Il Blog dei Bradipi di Montagna

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mercoledì 17 dicembre 2008

LA "DURA OROBIA" DEL PIZZO STRINATO


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Una lezione di "dura Orobia" - Lo Spigolo Nord del Pizzo Strinato (2836) da Valbondione (900) - 15 luglio 2008



Le Alpi Orobie hanno sempre esercitato un fascino strano sulla mia immaginazione... Da ragazzo, quando erano più le montagne che sognavo, magari leggendo un reportage, di quelle che realmente vedevo, spesso mi era capitato di cercare di farmi un'idea di queste montagne aspre, distanti, per me veneto, ma così piene di attrattive... Nomi come Presolana, Pizzo Coca, Redorta, Diavolo di Tenda, suscitavano non solo il mio interesse - tipico fin dall'infanzia - per poterle "vedere", ma un desiderio quasi "strano" di poterle conoscere, inquadrare, fare "mia" almeno la loro silhouette... Successiamente, i racconti dei locali, o di chi c'era stato, non avevano fatto altro che acuire il mio desiderio di conoscere quegli angoli così al di fuori dell'escursionismo e dell'alpinismo di massa (eccezion fatta per pochi itinerari). Il caso, se di caso vogliamo parlare, ha voluto che uno dei primissimi giri fatti in montagna da quando avevo ripreso a mettere gli scarponi e lo zaino, fosse proprio in Presolana, con la classica passeggiata da Colere al rifugio Albani e, poi, il giorno dopo, da Vilminore verso la cascata del Vo, dopo un lauto pranzetto in una baita-ristorante assolutamente deliziosa...
Montagne a me ignote, che non ero in grado di ricnoscere, a parte la Presolana... Monti che mi sembravano davvero duri, aspri... Dislivelli importanti, escursioni lunghe e generalmente prive dei comfort delle località "gettonate" dalla massa dei turisti...
Un anno dopo, fuggito per un giorno da Milano, riesco a farmi il periplo della Presolana... Senza cartina, a "naso", proprio per "conoscere" la zona... Torno con le gambe stanche, ma felice... I posti sono favolosi... Al ritorno, trovo in libreria alcune pubblicazioni sulle Orobie e comincio a divorare il possibile e l'impossibile su queste zone... Da allora, ogni volta che mi trovavo su qualche cima da dove si potessero vedere le Orobie, uno degli "esercizi" era sempre quello di individuare e riconoscere le varie cime... Un esercizio che ho sempre fatto fin da bambino quando, sotto l'occhio attento di papà e di chi mi ha insegnato a girare per i monti, dovevo riconoscere una montagna anche solo da un profilo, uno spigolo, una silhouette particolare...

Una zona che assolutamente non conoscevo era quella dell'Alta Val Seriana... Ne avevo sentito parlare, ne avevo letto... Ma ancora non ero in grado di riconoscere de visu il Coca, il Recastello, il Torena... Nel 2008, tra le varie surfate in internet e, soprattutto, grazie alla "soffiata" del ravanatore seriale Giuliano, vengo a conoscenza dell'apertura di una nuova "via ferrata a carattere alpinistico" sul Pizzo Strinato...

Parte immediatamente la ricerca compulsiva e quasi maniacale dello scibile sul Pizzo Strinato in Internet e nelle pubblicazioni in mio possesso... Il profilo della montagna è invitante... Trovo una relazione - invito alla ferrata fatta direttamente dall'allestitore - gestore del rifugio Barbellino... La ferrata porta il nome di Talita Kum, frase biblica... Bah... Trovo, poi, in un forum (On-Ice) una relazione di salita di un local che, senza problemi, definisce la salita una sana via alpinistica...

Cerco qualcuno con cui condividere la giornata... Ma, a parte Giuliano che aveva gettato il sasso, trovo solo reazioni di poco interesse... Sarà perché il dislivello da affrontare si aggira sui duemila metri... Per fortuna, visto che, purtroppo, anche il buon Giuliano ha non pochi problemi per il permesso premio da parte della propria metà del cielo, riesco a trovare in Elio - Eco10 un sano partner per una simile ravanata.

Ci si trova così, a metà luglio, di primissima mattina in auto a risalire, assonnati, la Val Seriana... Arriviamo a Valbondione, parcheggiamo, tra uno sbadiglio e l'altro, l'auto, e risaliamo il lungo sentiero che, senza pendenze eccessive (almeno così è scritto), ci deve portare al rifugio Curò al Barbellino... La giornata è fantastica, ben presto cominciano a farsi vedere tutte le principali cime delle Orobie, che cominciamo così a riconoscere per bene... Procediamo spediti, superati solo da un piccolo gruppo del Soccorso Alpino e poi da un local che quasi ci insulta per non voler accelerare il passo. Siamo, dopo un'ora e mezza, sotto la rampa che permette di "accorciare" la risalita per il Curò. Lo lasciamo parlare e andare, anche perché bofonchiava qualcosa in una variante dei dialetti delle Valli Bergamasche che, per quanto mi sforzassi, mi risultava chiara quanto uno scioglilingua in malgascio stretto...

