacca sulla spalla ed a quella parolina "andiamo!" che sembra essere il "via" ad una partenza di Formula Uno.
Peccato che, oltre a noi, a partire siano anche le nebbie che, dal basso, quasi ad un preciso comando, partono con altrettanta velocità a coprire tutto ed a dare un'atmosfera decisamente "Grignesca" - o fantozziana - alla salita... Ne avremmo fatto a meno, dato che in alcuni momenti non ci si vedeva a distanza di dieci metri... Per fortuna, le nebbie non saranno stabili, ma lasceranno ampi spazi per i panorami, anche se non frequenti...

Imbragati, caschetto, legati, scarpette infilate, scarpe da avvicinamento moschettonate dietro all'imbrago, zainetto "da vergogna" sulle spalle, rinvii e altre diavolerie tintinnanti, si parte...

La prima via è il "Canalino Albertini", una via che sarebbe più corretto chiamare semplicemente "Via Albertini" o al massimo "Diedro Albertini". Una via di IV+ con i tre tiri centrali sostenuti, continui ed elegantissimi.

Il primo tirello è la risalita di alcune roccette ed una breve discesa in un canalino, fino ad una sorta di sosta. Difficoltà minime. Poi, subito dopo, inizia la via vera e propria: si sale verso il "Canale" che si crea tra il Sigaro (a sinistra) e lo spigolo Dorn (a destra), con difficoltà di III+, salve un passaggio in traverso "oblbigato" dal fatto che abbiamo subito "cannato" la prima parte, tenendoci troppo vicini allo Spigolo Dorn... Poco male, tutto riscaldamento.

Inizia qui la sequenza di una serie di tiri molto eleganti, con difficoltà continue di IV e IV+, aeree senza essere mai spaventosamente esposte. La roccia è generosa e richiede solo attenzione e occhi aperti: a chi sa cercare offre sempre pochi ma netti e sicuri appigli ed appoggi...

Dietro di noi sentiamo arrivare un'altra cordata da due e ci salutiamo. Salgono anche loro per il canalino e ci auguriamo buona giornata.

La lunghezza del diedro è semplicemente favolosa, con una arrampicata elegante e tecnica, alla cui fine un traverso porta a sinistra quasi a significare la fine delle ostilità Restano solo un paio di tirelli con un po' di III e poi II, fino ai resti della croce di vetta.
Qui Luigi mi mostra il prosieguo della traversata, mentre io mi gusto la sigarettina di vetta. Dalla normale sentiamo salire e poi vediamo arrivare tre ragazzi, tirolesi.

Ripartiamo quasi subito: dalla vetta ci abbassiamo per semplici gradoni (esposti comunque) fino alla sosta da dove parte il "Traversino", un tirello di corda con un passaggio molto aereo di IV+ e poi altri trenta metri di III che permettono di arrivare al Torrione Magnaghi Centrale. Luigi parte sicuro e lo osservo. Arriva. Soliti comandi "Libera tutto", "Finita", "Quando vuoi", "Parto"...
Attacco il Traversino a metà tra il timoroso ed il curioso. decido di salire in spaccata tra i due Torrioni per un altro metro, dato che sono più basso di Luigi e trovo subito un bel paio di appigli che mi permettono di regolare in velocità il passaggino tanto temuto...
Luigi mi accoglie sorridendo "Ma te lo sei bevuto..."...

Un ulteriore tirello in cresta senza difficoltà ci porta alla discesa al Secondo Magnaghi, venti metri di II in discesa che portano ad un tratto con cavo di metallo che, in una quarantina di metri circa, poco più, deposita alla Forcella del GLASG, da dove si dipartono le vie Lecco e Bartesaghi.

Io e Luigi, nonostante ogni tanto le nebbie giochino a "vedo-non vedo" ed a farci qualche scherzo, ci stiamo divertendo come bambini e siamo molto contenti della giornata. Davanti a noi c'è la via Lecco, considerata una delle più belle della Grignetta. Luigi sembra fremere dalla voglia di farmela gustare ed io fremo realmente, perché a queste vie aspiravo ormai da tempo...

La Lecco è una signora via di IV+, breve (tre tiri per circa 100 metri), ma esposta, aerea, con un bel condensato di passaggi tipici della Grignetta e delle placche.
Il primo tiro è tutto tra il III+ ed il IV- ed è la variante che viene seguita da quando è stata fatta la "riattrezzatura". Si tratta di salire dritti verso sinistra, fino ad arrivare alla sosta alla aprtenza della famosa placca da seguire per il secondo tiro, quello "chiave".
Il primo tiro è davvero gustoso, ben appigliato e sempre più verticale ed aereo. La sosta viene raggiunta ben presto e il morale è sempre più alle stelle...
Luigi inizia il secondo tiro, la placca di IV+...
Dalla sosta, cui arriva in modo decisamente rapido, mi sento dire "Occhio, qui devi salire di tecnica".
Parto: la placca della Lecco sono trenta metri di IV+ continuo e tecnico, mai di forza. La p'lacca offre pochi appigli ed appoggi, ma tutti sicuri e netti. Si sale dapprima diritti e poi portandosi subito verso destra. Qui sbaglio un movimento, tenendomi troppo a sinistra e mi braso un avambraccio... Ridiscendo di un metro, moschettono un fix e mi faccio un riposino (un resting per chi preferisce) di un paio di minuti, che dedico alle foto. Mi riprendo, mi sposto sulla destra e, dopo essermi dato del pirla da solo, riparto in quarta, risolvo la placca ed arrivo in sosta.
Siamo ormai fuori dalle difficoltà: ci rimane un tiro da quaranta metri con un po' di III+ e null'altro...
Luigi riparte, passando di slancio uno strapiombino di III+, la crestina ed il caminetto che immette sulla cresta sommitale.
Tocca a me salire: passo lo strapiombino un metro a destra rispetto a Luigi e mi sembra che sia al massimo terzo, ma fa nulla... Salgo rapidamente le roccette, mi godo il caminetto, che risalgo in spaccata, giocando, ed arrivo in cresta in mezzo alle nebbie...

Un sorriso, una pacca sulla spalla, una bella foto assieme e poi... Via le scarpette, piedi liberi! Un bel panino, una sana bevuta e... La Grignetta decide di salutarci: per qualche minuto le nebbie si diradano e ci offrono un bel panorama... Una sorta di saluto, di sfuggita, ma sempre col sorriso.

Arriva il momento di scendere, ma così sono le montagne: hanno una base ed una vetta e da questa non c'è altro da fare che scendere, direbbe Mauro Corona.

Scendiamo per la normale, raggiungiamo la Cresta Sinigaglia, passiamo quasi a salti il Saltino del Gatto e poi giù, allegri e rapidi... Ripassiamo sotto le pareti, dove Luigi mi mostra la linea delle vie più "desiderabili" dei Magnaghi e poi innestiamo la quarta, per giungere rapidamente ai Resinelli, al Forno, dove una sana birra ed una bella pizza ci daranno ampia soddisfazione...

Tutto sommato è ancora abbastanza presto quando rientriamo a Ballabio, allegri e soddisfatti. Una conoscenza nata quasi per scherzo, ma con una evidente "empatia", in un forum dedicato alla Montagna, ha finora portato ottimi risultati, con due persone che, in due uscite, hanno avuto altrettante giornate di sano piacere alpinistico. Gradi bassi? Per chi saltella sul VI saranno forse gradi bassi... Ma per un alpinista medio non è il grado a contare... E' la bellezza, la completezza, la complessità di questo concatenamento a dare il senso all'uscita.

Una traversata da me sognata a lungo e divenuta realtà grazie a Luigi, che, oltre a concedermi l'onore della sua amicizia, mi ha dato un ulteriore input a riprendere la fiducia in capacità di movimento alpinistico che pensavo ancora troppo lontane per me, rimasto troppi anni distante dalla roccia...

Grazie, Luigi e, come ci siamo detti salutandoci, "alla prossima!"