In due ore esatte ci troviamo al rifugio Curò, con mille metri di dislivello alle spalle, al cospetto del Lago Barbellino... Una conca di rara bellezza, piena di torrenti, ruscelli, cascate, fiori e quant'altro... Sono le 8 (siamo partiti alle sei) e ci facciamo un sano cafferino... Troviamo il tipo che ci aveva detto di andare veloci... Vede che siamo intenzionati a proseguire... "Ma non vi fermate?" "No, andiamo allo Strinato..."... Caduta di mandibola e saluto indeciso...
Partiamo dopo il cafferino ed una provvidenziale visita al bagno... In un'ora, sempre di buona lena, lasciando a destra l'imbocco della stupenda Val Cerviera, passiamo oltre il bacino artificiale del Barbellino e risaliamo verso il rifugio Barbellino al Lago Naturale...
Altra piccola sosta... Sono le nove e mezza circa... Il cognato dell'allestitore della ferrata, sentito delle nostre intenzioni, decide di accompagnarci fino all'attacco, non particolarmente segnalato...

In effetti, fin dall'inizio è chiaro il carattere "alpinistico" della gitarella... Ben pochi segnavia e pochi ometti solo nei punti strategici... Questo, per fortuna, aumenta il senso di "wilderness" dell'itinerario...

Dopo un'ora di mostruosa risalita di una tipica morena da un-passo-avanti-tre-indietro, arriviamo all'attacco, dove troviamo una lapide che ci comunica che la via ferrata (a volerla chiamare così) si chiama ora Guerino Rossi, a memoria di un giovane amante della montagna che ha perso la vita nella più bella delle attività, ovvero andando in montagna...

Facciamo quattro chiacchiere con il simpatico cognato del gestore, lo ringraziamo, ci imbraghiamo e, dopo esserci riposati qualche minuto (avevamo già nelle gambe 1500 m. di dislivello), partiamo per vedere questo itinerario attrezzato che, comunque, si presenta come estremamente accattivante, seguendo il fantastico spigolo nord del bellissimo Pizzo Strinato che dal rifugio Barbellino sembra creato proprio per attirare gli alpinisti...

Elio, ravanatore seriale di morene e ghiacciai, ma meno avvezzo alla roccia verticale, mi invita calorosamente a salire per primo... Parto volentieri e lo avviso subito di stare molto attento a ciò che si tira... La roccia non è certo pulita e, spesso, interi blocchi sono lì che aspettano qualcuno per avere una scusa per cadere...
I primi 150 metri passano abbastanza rapidamente, con qualche singolo passaggetto che richiede attenzione e, per il resto, semplici roccette di primo e secondo grado, ma spesso friabili e che richiedono attenzione...
Dopo una buona mezz'ora, una sorpresa inaspettata e non proprio gradita... Già avevamo notato come la catena, ad un certo punto, terminasse sotto un roccione poco rassicurante per continuare a salire dieci metri più a destra... Dieci metri certamente facili, ma esposti e sprotetti... Ne stavamo parlando quando, improvvisamente, ci rendiamo conto che, poco sopra, proprio sotto lo sperone che dà accesso allo spigolo vero e proprio, una sorta di nevaio residuo copre completamente per una trentina di metri la catena...
Dobbiamo fare qualche acrobazia su sfasciumotti instabili per aggirare la massa nevosa, non senza qualche leggero smadonnamento... In pochi minuti ci troviamo sotto quello che, dalle relazioni, dovrebbe essere il passaggio chiave... Un piccolo caminetto, seguito da uno spigoletto che sale a sinistra e prendere lo spigolo vero e proprio...
Il caminetto si supera in libera con difficoltà che vanno tra il III+ ed il IV-, ma sono solo un paio di metri... Poi, la salita diventa davvero gustosa, su uno spigolo via via più aereo e godibile.

Piccolo particolare: la catena termina e lascia spazio ad un canapone quanto meno antiestetico, ancorato ogni 15-20 metri ad un fix con maglia rapida al quale viene fissato il canapone con un prusik...

Ci guardiamo in faccia, facciamo mentalmente una bevuta al concetto di "sicuri in ferrata" e cominciamo a risalire evitando di far ricorso al canapone... La salita è molto bella, avvincente, aerea, via via più verticale e con difficoltà costanti di secondo e terzo grado con punte di III+... Assolutamente stupenda, una vera via alpinistica di soddisfazione...
Poco prima della vetta, il canapone finisce. Ci troviamo ad una croce posta qualche metro sotto la massima elevazione vera e propria, che raggiungiamo dopo aver passato una crestina di una trentina di metri espostissima e con nessuna attrezzatura.

Dalla vetta, un panorama vastissimo che va dalle Orobie ad Adamello, Presanella, Ortles, Bernina, Disgrazia, Masino, Monti Bregagliotti, Orobie Occidentali... Un vero panorama eccelso... Bevuta, mangiatina di frutta, sigaretta di vetta (per me) e poi giù per la "normale", altra via a carattere alpinistico, anche se indicata come EE: una crestina che per una mezz'ora, esposta ed affilata, scende con numerosi passaggi di primo e qualcosa di secondo, fino ad una bocchetta. Da qui, davanti al monte Costone pieno di tracce di stambecchi e camosci sulla neve, cominciamo a scendere lungo la stupefacente Valle del Lago, aiutati da ometti e qualche raro segno rosso...
Abbastanza velocemente, dopo qualche passaggio un po' "dubbio" su sfasciumi e qualche atterraggio di posteriore, ritroviamo terreno più docile e ben presto approdiamo nuovamente al rifugio Barbellino, dove le simpatiche signore (moglie e cognata del gestore), ci coccolano subito con due birre monumentali ed un'ottima torta di mele...

Cazzeggiamo, chiacchierando, fino quasi alle cinque, poi ci rendiamo conto che dobbiamo scendere e che le rispettive dolci metà saranno ansiose di sapere se siamo ancora vivi...
Partiamo a razzo, ripercorrendo il sentiero fatto al mattino per tornare al Curò... Sono ormai le sei, riusciamo a parlare con le dolci e comprensive compagne che, come tali, ci riempiono di insulti e minacce se non torniamo in breve al focolare domestico...
Seconda birra monumentale e poi, allegri, giù verso Valbondione...

Durante la discesa capiamo finalmente per qual motivo la salita al mattino ci fosse sembrata così "dolce"...
Il percorso, in effetti, è lunghissimo... Sono svariati chilometri e questo permette di non sentire subito lo sforzo per il dislivello di mille metri secchi da Valbondione al Curò... Il problema è che, verso sera, dopo più di millenovecento metri di dislivello, 400 dei quali su una via alpinistica di terzo più friabile, la fatica si fa sentire tutta e la strada ci sembra sempre più lunga...
Elio mi chiede se per caso qualcuno ha allungato la strada durante il giorno...
Io comincio ad avere visioni fantozziane e vedo la Madonna e tutti i Santi in colonna...
Verso le otto di sera, finalmente, siamo alla macchina intenti a toglierci gli scarponi...
Inventiamo una pietosa scusa per le dolci metà e poi, devastati di fatica ma felici come bambini, ripercorriamo la Val Seriana in direzione Merate...

Omettiamo ogni racconto sulle facce delle compagne di vita a vedere due deficienti che tornano a casa alle nove e mezzo di sera dopo essere usciti alle quattro di mattina per andare ad arrostirsi sulla dura Orobia... Posso solo dire che la mia dolce tre-quarti, osservatomi, si è limitata a dire... "Ma quanto felice sei?" ed ha subito preteso di vedere le foto... Dandomi poi ragione, anche se scrollando la testa...

La dura Orobia richiede fatica, davvero tanta... Ma restituisce scenari e sensazioni davvero uniche, proprie, semplicemente... Orobiche...

Unico appunto al giro (peraltro riportato nella relazione poi pubblicata su www.vieferrate.it) è che la Guerino Rossi al Pizzo Strinato non dev'essere considerata una via ferrata, ma un itinerario alpinistico con attrezzature... A mente fredda, forse, superflue pure quelle, ma tant'è... Un itinerario che mi sento di consigliare a chi ama la wilderness ed i percorsi poco frequentati in una angolo di paradiso distante solo un'ora dal Curò, uno dei rifugi più frequentati delle Alpi Orobie...

Una volta di più la lezione di "dura Orobia" è stata che, a presentarsi col dovuto rispetto, la Montagna saprà sempre conquistarti e sorprenderti...

Ora, la mente guarda già al Pizzo Coca per la Cresta Est ed al Recastello per la cresta Ovest... Elio sarà della partita... Un ravanatore seriale come quello si fa fatica a trovarlo ed a girare con lui c'è solo da essere felici! A presto in Orobia, terra di Ravanator!


Per una relazione dettagliata con foto sulla salita, vedi:

http://www.vieferrate.it/ferratastrinato.htm

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